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euro sussistenza desertificazione economica

Che cosa succede in Germania?

Il Vice Presidente Di Maio accusa la Germania di essere il capofila del declino economico dell’Eurozona: il dato del PIL tedesco segna oggettivamente una frenata rispetto le precedenti stime dovute al settore auto (- 1,9%) compensato in parte dal rialzo del settore delle costruzioni (+ 3,5%).

Di Maio dimentica che la Germania è ancora la prima economia dell’UE che produce, con un PIL pari a 3.388,2 miliardi di euro, circa il 29% del PIL dell’Eurozona ed il 25% di quello dell’Europa a 27. Nel 2018 la crescita del prodotto interno lordo è stata dell’1,5%, decelerata rispetto a quella registrata l’anno precedente (+2,2%). Il PIL tedesco l’anno scorso si e’ contratto nel terzo trimestre dello 0,2% e non è più cresciuto nel quarto trimestre. Il segno comunque positivo dell’andamento del PIL è fino alla fine del 2018 dovuto, tra l’altro, alla domanda interna e ai consumi (+1% dei consumi privati; +1,1% dei consumi pubblici), determinati dal clima favorevole all’interno del mercato del lavoro che ha registrato un aumento dell’occupazione del +1,3% rispetto l’anno precedente (nel 2017 era +1,4%). Il mercato del lavoro tedesco, infatti, continua a dare segnali di buona salute: il numero degli occupati ha raggiunto il valore più alto dalla riunificazione ad oggi, pari a 44,8  milioni di unità e un tasso di disoccupazione (armonizzato) del 3,2%. Il commercio estero ha leggermente contribuito al rallentamento della crescita del PIL nel 2018 (-0,2%), con un con un aumento maggiore delle importazioni (+3,3%) rispetto alle esportazioni (+2,4%) .Poi sul fronte delle finanze pubbliche, il 2018 si è concluso con un avanzo di bilancio pari a 59,2 miliardi di euro (1,7% del PIL). Si è trattato del quinto anno consecutivo in cui il bilancio pubblico si è chiuso con un avanzo. Ultima considerazione senza infierire per amor di patria sui nostri numeri: il debito tedesco è sceso nel 2018 sotto il 60% del pil, da noi è il 132% con previsione del 135,2% nel 2020. Ancora una volta la Germania saprà dimostrare al resto dell’Ue e del mondo di saper ripartire senza eccessi di autosufficienza pur essendo un paese complesso.

In nessuna democrazia che abbia avuto anche recentemente leader con forti consensi si sono mai azzardati a non cercare e costruire coalizioni. Alle europee il partito di Merkel non ha avuto consensi rafforzati, i populisti non hanno sfondato, nel centro nord Europa cresce una socialdemocrazia pragmatica e nel pieno della Brexit, con Polonia ed Ungheria che mettono pesantemente in discussione gli standard europei di legalità, l’Italia balbetta minacce e porta in dote la nostra crisi di bilancio. Non mancano di certo nella UE fattori di crisi e in pochi sembrano avere idee concrete di come rivitalizzare l’Unione con un predatore Usa che insidia e un autoritarismo cinese che incombe. Il rischio maggiore per l’Italia e l’Europa sarà un’offerta di programmi sbiaditi di fronte al radicalismo e limitarsi ad aggiustamenti incrementali o di compromessi tra veti incrociati perché non può che condurre a una catastrofe e se vogliamo salvarci dobbiamo, sia in Italia che nella Ue, rafforzare la protezione dei suoi cittadini contro i predatori internazionali sia pubblici che privati e mettere in campo politiche di sviluppo, solidarietà fiscali per la convergenza delle aliquote d’imposta delle società in particolare quelle multinazionali e non limitarsi di tentare di ridurre le disuguaglianze tramite la redistribuzione perché non è sufficiente,cercando invece di ritrovare quello Stato regolatore che garantisce stabilità sociale e macroeconomica, riposizionando le basi per l’investimento, l’innovazione e la crescita.

Le sfide sono chiare: portare a termine l’unione monetaria, riaprire il cantiere del welfare europeo, costruire una politica comune per la coesione territoriale e gli investimenti, allargare la difesa comune, difendere la libera circolazione delle persone e delle idee. Se già stiamo andando male in Italia senza effetto Germania, il nostro export comincerà a scendere quindi rischiamo di continuare i trimestri negativi e con Borghi –lega- che non vuole ridurre l’uso del contante, stampa mini bot definiti dai più carta straccia ma vuole la flat tax e uscire dall’euro.

Intanto Di Maio non sa come gestire Whirpool, Knorr, Ilva, Mercatone, Alitalia ecc e per fortuna che ancora a Francoforte c’è Draghi che ha lanciato la forward guidance -strategia di spinta monetaria alla crescita- prolungando i tassi fermi fino alla metà del 2020 e le aste Tltro- aste di liquidità a lungo termine per prestiti alle imprese che sono uno strumento fondamentale. La BCE è pronta ad agire in caso di emergenza. Noi italiani come ci organizziamo?

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