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Europa Germania

Aiuti di Stato alle banche, la Germania è prima nell’Eurozona. Parola della Bce

L'articolo di Francesco Ninfole, giornalista di Mf/Milano finanza, con gli ultimi dati della Bce sull’impatto dei salvataggi bancari sul debito pubblico 

Gli aiuti di Stato hanno cambiato il settore bancario in Europa per le differenti dimensioni del sostegno nei Paesi. In termini assoluti la Germania è stato il Paese che ha dovuto aumentare di più il debito pubblico per salvare le banche, mentre in rapporto al pil Berlino è stata superata soltanto dai Paesi che hanno richiesto programmi di assistenza come Grecia, Irlanda e Portogallo.

LA RICERCA DELLA BCE

L’Italia è stata a lungo vicina allo zero, con un aumento nel 2017 per le operazioni su venete e Mps. Un’analisi pubblicata nei giorni scorsi dalla Bce ha aggiornato i dati, cogliendo l’occasione dei dieci anni dal fallimento di Lehman. Il conto definitivo si potrà fare solo quando si vedrà quanto denaro tornerà nelle casse pubbliche.

IL DEBITO PUBBLICO

Nel 2012 il debito pubblico era aumentato in media per un ammontare pari al 6% del pil dell’Eurozona: il livello è sceso al 4% nel 2017, per effetto dei dividendi incassati dalle banche, delle commissioni sulle garanzie e delle vendite di asset. L’Irlanda è arrivata al 50% del pil nel 2011, mentre ora l’impatto è al 20%. La Germania ha toccato il 12% nel 2010 ed è poi scesa al 6%. L’Italia è stata a zero fino al 2016 ed è salita poco sopra l’1% nel 2017.

IL SOSTEGNO ALLE BANCHE

In termini assoluti, in base ai dati diffusi da Eurostat e Banca d’Italia, a fine 2016 l’impatto sul debito pubblico delle misure di sostegno ai settori finanziari nazionali ammontava a 227 miliardi in Germania (il 7,2% del pil tedesco), a 101 nel Regno Unito (4,3%), a 58 in Irlanda (22%), a 52 in Spagna (4,6%), a 33 in Austria (9,5%), a 23 nei Paesi Bassi (3,2%). In Italia l’impatto è stato stimato da Bankitalia durante la commissione d’inchiesta in circa 13 miliardi, lo 0,8% del pil. Secondo gli ultimi dati disponibili, relativi a fine 2017, le passività governative legate alle banche per la Germania sono scese a 193,5 miliardi (erano 306 miliardi nel 2010), mentre in Italia sono arrivate al massimo di 21,6 miliardi.

I FINI DEGLI AIUTI PUBBLICI

Lo studio Bce rileva che gli aiuti pubblici sono stati forniti «per salvaguardare la stabilità finanziaria». Lo stesso concetto è stato espresso nei giorni scorsi dal presidente della Bundesbank Jens Weidmann: gli eventi della crisi, ha detto, «hanno scosso la fiducia dei cittadini e quella nel sistema finanziario», perciò «è stato importante e giusto che lo Stato sia intervenuto in modo deciso», ha sottolineato.

CHE COSA E’ SUCCESSO IN GERMANIA

La Germania però, dopo aver completato i salvataggi nel 2013, ha ottenuto una stretta alle regole sugli aiuti di Stato in Europa e l’avvio del bail-in, ovvero delle regole che impongono perdite (anche in modo retroattivo) ad azionisti, obbligazionisti (anche senior) e ai depositanti sopra 100 mila euro. Berlino ha così perso interesse per la stabilità finanziaria (degli altri Paesi).

LA DISPARITA’ NEGLI AIUTI DI STATO

La disparità negli aiuti di Stato, concessi senza limiti prima del 2013, pone anche una questione in tema di concorrenza per i settori bancari che hanno ottenuto decine di miliardi pubblici. L’Italia, che ha avuto una recessione più forte della media Ue, anche a parità di regole avrebbe avuto comunque margini d’azione più limitati per l’alto debito.

IL SOSTEGNO ALLE BANCHE

Le misure di sostegno alle banche in genere aumentano il debito pubblico lordo, mentre l’impatto è visibile sul deficit solo in caso di perdita sicura per i governi, per esempio per aumenti di capitale a copertura delle perdite e per l’acquisto di titoli a prezzi oltre il valore di mercato. L’effetto massimo sul deficit tedesco è stato dell’1,3% del pil nel 2010, mentre in Italia è stato pari allo 0,4% nel 2017. C’è poi la questione delle passività nascoste (contingent liabilities) come le garanzie: in Germania sono arrivate al 6,5% del pil nel 2009 (ora sono allo 0,5%), mentre in Italia sono state al 5% nel 2012 e 2013 e ora sono poco sopra l’1% del pil.

Articolo pubblicato su Mf/Milano finanza

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