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segreto salariale

Gender pay gap, cosa dice la direttiva europea che vieta il segreto salariale

Le donne guadagnano ancora meno degli uomini, ma la direttiva europea 2023/970, che impone alle imprese maggiore trasparenza e permette ai lavoratori di conoscere lo stipendio medio percepito dai colleghi di pari mansione, dovrebbe aiutare a ridurre il divario. L'Italia non ha ancora recepito il provvedimento ma le aziende hanno tempo fino al 7 giugno 2026 per adeguarsi ed evitare sanzioni. Tutti i dettagli

 

Parlare di soldi sembra sempre sconveniente, soprattutto se, come ci insegna l’economista Azzurra Rinaldi, a farlo è una donna. Figuriamoci chiedere al proprio collega (uomo) dettagli su quanto guadagna. Questo ha contribuito ad aumentare il gender pay gap, ovvero il divario medio per ora lavorata a seconda del sesso del lavoratore.

In Italia, per esempio, secondo gli ultimi dati Istat citati dal Corriere, “le donne guadagnano il 15,9% in meno rispetto agli uomini nel settore privato; mentre nel pubblico le cose vanno un po’ meglio con un divario che si attesta al 5,2%. In media, una dipendente italiana guadagna 6 mila euro in meno di un collega uomo”. In Europa, il divario medio è del 13%.

Per tentare di porre rimedio, Bruxelles è intervenuta con la Direttiva europea 2023/970, che impone alle aziende maggiore trasparenza salariale e permette ai lavoratori di conoscere lo stipendio medio percepito dai colleghi di pari mansione.

L’Italia, ricorda il Corriere, non ha ancora recepito la direttiva, ma le imprese hanno tempo fino al 7 giugno 2026 per adeguarsi ed evitare le sanzioni. In alternativa, saranno chiamate a dimostrare di non aver attuato discriminazioni salariali.

Ecco cosa prevede il provvedimento.

ADDIO AL “SEGRETO SALARIALE”

L’entrata in vigore della direttiva europea segna la fine del cosiddetto “segreto salariale”, che impone al datore di lavoro la riservatezza sui dati contenuti nella busta paga. Il cedolino, infatti, include informazioni di natura strettamente personale, che continueranno a restare protette anche in futuro. L’importo dello stipendio, però, smetterà di esserlo e lavoratrici, lavoratori e i loro rappresentanti avranno il diritto di accedere a informazioni chiare e dettagliate sui livelli retributivi medi di chi svolge la stessa mansione o un lavoro di pari valore.

Il datore dovrà fornire al dipendente una risposta entro e non oltre due mesi dalla data in cui ha presentato la richiesta e se le informazioni dovessero essere imprecise o incomplete si potrà insistere per avere maggiori dettagli. Il datore di lavoro dovrebbe anche ricordare almeno una volta all’anno a tutti i suoi dipendenti che possono esercitare questo diritto alla trasparenza.

Le aziende potranno continuare a pagare in maniera diversa i loro dipendenti ma, se sollecitate, dovranno spiegare ai lavoratori i criteri in base ai quali vengono applicate differenze nelle politiche retributive.

CRITERI OGGETTIVI E ACCESSO ALLE INFORMAZIONI

Uno dei capisaldi della direttiva è l’obbligo per i datori di lavoro di valutare e determinare il valore del lavoro sulla base di criteri oggettivi: competenze, responsabilità, condizioni di lavoro, impegno richiesto. Questi criteri devono essere neutri rispetto al genere e accessibili a tutti i lavoratori e le lavoratrici, che avranno diritto a conoscere la propria retribuzione, quella media (distinta per sesso) di chi svolge lo stesso lavoro o un lavoro di pari valore e i criteri utilizzati per stabilire aumenti o promozioni.

DIRITTI PER CHI CERCA LAVORO E TUTELE PER CHI LAVORA

Anche i candidati a un posto di lavoro beneficeranno delle nuove regole. I datori di lavoro saranno obbligati a fornire informazioni sulla fascia retributiva prevista prima del colloquio e non potranno più chiedere dettagli sulle retribuzioni passate dei candidati. Una volta assunti, i lavoratori potranno discutere liberamente del proprio stipendio con i colleghi senza timore di ritorsioni.

IMPRESE SOTTO OSSERVAZIONE E OBBLIGHI CRESCENTI

A partire dal 7 giugno 2027, i datori di lavoro con più di 100 dipendenti dovranno fornire regolarmente dati sul divario retributivo di genere e sulla distribuzione dei bonus tra uomini e donne. Se i dati evidenzieranno una differenza superiore al 5% non giustificata da criteri oggettivi, l’azienda sarà tenuta a intervenire entro sei mesi, in collaborazione con i rappresentanti dei lavoratori. In caso contrario, potrà incorrere in sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.

ACCESSO ALLA GIUSTIZIA E RISARCIMENTI PER CHI SUBISCE DISCRIMINAZIONI

La direttiva rafforza anche i mezzi di tutela per lavoratori e lavoratrici che ritengano di essere stati discriminati. Chi subisce un danno potrà rivolgersi a un tribunale e ottenere il pieno risarcimento, comprensivo delle retribuzioni arretrate, dei bonus non percepiti, delle opportunità di carriera perse e del danno morale. Inoltre, sarà il datore di lavoro a dover dimostrare l’assenza di discriminazioni, non il contrario, alleggerendo così l’onere della prova per il lavoratore.

UN SISTEMA EUROPEO DI MONITORAGGIO E SOSTEGNO

Gli Stati membri saranno tenuti a fornire formazione e strumenti di analisi soprattutto alle piccole e medie imprese, affinché anche loro possano adeguarsi. Gli organismi per la parità avranno un ruolo centrale: dovranno essere dotati di risorse adeguate e ricevere annualmente, a partire dal 2028, i dati nazionali per il calcolo del gender pay gap, da trasmettere a Eurostat. La Commissione europea valuterà i progressi compiuti con una relazione ufficiale entro il 2033.

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