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Flat Tax, Iva e non solo. Cosa ribolle confusamente nella cucina fiscale del governo

L'analisi del commercialista Giuliano Mandolesi sui progetti in cantiere del governo su Flat Tax, Iva e non solo

Ogni passo verso la legge di bilancio sembra sempre di più allontanare il governo dall’iniziale progetto di Flat Tax e con il passare dei giorni il cantiere fiscale gialloverde sembra essere sempre più confuso e caotico così come le proposte sul piatto sembrano sempre più formulate “di getto” piuttosto che attentamente ponderate.

Rumors rivelano che attualmente al vaglio del tavolo del Mef sembra esserci la volontà di intervenire addirittura su due fronti.

Il primo riguarderebbe l’Irpef con la riduzione di un punto del primo scaglione dal 23% al 22%, intervento di sicuro impatto sociale e con un costo abbastanza contenuto (stimato in circa 3 miliardi), che diminuirebbe le imposte per 8 milioni di contribuenti che dichiarano redditi entro i 15mila euro e contestualmente abbasserebbe, anche seppur di poco, anche l’aliquota media anche per tutte le altre fasce reddituali.

Il secondo fronte invece è il restyling totale dell’attuale regime forfettario, con aliquota al 15% fino ai 65mila euro per poi tassare al 20% i redditi incrementali e che riguarderebbe non più solo il mondo delle partite Iva ma anche alcune “tipologie” di società a responsabilità limitata e le società di persone.

Soprattutto questo secondo intervento suscita molte perplessità e presta il fianco a numerosi problemi tecnici e pratici.

NON E’ NE UNA FLAT TAX NE UNA MINI FLAT TAX

Il regime così concepito genera una nuova tipologia di imposta circoscritta e progressiva a due aliquote, lontana anni luce dal concetto FLAT promesso in campagna elettorale e molto più simile all’attuale Irpef o alla riforma promossa dal movimento 5 stesse con sistema di tassazione con tre scaglioni.

LA RETTIFICA DELL’IVA

Il sistema dovrebbe prevedere l’applicazione dell’Iva per i contribuenti sopra i 65mila ma la domanda che viene da porsi è “in che modo?”.

Se dovesse applicarsi su tutta la base imponibile una volta superata la soglia dei 65mila causerebbe un danno incredibile ai contribuenti che dovrebbero versare di tasca propria l’Iva non incassata dal cliente, in poche parole il vantaggio del regime agevolato produrrebbe l’effetto opposto con addirittura un incremento considerevole della pressione fiscale sul reddito prodotto dei forfettari.

Se invece dovesse applicarsi sulla parte di reddito incrementale i 65mila, oltre ad essere un abominio fiscale mai sentito prima e probabilmente unico nel suo genere, creerebbe problemi pratici per la fatturazione delle cifre a cavallo della soglia.

EFFETTO EVASIONE

Un contribuente in prossimità della soglia dei 65 mila euro non tanto per l’incremento del 5% di tassazione ma soprattutto per l’applicazione dell’Iva con la relativa perdita di competitività sul mercato nei rapporti con i privati rispetto a competitors ancora all’interno della fascia reddituale esclusa dall’imposta sul valore aggiunto sarà incentivato a spostare gli incassi nell’anno venturo o nel peggiore dei casi ricorrerà al nero.

IL CAOS DEI REGIMI PER LE SOCIETÀ’

Applicare questa modalità di tassazione anche alle srl significa aggiungere la terza opzione rispetto a quelle già disponibili ovvero la modalità ordinaria con Ires e quella per trasparenza con Irpef sulle singole posizioni dei soci.

Il caos generato anche dal doppio binario su SNC e SAS, le società di persone, sarebbe ingestibile, il sistema di fiscale già complesso diventerebbe ancora più articolato con sicuro impatto negativo anche su accertamenti e controlli e con il rischio di vederne aggravati anche i relativi costi per la collettività.

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