Cresce l’insofferenza verso i fattori ESG. Ma mentre in Europa ancora “andiamo” verso il delirio della dittatura ESG (vedi l’imminente obbligo del report di sostenibilità per le grandi imprese), negli Usa già “tornano” e non passa giorno senza che i grandi media come Financial Times e Wall Street Journal non diano conto del movimento d’opinione che respinge l’insostenibile ideologia della sostenibilità.
Nei giorni scorsi è stata la volta sul FT della notizia che il fondo Vanguard (10.100 miliardi di dollari di fondi gestiti) sta concedendo la possibilità ai suoi investitori (circa 4 milioni di persone che controllano fino a 250 miliardi di dollari in azioni USA) di esprimere più di una scelta per quanto riguarda il voto che lo stesso fondo esprime quando partecipa alle assemblee delle società in cui ha investito.
Da ora in poi, gli investitori di Vanguard potranno esprimere chiaramente la priorità dei profitti rispetto ai fattori ambientali, sociali e di governance e tale priorità dovrà essere rispettata da Vanguard nell’espressione del voto nelle assemblee.
“Si tratta di rispettare quanto ci ritorna dagli investitori i quali hanno differenti visioni circa i fattori che massimizzano il valore dei loro investimenti”, ha commentato un alto dirigente di Vanguard.
Il fondo si è trovato spesso sotto un fuoco incrociato. Da un lato, quando ha votato regolarmente contro qualsiasi proposta favorevole agli Esg e, dall’altro quando è stato accusato di fomentare il “woke capitalism” nelle assemblee delle società americane.
Da oggi otto fondi di Vanguard (non i più grandi) aderiranno al programma che consente ai loro investitori questa opzione “profitti prima della politica”. La stessa opzione è già disponibile per gli investitori del gigante BlackRock e di State Street Global Advisors. È una scelta che consente sostanzialmente ai fondi di “lavarsi le mani” rispetto alle scelte espresse nelle assemblee societarie, soprattutto in un momento in cui l’autorità di garanzia dei depositi (Fdic) guarda con sempre maggiore attenzione a questi soggetti, a causa delle rilevanti quote che posseggono in molte banche Usa.
Ancora più vasto è il respiro di un editoriale uscito martedì sul Wall Street Journal in cui si indica a Donald Trump la via giuridicamente corretta (passando attraverso il voto del Congresso, anziché affidarsi a ordini esecutivi spesso invalidati da giudici) per liberare gli Usa dai freni dell’accordo di Parigi e portare alla caduta di quell’intreccio burocratico che sostiene il movimento ESG e si ramifica fino a Wall Street. Con le giuste contromisure legali, il movimento ESG («una sgangherata accozzaglia di desideri di politica liberale») sarà presto spazzato via.
(prima parte; la seconda parte dedicata all’Europa si può leggere qui)