Botte da orbi tra Elliott e Vivendi in Tim. Non conosce soste la telenovela sui rapporti burrascosi tra i due maggiori azionisti dell’ex Telecom Italia.
Le frizioni sono ancora l’effetto del defenestramento dell’ex capo azienda di Tim voluto da Vivendi, Amos Genish. Difeso dal gruppo di Bolloré che ora punta a spodestare il controllo del cda da parte di Elliott.
Le critiche di Vivendi alle mosse del consiglio di amministrazione contro Genish hanno però una lunga e pepata replica da parte dello stesso board di Tim.
Ecco alcuni dei passi salienti che si rintracciano nella documentazione in vista dell’assemblea indetta per il prossimo 29 marzo; assemblea deliberata con i consueti contrasti tra Elliott e Vivendi, ma questa volta il fronte dei consiglieri espressione del gruppo francese si è spaccato a sorpresa (qui fatti, indiscrezioni, approfondimenti e scenari nell’articolo di Start Magazine):
Le valutazioni del board sulla richiesta del socio francese, che ha chiesto la revoca e la sostituzione di cinque consiglieri nominati dalla lista del fondo Usa, tra cui il presidente Fulvio Conti, è a disposizione di tutti sul sito. «Il board di Tim – si legge nelle valutazioni – intende ribadire e far constare che la società ha operato e opera nel pieno rispetto della legalità e delle regole di governance, e con ciò rivendicare la correttezza e piena legittimità (formale e sostanziale) delle condotte aziendali».
Il consiglio – evidentemente a maggioranza, visto che la minoranza degli amministratori Vivendi è in contrapposizione – rivendica quindi la «correttezza» della propria condotta. Giustifica il supposto ritardo con cui ha convocato l’assemblea – il 29 marzo in sede unica, anticipando l’assemblea per l’approvazione del bilancio – con la necessità di acquisire tre pareri sulla richiesta di Vivendi che riguardava anche la nomina dei revisori.
Le dietrologie, le illazioni, i pettegolezzi di cui la Relazione abbonda qui peraltro non interessano: rileva invece che la legittima determinazione di revoca delle attribuzioni già conferite al Consigliere Genish sia invece definita essere “senza alcun fondamento legale, in contrasto con le applicabili procedure societarie e in violazione di ogni responsabile prassi di governance”. Quello che la Relazione ripetutamente definisce un “golpe” (e descrive con accenti degni della peggior stampa scandalistica, spigolando e decontestualizzando passaggi tratti dalla stampa quotidiana, economica e non) altro non è stato se non l’esito di un fisiologico (per quanto sofferto) processo di perdita della fiducia dell’organo collegiale delegante nei confronti dell’organo monocratico delegato.
Dall’accertamento (a maggioranza, come per prassi in qualsiasi organo collegiale) di questa situazione altrettanto fisiologicamente è seguita l’attribuzione (a maggioranza) ad altro Consigliere di tutte le preesistenti deleghe gestionali. Resta pertanto, ad oggi, che le previsioni del primo anno del piano strategico approvato nel marzo 2018 non hanno retto al confronto con il deteriorato quadro competitivo e regolatorio, e comunque l’execution di questo piano non ha visto mettere in campo a tempo debito (e nonostante gli inequivoci segnali d’attenzione deducibili quanto meno dalle analisi svolte in occasione della relazione semestrale, in merito alla tenuta dei valori di avviamento) azioni correttive idonee a evitare l’obbligo di accertamento di un significativo impairment loss, in sede di relazione finanziaria al 30 settembre 2018. Si tratta di circostanze di per sé sole sufficienti a mettere a dura prova la relazione fiduciaria con ogni Chief Executive Officer, a tanto maggior ragione quando questo rapporto già aveva conosciuto momenti di tensione e cedimento.
È notizia, questa, di dominio pubblico, che la Relazione sceglie di ignorare, citando del comunicato stampa TIM del 25 giugno 2018 solo il passaggio più conveniente, ossia la dichiarazione consiliare di conferma di sostegno al management, che, in realtà, nel documento consultabile sul sito internet della Società fa seguito alla presa d’atto “del chiarimento da lui [NdR: l’Amministratore Delegato] fornito e del rincrescimento [NdR: espresso dallo stesso Amministratore Delegato] per aver fatto delle dichiarazioni non appropriate”, per quanto poi “amplificate dalla stampa”, su alcuni Consiglieri.
I fatti accaduti successivamente hanno confermato questo deterioramento del rapporto fiduciario: al Chief Excutive Officer è stato chiesto ripetutamente, da un Consiglio di Amministrazione formato in larga maggioranza da amministratori di nuova nomina, un momento di verifica del piano approvato dal Consiglio di Amministrazione nella sua precedente compagine, ma non è stato possibile instaurare un confronto aperto e conclusivo e – come risulta dalla disclosure finanziaria effettuata dalla Società – ancora in occasione della discussione del rendiconto di gestione al 30 settembre 2018 le azioni correttive annunciate non erano presentate in forma definitiva. E, lo si ribadisce, questo benché i risultati aziendali dimostrassero un progressivo ed importante deterioramento, che ha concorso alle decisioni in materia di impairment assunte e comunicate al mercato lo scorso mese di novembre.
Ed infatti, come emerge dalla ricostruzione dei fatti occorsi all’interno della Società: all’esito di una procedura avviata nello scorso mese di maggio e sulla base dei dati consuntivi del primo semestre dell’anno, a luglio 2018 le funzioni interne hanno predisposto il forecast, che evidenziava uno scostamento rispetto alle previsioni di budget contenute nel piano industriale varato nel precedente mese di marzo; il forecast è stato consegnato all’allora Amministratore Delegato (e attuale Consigliere) Amos Genish, il quale non lo ha peraltro trasmesso al CdA e al CCR, nonostante che i Consiglieri ne avessero fatto richiesta, in quanto aveva ritenuto lo stesso incompleto e da sottoporre ad ulteriori approfondimenti; il forecast è stato presentato al Consiglio di Amministrazione nella seduta del 24 settembre 2018; con riferimento al processo di budget 2019 – partito ufficialmente il 16 luglio e culminato in una prima versione disponibile il 22 ottobre e una seconda il 5 novembre – risulta che in tutte le sue versioni intermedie, discusse con il sig. Genish in varie riunioni, tale documento evidenziava, confermandoli, i trend di deterioramento anticipati dal forecast.
Nulla di tutta questa documentazione è stato fatto oggetto di confronto con il board; in mancanza di misure rimediali effettivamente utilizzabili ai fini delle valutazioni in sede di esame della relazione al 30 settembre 2018, si rendeva necessario l’accertamento di un impairment loss, nonostante la contrarietà espressa da Amos Genish. Tutto ciò dimostra l’infondatezza delle censure mosse dal socio Vivendi alle azioni che il Consiglio di Amministrazione ha intrapreso nelle sedute dell’8, 13 e 18 novembre a seguito dello scostamento registrato dai risultati dell’attività rispetto al piano e ai comportamenti dell’allora Amministratore Delegato Amos Genish che hanno determinato il venire meno della fiducia del Consiglio nei suoi confronti, con le inevitabili conseguenze del caso.
Risulta pertanto chiaro che, al progressivo maturare di una situazione tale da far venire meno la fiducia nel Chief Executive Officer e nella sua disponibilità a ripensare la propria linea strategica (e tanto meno formularne una alternativa), era responsabilità del Presidente dell’organo consiliare di convocare il Consiglio di Amministrazione senza indugio (avvalendosi delle facoltà che gli sono concesse dallo Statuto, ivi inclusa la convocazione in via d’urgenza, con preavviso di 12 ore, onde evitare ripercussioni sul titolo in borsa nelle more di una più lunga convocazione). Del pari, era responsabilità del Board – siccome quella crisi di fiducia era confermata – di assumere tempestivamente le determinazioni più opportune, senza avere riguardo né alle situazioni contingenti dell’Amministratore Delegato pro tempore (in questo caso all’estero, ma partecipante alla riunione da remoto), né all’impossibilità di conseguire al proprio interno unanimità di consensi. Ugualmente, era responsabilità consiliare minimizzare i tempi di ogni interim, riconsegnando al più presto l’Azienda alla guida di un manager qualificato e competente, disponibile ad occuparsene a tempo pieno, meglio se già inserito all’interno della realtà aziendale.
Il Consiglio di Amministrazione si fa vanto della rapidità del processo di successione, condotto nel rispetto non solo della legge e dello Statuto, ma della best practice di governance e delle regole di autodisciplina che la Società si è data, oltre che con il supporto di un consulente autorevole (Russell Reynolds) per la valutazione delle potenziali candidature disponibili. Efficienza della decisione non equivale a “golpe”. Alla luce di quanto sopra, sono da respingere le accuse rivolte al Presidente del Consiglio di Amministrazione e al Presidente del Comitato per il controllo e i rischi in relazione alla gestione della governance del Consiglio di Amministrazione e del processo di impairment test.
Parimenti, si devono respingere le accuse rivolte agli altri tre amministratori revocandi: nessuna violazione della parità informativa e delle regole di gestione del Consiglio, come detto, c’è stata e né tanto meno sarebbe attribuibile al Lead Independent Director; così come il processo di nomina del nuovo Amministratore Delegato è avvenuto nel rispetto delle disposizioni di legge e regolamento interno, senza che alcun addebito possa essere mosso al Presidente del Comitato preposto alla relativa istruttoria: certamente non la circostanza di essere stato individuato dal consulente come possibile candidato. Circostanza che lo ha portato, peraltro, ad abbandonare la riunione del Comitato, non appena ne è venuto a conoscenza. Ancor meno si comprendono le motivazioni alla base della richiesta di revoca del Consigliere Ferrari e in che misura la sua posizione debba essere differente rispetto a quella degli altri “Candidati Elliott”.
Per il resto, il Consiglio di Amministrazione prende atto della proposta di revoca rispetto a cinque dei suoi componenti (nella prospettazione della Relazione: cinque dei “Candidati Elliott”, presumibilmente ritenuti più degli altri responsabili di “paralleli e occulti processi decisionali”, anche se si fa davvero fatica a comprendere le ragioni alla base di tale conclusione), rifiutando di entrare ulteriormente nel merito delle motivazioni addotte, che affida alla prudente valutazione dei soci.