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Ecco subbugli e dubbi sollevati dalla lettera di Mattarella a Casellati e Fico sulla commissione banche

Perché Mattarella ha inviato una tosta lettera con paletti ai presidenti di Camera e Senato sulla commissione banche? Non c'erano alternative? Quali effetti avrà davvero la missiva? Ed è stata accolta allo stesso modo da Casellati e Fico? A queste domande risponde il notista politico Francesco Damato

L’”obbedisco” della presidente del Senato alla lettera mandata dal presidente della Repubblica a lei e al presidente della Camera perché vigilino, in pratica, sulla commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario istituita con una legge che lo ha molto impensierito, non credo che possa bastare davvero al capo dello Stato. Che comunque a questo punto dovrà farsela bastare per forza, avendo rinunciato all’unico, vero strumento a sua disposizione per cercare di evitare o limitare i danni di un’inchiesta politica, peraltro non la prima, foriera di molti rischi per il sistema creditizio. Mi riferisco naturalmente al “messaggio motivato alle Camere”, previsto dall’articolo 74 della Costituzione, col quale il presidente della Repubblica “può chiedere una nuova deliberazione” su una legge che non lo convince.

GLI OBIETTIVI DELLA LETTERA DI MATTARELLA AI PRESIDENTI DI CAMERA E SENATO

Certo, quell’articolo obbliga il capo dello Stato a firmare e promulgare la legge da lui praticamente contestata se approvata “nuovamente” dalle Camere, cui spetta quindi l’ultima parola. Ma ognuno a quel punto avrà fatto per intero il suo compito tutelato dalla Costituzione. Ebbene, dubito che il presidente della Repubblica lo abbia fatto firmando quella lettera, come altre analoghe su altre leggi firmate da lui e dai suoi predecessori, accomunati un po’ dalla paura di soccombere, diciamo così, in un confronto con le Camere e un po’ dal timore di aprire nella maggioranza di turno del governo una partita insanabile, con rischi di crisi di cui il vertice dello Stato non vorrebbe apparire o essere responsabile.

I BOLLORI DI LEGA E MOVIMENTO 5 STELLE CON LA COMMISSIONE SULLE BANCHE

Che poi questa maggioranza gialloverde, nata un anno fa solo a causa della indisponibilità o paura di entrambi i partiti che la compongono di affrontare davvero le elezioni anticipate cui fingevano di essere pronti, sia ancora più divisa e anomala del solito, appesa alle elezioni europee e amministrative di fine maggio come a un cappio, avendo sotto i piedi il vuoto della recessione economica, non c’è dubbio. Per cui si potrebbe con una certa buona volontà anche comprendere la prudenza del presidente della Repubblica. Ma, appunto, occorrerebbe molta buona volontà, nella consapevolezza che non sempre producono effetti positivi i rimedi o addirittura le soluzioni dilatorie dei problemi sul tappeto.

COME GIUDICO LA SCELTA DI MATTARELLA

E questa di scrivere ai presidenti delle Camere perché praticamente vigilino su un’inchiesta parlamentare è stata una scelta dilatoria, un rimettersi ad altri. Che per giunta non sembrano proprio avere una visione comune del problema sollevato dal capo dello Stato.

LE DIFFERENZE TRA CASELLATI E FICO SULLA LETTERA

Il già ricordato “obbedisco” della volenterosa presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, proveniente a dir poco dallo schieramento elettorale del centrodestra, stride col sostanziale ma a dir poco imbarazzato e imbarazzante silenzio del presidente della Camera Roberto Fico. Che non è solo proveniente ma partecipe attivo del movimento grillino delle cinque stelle, dove è un punto di riferimento – diciamolo francamente – della parte più sofferente o, se preferite, più insofferente verso i prezzi che un partito nato e cresciuto di protesta deve pagare alla realtà, e al Paese, nel momento in cui decide, o accetta, di governare.

LO SCENARIO

Come potrà finire anche questa storia Dio solo lo sa. Mi sembra francamente difficile che possa finire bene, fuori e dentro i palazzi bancari investiti da questa specie di emergenza politica, forse persino aggravata dalla posta del Quirinale, al di là e persino contro l’immagine dello “scudo” attribuita a torto o a ragione all’iniziativa del presidente della Repubblica.

TUTTI I GRAFFI DI DAMATO

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