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Dollaro

Ecco quanto potrà durare il rally del dollaro

Il dollaro può continuare la sua ascesa per almeno altri sei mesi. Il dollaro rimarrà forte fino a quando non vedremo segnali di stabilizzazione della crescita globale e indicazioni di un picco dell'inflazione. Il commento di Jens Søndergaard, analista valutario di Capital Group.

Il rapido cambiamento delle prospettive dell’economia globale – scandito dall’impennata dell’inflazione, dall’aggravarsi dei problemi dell’Europa e dai crescenti timori di una recessione mondiale – sta avendo un enorme impatto sui mercati valutari.

Il dollaro USA ha continuato a salire, dopo l’impressionante rally della prima metà dell’anno. Sia l’euro sia lo yen giapponese sono scambiati ai minimi da molti decenni e l’euro ha recentemente toccato la parità con il dollaro con un tasso di cambio di 1 a 1 per la prima volta dal 2002.

La crescita globale sta rallentando più rapidamente del previsto e il quadro dell’inflazione è decisamente peggiore. Le banche centrali dei mercati sviluppati e di quelli in via di sviluppo stanno aumentando i tassi di interesse in modo aggressivo, con la Banca Centrale Europea (Bce) che ha sorpreso i mercati con il recente aumento di 50 punti base. Le valute stanno reagendo al cambiamento dei relativi fondamentali macro a cui stiamo assistendo.

Crediamo che il dollaro possa continuare la sua ascesa per almeno altri sei mesi. Il dollaro è in rialzo per alcuni validi motivi. L’economia statunitense è più forte di quella delle altre principali economie e la Federal Reserve (Fed) sta attuando una stretta aggressiva per attenuare l’impatto delle pressioni inflazionistiche. In quasi tutto il resto del mondo, la storia è ben diversa. La crescita è debole, l’inflazione è trainata principalmente dai prezzi dell’energia, i salari reali sono fortemente compressi e le banche centrali sono costrette ad effettuare dei rialzi dei tassi che potremmo definire “errati”.

È questo contrasto tra gli Stati Uniti e il resto del mondo che ha determinato tali oscillazioni valutarie.

Prevediamo che i prossimi sei mesi saranno molto movimentati in termini di volatilità dei mercati, soprattutto a causa dei timori di recessione. Sebbene il dollaro sia sopravvalutato in base ai vari parametri che seguiamo, non vediamo un catalizzatore per un calo nel breve periodo. In caso di recessione, il dollaro è stato il porto sicuro preferito dagli investitori. Pertanto, prevediamo che il dollaro rimarrà forte fino a quando non vedremo segnali di stabilizzazione della crescita globale e indicazioni di un picco dell’inflazione in tutto il mondo.

Lo yen si è mosso quasi perfettamente in tandem con il rendimento del Treasury decennale USA. Quando i rendimenti del Tesoro sono aumentati, lo yen si è indebolito. È un esempio da manuale di divergenza monetaria. La Fed sta stringendo i tempi, mentre la Bank of Japan (BoJ) rimane fedele alla sua politica di tassi d’interesse zero.

Quasi tutte le valute dei mercati emergenti sono particolarmente convenienti in base al nostro quadro di valutazione di lungo periodo. Nel complesso, le valute asiatiche appaiono più interessanti di quelle dell’America Latina. I fondamentali dell’Asia sono migliori in termini di avanzo delle partite correnti, migliori prospettive di crescita e tassi di inflazione più bassi.

Il renminbi cinese si è dimostrato resistente nei confronti del dollaro, grazie al suo rapporto di cambio fisso. Potrebbe verificarsi uno scenario in cui la Cina allenti la sua politica di “zero-COVID dinamico”, immetta più stimoli fiscali nella propria economia e la crescita economica riprenda dopo il rallentamento del secondo trimestre. In tal caso, ci aspettiamo che il renminbi vada bene.

Le valute dell’America Latina hanno beneficiato di una forte domanda di materie prime e hanno mantenuto il proprio livello rispetto al dollaro l’anno scorso e in parte di quest’anno. Tuttavia, se la crescita globale dovesse peggiorare nei prossimi sei-nove mesi, le valute procicliche – o quelle che beneficiano di una ripresa economica – potrebbero essere penalizzate.

I rischi di recessione hanno fatto crollare i prezzi del rame, del petrolio e dei metalli industriali, innescando un sell-off del real brasiliano, del peso cileno e del peso colombiano. Nel complesso, riteniamo che in America Latina vi siano problemi strutturali di più lungo periodo. Tali economie devono affrontare la deglobalizzazione, la rilocalizzazione delle catene di approvvigionamento e il cambiamento climatico. Anche la situazione politica in molti Paesi della regione è instabile. Pertanto, anche alle valutazioni attuali, non abbiamo una visione positiva delle valute latinoamericane.

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