Prosegue l’indagine della commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario e finanziario riguardo alla cosiddetta “truffa dei diamanti”, ovvero la vendita delle pietre preziose da parte di alcune banche cui è seguito il processo in corso a Milano. L’8 marzo è stata la volta dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato che ad ottobre 2017 aveva sanzionato istituti di credito e imprese venditrici per oltre 15 milioni di euro.
A febbraio, però, a tenere banco era stata la Banca d’Italia, che nel corso dell’audizione aveva evidenziato il fatto che “l’attività di segnalazione alla clientela della possibilità di acquistare diamanti da società terze presso i propri sportelli non costituisce, a termini di legge, né un’attività bancaria o finanziaria, né un servizio d’investimento”. Una posizione che ha portato la presidente della commissione Carla Ruocco (M5S), al termine dell’intervento dell’Antitrust, a ribadire l’importanza di tutelare i risparmiatori e a dichiarare che “bisogna approfondire la configurazione della vendita dei diamanti attraverso il canale bancario come attività connessa a quella bancaria” in modo da “colmare possibili vuoti normativi”.
Del resto, come ammesso da Via Nazionale, dall’attività di vendita dei diamanti “possono derivare rischi sia per i consumatori, sia per la sana e prudente gestione degli intermediari attivi in questo mercato”. Nel frattempo ricordiamo che la banca centrale ha sospeso per dodici mesi dal servizio e dalla retribuzione Carlo Bertini, il funzionario whistleblower che ha parlato della vicenda anche in una – assai discussa – intervista della trasmissione “Report”.
IL RUOLO SVOLTO DALL’AGCM
Nel corso del suo intervento in commissione sul sistema bancario l’AGCM – rappresentata dal capo di gabinetto, Maria Tuccillo, e dal direttore generale di Tutela della Concorrenza, Giovanni Calabrò – ha presentato un’analisi delle sue competenze in materia di pratiche commerciali scorrette e delle azioni messe in campo a seguito delle segnalazioni ricevute che si sono concluse con sei procedimenti sanzionatori. Tuccillo ha evidenziato come – dalla documentazione trasmessa e dalla ricostruzione dei fatti – sia emerso che la vendita dei diamanti attraverso il canale bancario è stata configurata come un’attività “connessa a quella bancaria”. Nel corso dell’istruttoria l’Authority, all’epoca guidata da Giovanni Pitruzzella, ha riscontrato “pratiche commerciali scorrette e scarsa trasparenza sulla natura dei beni (proposti come diamanti da investimento) e sui prezzi effettivi come sulla liquidità del bene acquisito”. “Per quanto in particolare concerne gli istituti di credito – ha spiegato il capo di gabinetto dell’attuale presidente, Roberto Rustichelli -, l’Autorità ne ha accertato la compartecipazione all’illecito, avendo con il loro contegno contribuito, in qualità di co-autori, alla realizzazione dell’infrazione e avendo essi svolto un ‘ruolo attivo’ – non di mero segnalatore – nella dinamica contrattuale complessiva in cui il consumatore era coinvolto e nelle diverse fasi dell’acquisto”. In sostanza è emerso chiaramente che “il cliente – come confermato dal contenuto di molte segnalazioni e reclami – al momento dell’acquisto fosse persuaso del fatto che l’operazione nel suo complesso e le informazioni rese sull’investimento fossero verificate, e quindi ‘garantite’, dalla banca”. A suffragare l’idea che “l’opportunità dell’acquisto dei diamanti venisse presentata al cliente come forma di investimento dalla propria banca – e dal proprio referente di fiducia” c’è il fatto che “i reclami, in gran parte, sono stati presentati alle banche, proprio in quanto percepite come controparti di prima istanza”.
Da qui la decisione di irrogare sanzioni, riviste però al ribasso in due casi dal Consiglio di Stato, a Unicredit, Banco Bpm, Intesa Sanpaolo, Montepaschi e alle società venditrici IDB-Intermarket Diamond Business S.p.A./IDB Intermediazioni S.r.l. e DPI Diamond Private Investment. “Le quattro banche coinvolte nei procedimenti sanzionatori hanno impugnato i provvedimenti dell’Autorità innanzi al giudice amministrativo – ha aggiunto Tuccillo -. Il giudizio promosso da Intesa San Paolo risulta ancora pendente. Il ricorso di Banca Monte dei Paschi di Siena è stato respinto nel novembre 2018 dal Tar Lazio, che ha confermato pienamente la responsabilità dell’istituto di credito, in qualità di co-autore. Avverso tale sentenza non risulta proposto appello al Consiglio di Stato. Anche per quanto concerne Unicredit e Banco Bpm, il Tar Lazio ha respinto i relativi ricorsi, confermando la responsabilità degli stessi, in qualità di co-autori, nella realizzazione dell’illecito”.
E ancora: “A seguito di appello promosso dalle due banche, il Consiglio di Stato nel marzo 2021 ha confermato integralmente l’accertamento svolto dall’Autorità in relazione: alla sussistenza di un illecito consistente in una pratica commerciale scorretta; alla compartecipazione delle banche all’illecito, avendo con il loro contegno contribuito, in qualità di co-autori, alla realizzazione dell’infrazione e avendo svolto le stesse un ‘ruolo attivo’, non di mero segnalatore, nella dinamica contrattuale complessiva in cui il consumatore era coinvolto e nelle diverse fasi dell’acquisto. Il Giudice amministrativo di secondo grado – ha detto ancora il capo di gabinetto dell’Antitrust – ha tuttavia accolto i ricorsi delle banche limitatamente alla determinazione dell’importo delle sanzioni, stabilendo che la sanzione di ciascuna banca dovesse essere ridotta del 30% rispetto a quella complessivamente irrogata”. Nonostante ciò secondo l’AGCM i ristori a favore dei consumatori coinvolti sono “soddisfacenti”.
RUOCCO: COLMARE POSSIBILI VUOTI NORMATIVI
Al termine degli interventi e delle risposte ai parlamentari fornite da Tuccillo e da Calabrò, la presidente Ruocco ha sottolineato l’importanza di “tutelare effettivamente i risparmiatori italiani” soprattutto in quest’epoca storica, caratterizzata da incertezze e paure per il futuro. “Bisogna approfondire la configurazione della vendita dei diamanti attraverso il canale bancario come attività connessa a quella bancaria”, ha detto la deputata, così da “colmare possibili vuoti normativi” in materia per “evitare il ripetersi di fenomeni di vendita dei diamanti come quelli a cui abbiamo assistito negli ultimi anni”. Secondo Ruocco, infatti, “nell’attuale crisi geopolitica seguita all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, i risparmiatori vengono attratti dai cosiddetti ‘beni rifugio’ tra cui anche i diamanti”.
COS’AVEVA DETTO SIGNORINI (BANKITALIA) IN AUDIZIONE
Lo scorso febbraio si era svolta invece l’attesa audizione della Banca d’Italia che si era presentata con il direttore generale Luigi Federico Signorini. Il dg aveva innanzitutto parlato delle dimensioni della truffa, cifre alla mano aggiornate al 30 settembre 2021: l’ammontare totale, pari a 1,2 miliardi di euro; i clienti coinvolti circa 71mila ossia lo 0,23% del numero medio di clienti attivi durante il periodo di collocamento dei diamanti; le commissioni incassate pari a 273 milioni di euro ossia lo 0,3% delle commissioni attive complessive globalmente percepite nell’arco temporale considerato, i rimborsi effettuati dagli intermediari vicini a 1,2 miliardi di euro; le richieste di rimborso accolte dalle banche pari al 93%. Signorini aveva poi guardato in casa propria evidenziando come, fra gennaio 2017 e gennaio del 2022, Via Nazionale avesse ricevuto circa 1.400 esposti da privati, soprattutto nel biennio 2018-2019 (in totale 1.250) e riguardanti perlopiù Banco Bpm (79,5%), Montepaschi (9,3%) e Unicredit (6,8%).
Nella stessa occasione il direttore generale di Bankitalia aveva elogiato il coordinamento fra le Autorità di Vigilanza: “In forza dell’azione congiunta dell’autorità preposta alla tutela del consumatore (Agcm) e di quella preposta al controllo della stabilità (Banca d’Italia), che si sono raccordate tra loro i comportamenti scorretti sono stati puniti; le banche hanno interrotto l’attività; la clientela è stata in larga misura rimborsata”. Insomma, “sulla base della normativa vigente la ripartizione delle responsabilità tra autorità” è stata “chiara” e il relativo coordinamento “nel complesso ha funzionato”.
Signorini aveva pure ricordato il procedimento di Piazza Verdi, che si è concluso con le sanzioni a Unicredit (4 milioni), Banco Bpm (3,35 milioni), Banca Intesa (3 milioni), Montepaschi (2 milioni), IDB (2 milioni) e DPI (1 milione). Via Nazionale dal canto suo aveva invece condotto “approfondimenti mirati con le singole banche in sede di controlli a distanza, coinvolgendo gli organi amministrativi e le strutture di controllo interno al fine di ricostruire l’operatività aziendale e sollecitare le valutazioni del caso” ed “esercitato nel tempo specifiche, in alcuni casi pressanti, azioni di moral suasion nei confronti delle singole banche coinvolte. Anche a seguito di queste iniziative – aveva concluso il dg – gli intermediari hanno effettuato rimborsi nei confronti dei clienti”.
Parole, quelle di Signorini, che non avevano convinto tutti in commissione bicamerale sul sistema bancario. “La sua è una relazione autoassolutoria” ha tuonato proprio Lannutti (Idv) secondo cui “Bankitalia diversamente da quello che ci ha raccontato conosceva il problema sin dal 2013” a seguito dell’ispezione in Banca Aletti “e non solo dopo le sanzioni comminate dall’Agcm nel 2017”.
La presidente Ruocco aveva posto l’accento “sugli elementi e sulle verifiche svolte sulle diverse banche, anche di natura ispettiva, che hanno condotto la Banca d’Italia a ritenere non riconducibile ad un’attività finanziaria la compravendita dei diamanti attraverso il canale bancario” e aveva annunciato di voler audire l’Antitrust. Pure allora la parlamentare pentastellata aveva notato che “la vicenda diamanti conduce anche a riflettere sull’efficacia degli attuali assetti della vigilanza bancaria e finanziaria e sulle possibili iniziative di carattere legislativo”.