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Grano

Ecco l’impatto della guerra Russia-Ucraina sull’agricoltura italiana. Report Sace

Che cosa emerge dal report “Agroalimentare: Italia, una (pen)isola felice” dell'ufficio studi di Sace

 

Dall’inizio del 2022 stiamo assistendo a un aumento dei prezzi dei beni alimentari. Tali incrementi di compongono di diverse cause tra le quali possiamo annoverare: l’aumento dei costi delle materie energetiche e dei fertilizzanti, i cambiamenti climatici che hanno provocato danni ai raccolti, l’aumento della domanda a livello globale e la guerra in Ucraina. Il report “Agroalimentare: Italia, una (pen)isola felice” dell’ufficio studi di Sace prova a fare il punto sullo stato di salute del settore con un particolare focus sul nostro paese.

MATERIE PRIME AGRICOLE: PRIMA I RIBASSI E POI I RINCARI

La crisi pandemica ha determinato un calo dei prezzi delle materie prime alimentari. A maggio 2020, nel primo anno di pandemia, il Fao Food Price Index (una misura mensile dei prezzi internazionali di un paniere di prodotti alimentari come cereali, oli vegetali, prodotti lattiero-caseari, carni e zucchero), è diminuito a 91,1 punti, livello che non toccava da quattro anni. Nel 2021 si è registrata una ripresa dei consumi, primi fra tutti quelli di beni alimentari. Gli scambi di prodotti agroalimentari sono arrivati a più di 1.550 miliardi di euro, di cui quasi il 70% generato da venti Paesi esportatori. Al primo posto tra i paesi esportatori ci sono gli Stati Uniti con circa 148 miliardi di euro di export (il 9,6% del totale), seguiti da Paesi Bassi (6,4%), Brasile (5,4%), Germania (4,9%) e Francia (4,5%).

NEL 2021 FAO FOOD PRICE INDEX A 160 PUNTI

La ripresa economica e il rapido ritorno della domanda quasi ai livelli pre-crisi ha creato problemi sul lato dell’offerta, negli approvvigionamenti e nella logistica. Questo ha causato un brusco rialzo dei prezzi dei beni alimentari. Questi dati sono stati peggiorati dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia che ha avuto conseguenze pesanti sul mercato delle materie prime. Tanto che ad aprile 2022 l’indice Fao è arrivato a “158,5 punti, dopo aver sfiorato il mese precedente i 160 punti, livello mai raggiunto prima (+29,8% rispetto allo stesso mese dello scorso anno)”. Questo quadro, già di per sé critico, è stato dalle condizioni metereologiche non favorevoli, dai rincari dei costi di energia e fertilizzanti, e dai “lockdown in importanti città portuali della Cina che hanno rallentato gli scambi commerciali”.

CEREALI E FERTILIZZANTI: I PREZZI RESTANO ALTI

Nei prossimi mesi la produzione di cereali sarà limitata in Russia e in Ucraina, e questo in maniera indipendente dal perdurare del conflitto, causando inevitabili ripercussioni sui prezzi, che resteranno sopra la media. Lo stesso discorso vale per i fertilizzanti, i cui prezzi resteranno elevati anche per via delle restrizioni all’export da parte della Russia (e della Bielorussia) e la riduzione della produzione a causa dell’elevato prezzo del gas.

RUSSIA E UCRAINA, GRANAI D’EUROPA

La guerra in Ucraina ha avuto, e avrà, pesanti ripercussioni sul settore agroalimentare, in particolar modo per la produzione di grano e cereali. “Russia e Ucraina”, si legge nel report dell’ufficio studi di Sace, “insieme, forniscono più del 30% dell’export mondiale di grano, circa il 20% di quelle di mais e l’80% di olio di girasole. La chiusura dei porti ucraini e le restrizioni finanziare e commerciali imposte alla Russia stanno limitando le esportazioni di cereali, in particolare grano e mais, la FAO ha previsto che questi fattori avranno effetti sull’intera stagione agricola 2021/22. Tali ammanchi non potranno che tradursi in aumento dei prezzi, rallentamento nella crescita della domanda e ridotte scorte in numerosi Paesi.

LA DIPENDENZA ITALIANA DAI PRODOTTI AGROALIMENTARI UCRAINI E RUSSI

L’Italia importa dal mondo il 63% del proprio fabbisogno di grano tenero, circa il 39% di grano duro per la produzione di pasta e poco meno della metà del mais necessario per i mangimi. Nel 2021 il nostro Paese ha acquistato, da Russia e Ucraina, “quasi la metà dell’olio di girasole che importa dal mondo, il 17% del mais e circa il 4% del grano”. Non resta altra alternativa che puntare sulla diversificazione dei mercati di approvvigionamento, rivolgendosi in prima battuta ai produttori europei come Francia e Germania. Anche USA e Canada sono grandi produttori di grano. I problemi nell’importare i chicchi nordamericani non sono legati solo ai prezzi, ingigantiti dai costi di trasporto. Non sempre, infatti, il grano americano soddisfa “i requisiti di qualità imposti dalla normativa comunitaria”.

LE RIPERCUSSIONI DEL CONFLITTO SULLA PRODUZIONE AGROALIMENTARE GLOBALE

Il calo di export di cereali e oli di semi a causa della guerra in corso in Ucraina ha avuto, e avrà ripercussioni, anche sulla produzione e l’esportazione di beni, cosiddetti “perfetti sostituti”. L’Indonesia, per esempio, da sola produce più della metà di tutto l’olio di palma prodotto nel mondo, principale sostituto dell’olio di girasole. Alla fine di aprile 2022 ne ha vietato l’esportazione per contrastare l’aumento del prezzo interno. Questo provvedimento è durato solo tre settimane ma ha creato tensioni sul mercato. Anche l’India a maggio ha deciso di bloccare le esportazioni di grano, di cui è il secondo produttore mondiale, e poi anche di zucchero.

LA CARENZA DI GRANO IN AFRICA

I paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, subiranno più di altri il peso del calo dei raccolti di grano e della riduzione degli approvvigionamenti in arrivo su navi russe e ucraine che transitano dal Mar Nero. “I Paesi del Nord Africa – si legge nel report di SACE – sono tra i più grandi importatori di grano al mondo, l’80% del quale proviene proprio da Russia e Ucraina: l’Egitto importa il 90% dai due Paesi, ma anche Marocco e Algeria presentano un’elevata domanda”. Di conseguenza possiamo attenderci una crescita del livello generale dei prezzi, alla quale alcuni Paesi sapranno rispondere meglio di altri.

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