Con una svolta inaspettata durante lo shutdown governativo, il Bureau of Labor Statistics degli Stati Uniti ha pubblicato l’indice dei prezzi al consumo (CPI), un dato una tantum necessario per calcolare gli adeguamenti dei pagamenti della previdenza sociale per il 2026.
Il rapporto è risultato leggermente inferiore alle aspettative, ma i prezzi sono aumentati del 3% nell’ultimo anno. Gli investitori potrebbero essere inclini a considerare questo dato “eccessivo” per gli standard della Fed, soprattutto alla luce dell’obiettivo di inflazione del 2% dichiarato dalla banca centrale. Tale interpretazione, tuttavia, non tiene conto del contesto più ampio.
È ormai evidente da tempo che l’inflazione potrebbe superare il 3% quest’anno e il prossimo. Ciò è dovuto in gran parte agli effetti ritardati dei dazi che stanno progressivamente influenzando l’economia. La Fed potrebbe ignorare questo sviluppo, considerandolo uno shock dei prezzi una tantum piuttosto che un segnale di inflazione persistente. La storia ha generalmente confermato questa visione e i dati attuali non suggeriscono il contrario.
LE ASPETTATIVE DI INFLAZIONE INDICANO CHE LA FED POTREBBE AVER RAGGIUNTO LA STABILITÀ DEI PREZZI
È importante sottolineare che le aspettative del mercato obbligazionario relative all’inflazione nei prossimi tre-cinque anni sono rimaste notevolmente stabili. Ciò suggerisce che la Fed potrebbe essere riuscita (almeno per il momento) a raggiungere la stabilità dei prezzi. Anche se nel breve termine è previsto un aumento dei prezzi dei beni, il mercato ha dimostrato fiducia nella credibilità a lungo termine della Fed. Se la situazione dovesse cambiare e le aspettative di inflazione aumentassero bruscamente, anche le nostre prospettive per gli asset rischiosi cambierebbero.
ALTRE FONTI DI DATI EVIDENZIANO UNA DEBOLEZZA DEL MERCATO DEL LAVORO
Nel frattempo, il mercato del lavoro continua a mostrare segni di indebolimento. Sebbene il Bureau of Labor Statistics non sia stato in grado di pubblicare i suoi dati abituali a causa dello shutdown (ad eccezione del CPI), altre fonti forniscono informazioni utili. Ad esempio, Automatic Data Processing (ADP) ha continuato a riflettere la debolezza nelle tendenze occupazionali e ha mostrato che a settembre l’economia ha perso posti di lavoro nel settore privato. L’assenza di dati governativi non ha necessariamente oscurato il quadro generale. Il mercato del lavoro si è indebolito in modo significativo e ciò ha implicazioni per la politica monetaria.
PREVEDIAMO CHE L’ALLENTAMENTO DELLA POLITICA MONETARIA DELLA FED CONTINUERÀ
Il nuovo rapporto sull’indice dei prezzi al consumo (CPI) non contiene alcun elemento che suggerisca che la Fed modificherà il proprio percorso di allentamento monetario. Continuiamo a prevedere che la banca centrale procederà con l’allentamento monetario da qui alla fine dell’anno e probabilmente anche nel prossimo. La Fed rimane concentrata sul rilancio della crescita e gli attuali dati sull’inflazione non sembrano destinati a compromettere tale impegno. In questo contesto, non siamo inclini a contrastare la Fed.
A nostro avviso, i mercati dovrebbero continuare a registrare buoni risultati, soprattutto grazie alla politica monetaria sempre più accomodante. Tendiamo a privilegiare gli asset non denominati in dollari, in particolare nei mercati emergenti, dove le valutazioni rimangono interessanti a nostro avviso, e le prospettive di crescita sono in miglioramento. Negli Stati Uniti, gli asset ciclici potrebbero trarre vantaggio dalle misure di sostegno all’economia adottate dalla Fed.





