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NGEU

Ecco i veri numeri del Recovery Fund per l’Italia. Report Upb

Next generation EU analizzato dall'Ufficio parlamentare di bilancio nel corso di un'audizione parlamentare

L’accordo raggiunto dal Consiglio europeo del 17-21 luglio scorso ha confermato l’istituzione del Next generation EU (NGEU), uno dei due pilastri – assieme alle risorse del Quadro finanziario pluriennale (QFP) 2021-2027 ‒ sui quali si basava “Il piano per la ripresa dell’Europa”, presentato a fine maggio dalla Commissione UE come risposta agli effetti economici e sociali provocati dalla pandemia COVID-19.

Rispetto alla proposta di NGEU formulata a maggio dalla Commissione europea, la dimensione finanziaria complessiva resta invariata (750 miliardi complessivi, a prezzi 2018), ma cambia la ripartizione delle risorse tra i vari interventi. Le risorse, raccolte sul mercato tramite emissione di debito con scadenze da 3 a 30 anni, andranno ai paesi sotto forma di trasferimenti per un totale di 390 miliardi e di prestiti per 360 miliardi; esse dovranno essere impegnate entro il 2023, mentre i pagamenti associati possono avvenire entro il 2028.

NGEU è un pacchetto di varie iniziative : quella di gran lunga più rilevante  è la costituzione del Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Fund, (RRF), con una dotazione di 672,5 miliardi, 312,5 miliardi sotto forma di trasferimenti e 360 miliardi sotto forma di prestiti. , I prestiti non potranno eccedere il 6,8 per cento del reddito nazionale lordo (RNL) del paese beneficiario previsto per il 2020; per l’Italia ciò equivarrebbe a un ammontare di prestiti pari a oltre 120 miliardi.

Per quanto riguarda i trasferimenti, invece, i 312,5 miliardi dell’RRF saranno assegnati, per il 70 per cento nel biennio 2021-22 e per la parte restante nel 2023, in base a due chiavi di allocazione leggermente diverse che dovrebbero avvantaggiare paesi nei quali l’impatto economico della pandemia è stato più elevato. L’Italia potrebbe ottenere trasferimenti da NGEU per un massimo complessivo di 87 miliardi circa (a prezzi 2018) dal 2021 al 2027, considerando gli stanziamenti indicati dalle Conclusioni del Consiglio europeo per i vari programmi.

Per arrivare a definire il beneficio/costo netto derivante dall’attivazione di NGEU devono essere valutati gli oneri di rimborso che ricadranno a carico di ciascuno Stato membro negli anni successivi. Una valutazione relativamente precisa di tali oneri è di difficile quantificazione. Secondo una stima “meccanica” dei contributi che ciascun paese potrebbe dover versare negli anni a venire, per l’Italia il beneficio netto ‒ definito come la differenza tra il totale dei trasferimenti ricevibili nell’ambito di NGEU e il contributo al rimborso del debito UE necessario per il suo finanziamento ‒ ammonterebbe a oltre 46 miliardi (a prezzi 2018), ovvero a circa il 2,6 per cento del PIL del 2019 (a prezzi 2018). In termini nominali, tale beneficio netto sarebbe il più elevato tra i paesi della UE.

È importante notare che per tutti i paesi il vantaggio di NGEU consiste nella tempistica dei trasferimenti in entrata e in uscita. Infatti, i trasferimenti in entrata avranno luogo nel periodo 2021-27 coerentemente con la necessità di dare una risposta immediata alle conseguenze economiche e sociali della pandemia. Al contrario, i trasferimenti in uscita saranno presumibilmente a regime solo dal 2028.

L’erogazione dei fondi del NGEU è subordinata alla preparazione da parte degli Stati membri di Piani nazionali di ripresa e resilienza che definiscano un programma coerente di riforme e investimenti pubblici per gli anni successivi, con evidenziazione di target intermedi e finali delle riforme e degli investimenti. I progetti di investimento devono essere completati entro sette anni e le riforme entro quattro anni dall’adozione della decisione di concedere il sostegno allo Stato membro.

Il Governo ha annunciato nel PNR per il 2020 che intende pubblicare il proprio Piano di ripresa già nel prossimo settembre, congiuntamente alla Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (NADEF), e di inoltrarlo successivamente alla Commissione europea per la scadenza di metà ottobre con il Documento programmatico di bilancio (DPB). Nel PNR il Governo ha annunciato le linee del Piano, che si baserà su un aumento degli investimenti, su un incremento della spesa per ricerca, istruzione, innovazione e digitalizzazione e su riforme mirate a incrementare la crescita potenziale, la competitività, l’equità e la sostenibilità sociale e ambientale. Per quanto riguarda le riforme, vengono annunciati interventi nel campo della giustizia civile e penale, dell’istruzione, delle politiche del lavoro e del fisco.

Nel complesso, si può osservare, in primo luogo, come il PNR elenchi un vasto programma di interventi settoriali, non dissimile da quelli contenuti nei precedenti PNR e non sembra cogliere l’occasione per individuare alcune priorità strategiche sulla base delle quali predisporre in autunno il Piano di ripresa e resilienza in modo da concentrare le risorse del Dispositivo europeo su aree di intervento ritenute fondamentali.

In secondo luogo il PNR non fornisce indicazioni su come l’utilizzo di risorse straordinarie si inserirà nel quadro di bilancio ordinario, cioè della decisione pluriennale sulla destinazione delle risorse. Infatti, il Piano di ripresa è finalizzato anche al rafforzamento di interventi che presumibilmente necessiteranno di risorse anche a regime e di attività che richiederanno anche un finanziamento continuativo.

Il Piano di ripresa da presentare alle Istituzioni della UE richiede, pena una valutazione negativa della Commissione europea, programmi dettagliati di intervento con indicazione delle singole misure, del costo, delle modalità per l’attuazione effettiva, compresi gli obiettivi intermedi e finali proposti e i relativi indicatori, e l’impatto stimato sull’economia. La predisposizione del Piano vero e proprio, da sottoporre alle istituzioni europee, richiederà quindi una adeguata istruttoria di policy sulle singole misure, e un dettagliato lavoro di approfondimento tecnico.

In conclusione, la predisposizione di un piano credibile, dettagliato, coerente di riforme e investimenti pubblici, con una tempistica certa per la realizzazione, e la sua attuazione, costituiscono una sfida particolare per l’Italia, considerato anche l’urgenza con cui deve essere predisposto. Ciò richiederà un rafforzamento significativo e rapido del modo di operare della pubblica Amministrazione, in particolare della capacità di programmazione (e di attuazione) delle politiche pubbliche.

(Estratto dal sito dell’Upb; qui la versione integrale)

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