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Ecco i piani di Savona e Garavaglia sugli investimenti

L'articolo di Fabio Dragoni e Antonio Maria Rinaldi sul piano investimenti in fieri nel governo elaborato in primis dal ministro Paolo Savona

L’articolo di Fabio Dragoni e Antonio Maria Rinaldi sul piano investimenti in fieri nel governo elaborato in primis dal ministro Paolo Savona

Se il compito del ministro Paolo Savona è quello di promuovere un innovativo piano di investimenti pubblici italiani in sede europea, l’obiettivo del vice ministro all’economia Massimo Garavaglia è invece quello di renderli esecutivi.

Se nel 2017 le imprese italiane hanno realizzato l’11% in meno di investimenti rispetto al 2008 (contro un quasi +6% dell’Eurozona), il dato della pubblica amministrazione è ancora più sconfortante fermandosi ad un -31% rispetto al -10% dell’area euro. Se non tocca certo al settore privato sfidare la crisi con nuovi investimenti (essendo questi ultimi ovviamente guidati dalla domanda interna) è compito invece del settore pubblico invertire la rotta e alimentare la domanda interna nei momenti di crisi.

Già ma nel concreto come si fa a invertire la rotta? Perché si è così rallentato nel nostro Paese l’investimento pubblico? E’ a queste domande che sta provando a dare risposta Massimo Garavaglia, bocconiano e amministratore pubblico di lungo corso già assessore al bilancio della Regione Lombardia ed attualmente uno dei vice del ministro dell’Economia Giovanni Tria. A seguito di una veloce, ma approfondita analisi delle criticità della macchina pubblica condotta in queste prime settimane di lavoro, Garavaglia ha delineato un piano operativo per rilanciare gli investimenti pubblici. Piano che trova una prima silenziosa, parziale, ma importante attuazione, nel rinnovo del cosiddetto decreto milleproproghe. Garavaglia evidenzia come gli investimenti pubblici si siano così rarefatti non tanto e non solo per carenza di denaro quanto per la contemporanea presenza di quattro storture tali da bloccare la concreta realizzazione di qualsiasi piano.

Errore 1: tutto al centro invece che alla periferia. E’ naturale che debbano essere gli enti locali (comuni, province e regioni) i protagonisti nella scelta degli investimenti. Il ministero competente non può efficacemente ed efficientemente scegliere quali scuole o quali strade debbano essere ammodernate. Ma purtroppo è proprio questa la scelta fatta dai precedenti governi forse per avere l’opportunità di una facile propaganda al momento del taglio di un nastro. Risultato: niente investimenti.

Errore2: il pareggio di bilancio. Teoricamente una cosa di buon senso, in realtà una polpetta avvelenata servita nel nostro piatto con la riforma dell’articolo 81 della Costituzione concretizzata dal governo Monti. Non distinguendo il bilancio pubblico fra spese correnti e spese per investimenti, per esempio il Comune di Bernate Ticino costretto ad applicare il pareggio di bilancio si trova impossibilitato a realizzare qualsiasi intervento. Immaginate di essere un imprenditore che deve acquistare un capannone o un macchinario. Se dovesse sottostare alla regola del pareggio di bilancio imposta alla pubblica amministrazione sarebbe impossibilitato a contrarre un mutuo, ma potrebbe soltanto ricorrere all’autofinanziamento aziendale e quindi realizzare l’investimento una volta messi da parte tutti i fondi necessari. Risultato: niente investimenti.

Errore3: il principio dell’armonizzazione. Suona intelligente sentir parlare di armonizzazione. Ma nel concreto che cosa significa? Tornando all’esempio di prima, l’imprenditore in questione non potrebbe investire risorse accumulate faticosamente da parte in anni di autofinanziamento, ma potrebbe soltanto utilizzare il cash flow realizzato nell’anno di attuazione dell’investimento. O se preferite, dovete acquistare un appartamento da 200.000 euro? Anche se mettete da parte i fondi con anni di sacrifici non potrete che usare i soldi messi da parte tutti e subito in un anno. Risultato: niente investimenti.

Errore 4: codice degli appalti. Una legge che sembra sicuramente corretta per evitare infiltrazioni mafiose nei meccanismi d’appalto, ma che nella pratica appesantisce il processo burocratico a uso e consumo delle grandi aziende. Ma sono le imprese con meno di 9 dipendenti a rappresentare quasi il 96% del totale e se a queste si aggiungono le aziende fino a 49 dipendenti, si arriva al 99,92% dell’intero tessuto produttivo. La legge dovrebbe essere invece scritta esattamente all’opposto di come è fatta. Regole disegnate su misura per la micro impresa con eventuali deroghe per le grandi. Risultato: niente investimenti.

Sono oggi previsti nei conti pubblici, secondo Garavaglia, 83 miliardi di spese per investimenti da qui al 2030. Riuscire a spenderli significa rimuovere i quattro ostacoli illustrati. Gli emendamenti proposti al nuovo milleproroghe sono un primo concreto passo in avanti rispetto ai limiti 1 e 3 rimettendo al centro del processo decisionale gli enti locali che possono recuperare da subito gli spazi per 2 miliardi di investimento potendo spendere il loro avanzo di amministrazione. In altre parole chi è stato bravo e ha messo da parte le risorse necessarie è giusto che abbia il diritto di scegliere e come spendere questi soldi sul suo territorio. Decideranno poi gli elettori sulla bontà di tali scelte.

E’ vero che molto rimane ancora da fare a partire dalla cancellazione del pareggio di bilancio e una drastica rivisitazione del codice degli appalti, ma come ogni maratona si inizia sempre dal primo metro.

(pubblicato su Mf/Milano Finanza)

 

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