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Draghi

Ecco fini ed effetti del Pnrr secondo la Banca d’Italia

L'approfondimento su Next Generation Eu e Pnrr contenuto nella Relazione annuale 2020 della Banca d'Italia.

 

 

Il programma Next Generation Eu (NgEu) è la principale risposta dell’Unione europea alla crisi pandemica. Prevede interventi fino a 750 miliardi (di cui 360 in prestiti e 390 in trasferimenti) e si articola in diversi strumenti, ma quello con cui è gestita la maggior parte delle risorse è il Dispositivo per la ripresa e la resilienza, che veicola 672,5 miliardi. Per richiedere le risorse del Dispositivo gli Stati membri devono predisporre piani nazionali di ripresa e resilienza, che definiscano un insieme coerente di riforme e di investimenti da realizzare tra il 2021 e il 2026.

L’Italia ha recentemente presentato il proprio Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) alla Commissione europea. A valere sul Dispositivo sono previsti interventi per 191,5 miliardi (tavola), cui si aggiungono quelli finanziati da React-Eu (un altro programma comunitario nell’ambito di NgEu) e da risorse nazionali. Nel complesso gli interventi del Pnrr ammontano a 235,6 miliardi; di questi, nelle valutazioni del Governo, sono destinati a progetti nuovi circa 166 miliardi, quasi la metà relativi a trasferimenti europei; il resto finanzia interventi già in programma.

Il Pnrr individua quattro riforme di carattere generale, volte rispettivamente ad aumentare l’efficienza della Amministrazione pubblica, accelerare i tempi della giustizia, semplificare e razionalizzare il contesto legislativo e favorire la concorrenza; parallelamente, sono previsti numerosi interventi di riforma settoriali finalizzati anche a rendere più rapida l’esecuzione dei progetti. Concorrono alla realizzazione degli obiettivi generali del Piano, sebbene non ne costituiscano parte integrante, la riforma del sistema fiscale e quella degli ammortizzatori sociali.

Il Pnrr si articola lungo tre assi strategici (digitalizzazione e innovazione, transizione ecologica e inclusione sociale) e prevede tre priorità trasversali (parità di genere, giovani e superamento dei divari territoriali). Al primo e al secondo asse sono assegnati rispettivamente il 27 e il 40 per cento delle risorse erogate attraverso il Dispositivo, percentuali superiori a quelle minime stabilite dal regolamento europeo dello strumento (il 20 e il 37 per cento). Il Governo destina al Mezzogiorno non meno del 40 per cento delle risorse di cui è possibile una ripartizione territoriale (circa 82 miliardi su 206).

Gli interventi previsti nel Pnrr si articolano in sei missioni: (a) digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo (cui sono destinati 49,9 miliardi); (b) rivoluzione verde e transizione ecologica (69,9 miliardi); (c) infrastrutture per una mobilità sostenibile (31,5 miliardi); (d) istruzione e ricerca (33,8 miliardi); (e) inclusione e coesione (29,8 miliardi); (f) salute (20,2 miliardi). L’attuazione del Pnrr verrà coordinata e monitorata dal Ministero dell’Economia e delle finanze; l’esecuzione dei singoli progetti sarà invece responsabilità delle Amministrazioni (centrali o locali) interessate. Valutazioni basate sul modello econometrico della Banca d’Italia indicano che gli effetti di domanda degli interventi aggiuntivi del Piano potrebbero innalzare il livello del PIL dell’Italia fino a poco meno del 2,5 per cento nel 2024.

Il moltiplicatore medio associato a queste simulazioni, lievemente superiore all’unità, è coerente con interventi fortemente concentrati in aumenti degli investimenti pubblici; presuppone tuttavia che questi vengano attuati tempestivamente e che siano efficaci. Un effetto maggiore potrebbe essere ottenuto se gli investimenti accrescessero la redditività del capitale privato, incentivandone l’accumulazione e determinando valori più elevati del moltiplicatore. Sulla base di un modello che permette di considerare anche gli effetti di offerta dovuti alla complementarità tra i maggiori investimenti pubblici e il capitale privato, l’impatto sul prodotto potrebbe ampliarsi a circa il 3,5 per cento del Pil nel 2026; il conseguimento di questo risultato richiede tuttavia un’elevata efficienza del capitale pubblico.

Effetti sulla crescita di lungo periodo, oltre quelli inclusi in queste stime, sono conseguibili attraverso le riforme prefigurate nel Pnrr e attraverso i piani di incentivo alla ricerca e all’innovazione. Applicando la metodologia proposta in un recente lavoro in cui si stimano i risultati di alcuni precedenti interventi di riforma in Italia (cfr. il riquadro: Gli effetti delle riforme sulla produttività e sulla crescita: evidenze per l’Italia del capitolo 12), si può valutare che, su un orizzonte decennale, le misure contenute nel Pnrr riguardanti la concorrenza e la giustizia potrebbero determinare un aumento della produttività totale dei fattori (PTF) compreso tra circa l’1 e il 2 per cento, mentre gli incentivi per favorire la ricerca e l’innovazione contenuti nel piano nazionale Transizione 4.0 (finanziati per oltre 13 miliardi con i fondi del Dispositivo) potrebbero aumentare la PTF tra circa il 2 e il 3 per cento. Ciò potrebbe tradursi in un effetto sul livello del Pil compreso, nei dieci anni, tra circa 3 e 6 punti percentuali.

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