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Ecco come Mps, Mef, Caltagirone e Delfin pensano di sbancare Mediobanca

Che cosa emerge di nuovo dal prospetto informativo dell'Ops di Mps su Mediobanca

Dopo l’approvazione della Consob, il prospetto informativo dell’ops di Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca da oltre 13 miliardi di euro è stato pubblicato ieri sera. E come principale elemento, il documento contiene la soglia minima nel capitale di Mediobanca a cui punta Mps: cioè il 35%. L’obiettivo in teoria è quello del 66,7%, ma l’istituto di Siena guidato dall’amministratore delegato, Luigi Lovaglio, può anche rinunciarvi. L’offerta pubblica di scambio durerà in tutto 40 giorni, il massimo consentito, per raggranellare più possibile.

MPS NON ESCLUDE FUSIONE CON MEDIOBANCA

Nel prospetto dell’ops, il Monte non ha escluso un’eventuale fusione per l’incorporazione di Mediobanca in futuro. In caso di perfezionamento dell’offerta, l’istituto intende procedere al delisting del titolo Mediobanca e “indipendentemente da questo atto Mps non esclude di poter valutare in futuro la realizzazione di eventuali operazioni straordinarie e o di riorganizzazione societaria e aziendale, che dovessero essere ritenute opportune, in linea con gli obiettivi e le motivazioni dell’offerta, ivi inclusa l’eventuale fusione per incorporazione di Mediobanca in Banca Mps o in altra società del gruppo Mps”. Comunque, fa sapere sempre il Monte, attualmente non sono state prese ancora decisioni in merito.

OBIETTIVI MINIMI E MASSIMI DELL’OPS DI MPS

In partenza, il 35% Mps potrebbe già essere a portata di mano, tra l’adesione di Delfin, l’holding finanziaria della famiglia Del Vecchio, con il 19,9% e del gruppo Caltagirone con il 9,9%, più quelle probabili degli enti previdenziali (più o meno con il 5%). Se anche Edizione, dei Benetton, con il 2,2% salirà a bordo il gioco è presto che fatto. Ma sarà solo un punto di partenza.

DOSSIER DTA

“Se Siena non arriverà subito al 51% di Mediobanca i tempi di impiego delle Dta (i benefici fiscali), le sinergie e gli obiettivi strategici dell’offerta saranno realizzabili anche se con possibili variazioni e ritardi nella loro implementazione, mentre non potrà essere accelerato l’utilizzo dei crediti fiscali facendoli valere anche sul bilancio di Mediobanca”, spiega oggi il Corriere della Sera, citando anche il documento. Aggiungendo: “I benefici delle Dta «saranno comunque conseguiti, ancorché in un arco temporale più lungo» che terminerebbe nel 2036, con un utilizzo annuo medio per 300 milioni anziché per i 500 milioni previsti con il superamento del 50%”.

L’INTERVISTA DI LOVAGLIO

A confermare i piani di Mps è stato il suo amministratore delegato, Luigi Lovaglio, in un’intervista rilasciata oggi al Sole 24 Ore: “Siamo certi di portare a termine l’operazione”. Spiegando anche la questione della soglia minima che “ha una natura prettamente tecnica. E il 35% rappresenta un livello che riteniamo ci consentirebbe di esercitare comunque il controllo di fatto”.

Rispetto ai possibili rischi di esecuzione, Lovaglio poi tira dritto. Non vedendo “alcuna difficoltà” in un progetto “che ha una forte ratio industriale e finanziaria, con una visione chiara e innovativa, che genera benefici tangibili per tutti”.

L’INCOGNITA PROCURA DI MILANO

Sullo sfondo resta l’inchiesta giudiziaria aperta dalla Procura di Milano sulla parziale privatizzazione gestita da Banca Akros, scelta dal Mef (socio di Mps) e l’indagine europea.

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