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Abi Sindacati

Le banche non rispettano sempre le circolari Abi

Le circolari con cui Abi indica alle banche di non adoperare i prestiti previsti dal dl Liquidità per ripianare affidamenti precedenti non sempre sono seguite alla lettera dagli istituti. Le parole di Ghisolfi (Abi) e l'analisi della commissione parlamentare sul sistema bancario

L’Associazione bancaria lo ha scritto nelle circolari, continua a ripeterlo ma c’è ancora qualche istituto di credito che se ne infischia. Stiamo parlando dei prestiti da 25mila con garanzia statale previsti dal decreto Liquidità (decreto legge n. 23 dell’8 aprile 2020) per aiutare le imprese in difficoltà a causa del lockdown e della crisi scatenata dalla pandemia. Oltre alla poca chiarezza a riguardo, per cui c’è chi si reca in banca e pensa che l’affidamento scatti in automatico, ci sono alcuni imprenditori che si son visti concedere il prestito che è stato però utilizzato per ripianare affidamenti precedenti. Un’azione che l’associazione bancaria non ammette anche perché queste risorse devono essere rimborsate, come stabilito dal decreto, a partire dai 24 mesi successivi all’erogazione.

Una condotta che, oltre ad essere in conflitto con le indicazioni del governo e dell’Abi, complica ancora di più le cose per tanti piccoli imprenditori che hanno bisogno di liquidità immediata per non chiudere l’attività.

I CASI DISCUSSI

Nella puntata di lunedì 25 maggio della trasmissione “L’aria che tira”, su La 7, è stato mandato in onda un servizio con tre diverse storie. Nella prima si parlava di un locale a Milano, con 7 dipendenti in cassaintegrazione. Al suo gestore la banca non ha permesso di accedere alla richiesta di 10mila euro, nonostante un 2019 chiuso in attivo, perché i dati di bilancio precedenti al dl Cura Italia non permettevano di dare seguito alla richiesta. E fin qui, per quanto complichi – e non di poco – la vita al piccolo imprenditore ci si può stare perché la banca non è obbligata a concedere il prestito e deve effettuare un’istruttoria.

Ma sono le due successive esperienze che violano i dettami dell’Abi. In un caso un cliente ha raccontato di aver chiesto 25mila euro ma di questi 11mila sono stati usati dall’istituto per chiudere un affidamento bancario e altri 2.700 euro per coprire la rata di febbraio ma non si specifica per quale prestito precedente. Nell’altro caso, invece, a un imprenditore – estratto conto alla mano – il 12 maggio sono stati erogati 25mila euro che però sono andati a finire direttamente nel fido.

COS’HA DETTO GHISOLFI

Chiamato a commentare le vicende Beppe Ghisolfi, consigliere esecutivo Abi, ex vicepresidente dell’associazione bancaria e dell’Acri, e attuale vicepresidente e tesoriere del Gruppo Europeo delle Casse di Risparmio, è stato chiaro: “Questa è una cosa che non si può fare, se qualche banca lo ha fatto deve correggere immediatamente questa posizione” in quanto la “compensazione fra un conto precedente e questo affidamento eventuale non è possibile. L’Abi è stata chiarissima, ha invitato le banche a non farlo”. Del resto, ha evidenziato Ghisolfi, “in Italia ci sono 520 istituti: di questi alcuni sono efficienti, alcuni meno efficienti, ci sono quelli che fanno le cose per bene e quelli che approfittano di decreti scritti con i piedi”

Il consigliere esecutivo di Palazzo Altieri ha poi voluto sgombrare il campo da due equivoci. “E’ stata fatta grande confusione su due punti: si è confuso garanzie dello Stato con liquidità. Le garanzie scatteranno quando chi ha avuto accesso andranno in default. Altra confusione che si è fatta è quella sull’automatismo. Nel decreto Liquidità non si parla di automatismo dell’affidamento che riguarda invece la garanzia”. Insomma “quando Conte dice alle banche fate un atto d’amore dovrebbe dire rispettate le regole ma le banche dovrebbero dire che proprio rispettando le regole si crea questo caos”.

Insomma, in conclusione, “l’Abi ha dato un’indicazione, non può imporsi con la forza”.

LE CIRCOLARI DELL’ABI

Ma dove sono scritte queste indicazioni?

Per la prima volta Palazzo Altieri lo fa in una circolare datata 20 aprile. All’interno del Manuale operativo “Garanzia dello Stato su finanziamenti concessi dalle banche” si specifica che sono ammessi a garanzia nuovi finanziamenti che siano “destinati a sostenere costi del personale, investimenti (escluse le acquisizioni di partecipazioni societarie) o capitale circolante per stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali localizzati in Italia. Non sono ammesse operazioni di rifinanziamento”.

In una successiva circolare, il 24 aprile, l’Abi scrive testualmente: “I finanziamenti devono prevedere che l’inizio del rimborso del capitale non avvenga prima di 24 mesi dall’erogazione e abbiano una durata fino a 72 mesi; l’importo non sia superiore al 25 percento dell’ammontare dei ricavi del soggetto beneficiario, come risultante dall’ultimo bilancio depositato o dall’ultima dichiarazione fiscale presentata alla data della domanda di garanzia ovvero, per i soggetti beneficiari costituiti dopo il 1° gennaio 2019, da altra idonea documentazione, come autocertificazione (comunque l’importo del finanziamento non può essere superiore a 25.000 euro). Pertanto – si sottolinea -, la norma prevede espressamente che la garanzia venga rilasciata a fronte di nuovi finanziamenti”.

E poi, tanto per essere ancora più chiari: “Si ha un nuovo finanziamento quando, a seguito della concessione del finanziamento coperto da garanzia, l’ammontare complessivo delle esposizioni del finanziatore nei confronti del soggetto finanziato risulta superiore all’ammontare delle esposizioni detenute alla data di entrata in vigore del decreto, corretto per le riduzioni delle esposizioni intervenute tra le due date in conseguenza dal regolamento contrattuale stabilito tra le parti prima dell’entrata in vigore del decreto legge ovvero per decisione autonoma del soggetto finanziato”.

Anche la parte successiva è tesa a corroborare quanto detto in precedenza perché si rileva che “il finanziamento prevede espressamente tra le sue caratteristiche che, per essere eleggibile per la garanzia del 100%, l’inizio del rimborso del capitale non avvenga prima di 24 mesi dall’erogazione” e dunque “tale finanziamento non può essere utilizzato per compensare alcun prestito preesistente, sia nella forma di scoperto di conto sia in altra forma di prestito. La compensazione determinerebbe un avvio del rimborso del capitale prima dei 24 mesi, facendo decadere la garanzia”. Una compensazione che non può avvenire mai perché appunto “l’utilizzo del nuovo finanziamento per ridurre una esposizione preesistente determinerebbe un avvio del rimborso del prestito prima del termine dei 24 mesi”.

LA PRECISAZIONE DELLA COMMISSIONE BANCHE

In un documento intitolato “Monitoraggio attuazione decreti con garanzie” la commissione bicamerale d’inchiesta per il sistema bancario e finanziario spiega l’ambito di applicazione dell’intervento attraverso il Fondo Centrale di Garanzia per le PMI e spiega che in base alla normativa dei decreti Cura Italia e Liquidità il Fondo “può concedere garanzie solo su nuovi crediti, che non possono quindi essere condizionati dalla banca all’estinzione di passività pregresse”.

La commissione ricorda pure che, come rilevato durante l’audizione del ministero dell’Economia e delle Finanze del 29 aprile, “in risposta a segnalazioni di prassi diverse attuate dalle banche questa regola generale conosce due eccezioni”. Si tratta del caso in cui si ha la “possibilità di rinegoziare i debiti preesistenti, salva comunque l’erogazione di un nuovo credito per almeno il 10% dell’accordato esistente”. Nell’audizione, rileva, “è stato dichiarato che tale fattispecie ha riguardato, nella prima fase applicativa, solo il 2,4% delle domande pervenute al Fondo” che corrisponde al 4,3% in termini di importo finanziato.

Altro caso che fa eccezione riguarda le “operazioni perfezionate ed erogate da non oltre 3 mesi dalla data di presentazione della richiesta, in data successiva al 31 gennaio 2020, dovendo il finanziatore applicare al soggetto beneficiario una riduzione del tasso di interesse sul finanziamento garantito per effetto della sopravvenuta concessione della garanzia, trasferendo così il vantaggio della garanzia pubblica sul beneficiario finale”.

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