Caro direttore,
non pensavo che fossi diventato in pochi giorni un agit-prop del più sinistro sindacalismo di base, eppure i giornali più di sinistra in cui hai lavorato sono stati mi pare Il Foglio di Giuliano Ferrara e Il Mondo del gruppo Rizzoli-Corriere della sera (dove l’unico editorialista era Enrico Mentana), non proprio degli organi di stampa rivoluzionari.
Eppure il dubbio mi è sorto leggendo l’articolo di Start Magazine titolato così: “Alitalia, ecco la prima tegola giudiziaria per Ita Airways“. Nel quale, oltre ad aver pubblicato il dispositivo del tribunale del lavoro di Roma, si dà conto di commenti e reazioni dal quotidiano comunista Il Manifesto e di sindacalisti stile Cub. Mancava forse qualche informazione di contesto e di contorno.
Magari questa mia letterina può contribuire ad elevare il tasso di approfondimento.
Dunque. Un giudice del Lavoro di Roma ha deciso che 77 ex dipendenti di Alitalia dovranno essere assunti da Ita Airways (controllata dal ministero dell’Economia e in via di privatizzazione con l’ingresso di Lufthansa) perché è stata «accertata la sussistenza del trasferimento di ramo d’azienda» tra la vecchia e la nuova compagnia. Non sono gli unici ad aver fatto causa. Altri 1.100 ex impiegati di Alitalia hanno citato in giudizio Ita.
Eppure – faccio sommessamente ricordare – la Commissione Ue ha approvato l’operazione dei governi italiani con Ita proprio perché c’era una cesura netta fra Alitalia e la nuova compagnia. Insomma: non doveva essere una cessione di ramo di azienda, come in effetti è avvenuto, ma che invece il giudice del lavoro pensa che doveva esserci. Leggeremo la sentenza quando sarà pubblicata, ma mi sorge il dubbio sulla capacità di consultare e cercare materiale di archivio legislativo e regolamentare in alcuni uffici giudiziari.
Altro aspetto di contesto che potresti far verificare e controllare. I signori che hanno fatto causa, patrocinati anche da alcune di quelle organizzazioni sindacali che hanno contribuito – insieme a politici pasticcioni e manager inetti – allo sfascio di Alitalia (costato alle casse pubbliche ossia a tutti “12,6 miliardi in 45 anni”, secondo una stima del Sole 24 ore), si compongono di due sottogruppi: molti non hanno chiesto di andare in Ita, stanno prendendo la cassa integrazione e nel frattempo hanno fatto causa per essere assunti in Italia; e ci sono anche alcuni – a quanto mi risulta – che hanno detto di no all’assunzione in Italia, hanno preso la Cig (in alcuni casi del medesimo importo dello stipendio che avrebbero preso come dipendenti di Ita) eppure si sono rivolti al tribunale del lavoro.
Risultato della decisione del giudice del lavoro? Ecco quello che leggo sul Corriere della sera: “Le conseguenze dirette sono molto limitate. Ma potenzialmente le ricadute possono essere importanti. Nello scenario più estremo (oltre mille persone da assumere) Lufthansa potrebbe ritirarsi dall’accordo con il Tesoro per il rilancio di Ita, come ha detto al Corriere il presidente del vettore Antonino Turicchi. E il futuro dell’aviolinea verrebbe messo in pericolo. Negli ambienti del ministero dell’Economia, azionista unico di Ita, sono determinati ad andare avanti con i tedeschi per dare un futuro all’azienda. Non prevedono piani alternativi. Bollano come «incomprensibile» la decisione del giudice — contro la quale sarà fatto ricorso — soprattutto perché sono stati svolti tutti i passaggi per ottenere la discontinuità con Alitalia come chiesto dall’Antitrust Ue. «Incomprensibile» anche perché le precedenti sentenze (prima dell’accordo con Lufthansa) erano state di senso opposto. Chi segue il dossier non fa troppi giri di parole. Se l’ultimo pronunciamento dovesse consolidarsi nei successivi gradi di giudizio e venire adottato dalle altre vertenze a Ita non resterebbe che portare i libri in tribunale”.
Ecco perché non comprendo il giubilo che ho trovato nei commenti e nelle reazioni nel pezzo di cronaca di Start Magazine.
A meno che tu non ti sia iscritto nel frattempo a Potere al Popolo, il movimento politico di Giorgio Cremaschi, ex leader della Fiom, che imperversa nei salotti de La7.
Cordiali saluti
Francis Walsingham
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Caro Francis,
ho letto la tua missiva quando già avevo pubblicato questo pezzo con il ruvido commento dell’economista Giuricin sulla decisione del giudice del lavoro. C’è il momento della mera cronaca e c’è il momento del successivo approfondimento: si chiama semplicemente giornalismo. Grazie di tutto e alla prossima (graditissima) letterina. Cordiali saluti. (M.A.)