Il Lucky Saint nel centro di Londra sembra un pub come tanti altri. Grandi botti di legno fungono da tavoli. I baristi spillano pinte di birra. Ma questo non è un locale come gli altri. Anche se si servono alcolici, circa il 15% delle vendite riguarda il Lucky Saint, il marchio di birra analcolica proprietario del locale. Gli altri avventori sorseggiano allegramente cocktail analcolici e spumante. “Qualche anno fa, la gente era solita fare una dieta detox a gennaio”, dice Nate Roberts, uno dei gestori, “ma ora lo vediamo 365 giorni all’anno”.
Per l’industria delle bevande, questi sembrano essere tempi difficili. I politici americani, britannici e di altri paesi stanno promuovendo l’idea che non esista un “livello sicuro” di consumo di alcol. I consumatori temono che l’alcol faccia male al loro portafoglio oltre che alla loro salute, specialmente i giovani, che bevono meno rispetto alle generazioni precedenti. Non c’è da stupirsi che gli investitori affermino che l’industria sta vivendo un “momento tabacco”: a giudicare dal rapporto tra il prezzo delle azioni e gli utili, Diageo, Pernod Ricard e Rémy Cointreau, tre dei principali produttori di alcolici, hanno una valutazione inferiore a quella della British American Tobacco. L’elenco dei motivi di preoccupazione è certamente lungo. Ma il bicchiere del settore è più pieno di quanto si possa pensare – scrive The Economist.
QUESTIONE DI SALUTE…
Cominciamo con le crescenti preoccupazioni per la salute. L’anno scorso l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha classificato l’alcol insieme al tabacco, ai combustibili fossili e agli alimenti ultra-trasformati come principali cause di malattie non trasmissibili in Europa. Poi il segretario alla Sanità americano ha pubblicato un avviso in cui sottolineava il legame tra consumo di alcol e cancro. I consumatori sembrano prestare attenzione: in un recente sondaggio Gallup condotto su adulti americani, solo il 54% degli intervistati ha dichiarato di bere alcolici, la percentuale più bassa registrata dall’azienda in quasi 90 anni di sondaggi. La maggior parte ha affermato che anche solo uno o due drink al giorno fanno male alla salute.
… E DI PORTAFOGLIO
I fattori economici hanno contribuito a smorzare l’entusiasmo dei due maggiori mercati dell’alcol. Nella Cina in fase di rallentamento, le persone spendono meno per molte cose, dalle borse di lusso alle serate fuori. In America, i dazi del presidente Donald Trump hanno aumentato il costo delle importazioni di cognac e Guinness. Diageo (che produce la Guinness) stima che i nuovi dazi le costeranno circa 200 milioni di dollari all’anno e ha abbandonato il suo obiettivo di crescita delle vendite, in parte a causa dell’incertezza sulla politica commerciale. Rémy Cointreau, suo concorrente minore, prevede un impatto di 30 milioni di euro (35 milioni di dollari) dovuto ai nuovi dazi e alle misure antidumping cinesi.
IL CALO POST-PANDEMIA E L’ASCESA NEI MERCATI EMERGENTI
I dati di IWSR, una società di ricerca, mostrano che il consumo globale di alcolici è diminuito drasticamente in termini di volume dopo i lockdown dovuti al Covid-19, quando molti hanno iniziato a bere per passare il tempo. Il consumo di birra è rimasto pressoché invariato negli ultimi cinque anni, mentre la domanda di vino e superalcolici è diminuita.
Ma il settore è ben lungi dall’essersi prosciugato. La spesa per le bevande ha continuato ad aumentare. I prezzi sono cresciuti più lentamente dell’inflazione generale, ma le persone sono passate a bevande più costose. Secondo l’IWSR, quest’anno saranno spesi circa 1.200 miliardi di dollari. E anche se i consumatori occidentali sono più moderati, quelli dei mercati emergenti stanno diventando più assetati. Alcuni analisti vedono ora un’opportunità di acquisto nelle azioni del settore alcolico.
L’ipotesi che la tendenza alla sobrietà, più evidente in America, diventerà globale appare discutibile. Le stime della Deutsche Bank suggeriscono che il consumo di alcolici è in aumento in diversi mercati emergenti, tra cui India, Sudafrica e Brasile. […]
PERCHÉ I GIOVANI BEVONO MENO
In Occidente, il settore è preoccupato dal fatto che i giovani bevono meno rispetto alle generazioni precedenti. Secondo Marcel Marcondes, direttore marketing di AB InBev, si è trattato di un effetto a breve termine dei lockdown dovuti al Covid-19, che hanno reso difficile socializzare, e di un mercato del lavoro debole, che ha lasciato i giovani al verde.
In un sondaggio IWSR, la percentuale di intervistati della Generazione Z al di sopra dell’età legale per bere alcolici che ha dichiarato di aver consumato alcolici negli ultimi sei mesi è balzata al 73% a marzo di quest’anno, dal 66% di due anni prima. Marcondes ritiene che questa generazione stia crescendo molto più tardi rispetto ai propri genitori: “I 25 anni sono i nuovi 21”, aggiunge.
GUSTI CHE CAMBIANO
Piuttosto che astenersi completamente, le persone stanno bevendo in modo diverso. I cocktail premiscelati, ad esempio, stanno andando a ruba nei supermercati. Un’analisi della Deutsche Bank suggerisce che il consumo pro capite di superalcolici è diminuito nella maggior parte dei mercati negli ultimi cinque anni, ma per quanto riguarda le opzioni premiscelate (spesso miscele di superalcolici e bevande zuccherate) è vero il contrario. Julian Braithwaite, capo dell’International Alliance for Responsible Drinking, un gruppo senza scopo di lucro finanziato dall’industria, ritiene che alcune persone “bevano meno ma meglio”. Si pensi ai giovani hipster che sorseggiano costose birre artigianali o vini naturali.
IL BUSINESS DELLE BEVANDE ANALCOLICHE
Anche gli astemi possono essere una fonte di guadagno. I grandi marchi hanno investito molto nelle varietà analcoliche: Heineken 0.0 ha sponsorizzato la Formula 1 e Guinness 0.0 sostiene il torneo di rugby Six Nations. Le vendite globali di birra analcolica e a bassa gradazione alcolica raggiungeranno quest’anno i 28,6 miliardi di dollari, secondo le previsioni della società di ricerche Euromonitor, con un aumento di oltre l’11% rispetto al 2024. E al Lucky Saint di Londra, i clienti pagano 6,70 sterline (9 dollari) per una pinta analcolica, più o meno lo stesso prezzo di una pinta tradizionale.
(Estratto dalla rassegna stampa estera a cura di eprcomunicazione)






