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Le 10 domande che i candidati alla segreteria del Pd non si pongono su lavoro, tasse, Europa. Il commento di Cazzola

Sarà in grado il Pd di raccontare al Paese delle cose che non ha il coraggio di confidare nemmeno a se stesso? Il commento di Giuliano Cazzola

In gara per la segreteria del Pd, alle ‘’primarie’’, ci saranno – per ora – quattro candidati ufficiali e tre outsiders. Tutti uomini. Nessuna donna, anche se mi auguro – perché la conosco e la stimo – che scenda in campo Teresa Bellanova.

Prendiamo – per ora – in considerazione le performance dei candidati ufficiali tutti protesi ad evocare il cambiamento. Cominciamo da Nicola Zingaretti, il primo a scendere in lizza. Per raccogliere le sue parole d’ordine il governatore del Lazio ha saccheggiato un negozio di vintage. Ha voluto chiamare ‘’Piazza grande’’ l’area che lo ha assunto come riferimento. È lo stesso titolo di una celebre canzone di Lucio Dalla, scritta nel 1979. Il testo non evoca battaglie vittoriose, ma una vita di sconfitte, accettate come tali dal protagonista:

‘’Santi che pagano il mio pranzo non ce n’è/ Sulle panchine in Piazza Grande/
Ma quando ho fame di mercanti come me qui non ce n’è’’.

Anche Pier Luigi Bersani affrontò le elezioni del 2013 brandendo una canzone di Vasco Rossi (“Voglio trovare un senso a questa storia”) dimenticando che il verso successivo conteneva un presagio funesto (“Anche se questa storia un senso non ce l’ha”). E non gli portò fortuna.

Ma il vice commissario Montalbano non si accontenta. E si lancia in un maestoso ‘’il domani appartiene a chi ha il coraggio di inventarlo’’. Molto bello. Peccato che ricordi una canzone, di tono messianico, di David Bowie dei primi anni ’80 (‘’Il futuro appartiene a chi lo sente arrivare’’). Poteva mancare poi il vecchio proverbio, ripetuto miliardi di volte, che noi prendiamo il mondo in prestito dai nostri figli e non lo ereditiamo dai nostri padri?

E’ senza dubbio più innovativo Matteo Richetti che ha chiamato Harambee il gruppo dei suoi sostenitori. A chi gli chiede il significato di quella parola risponde che è l’invito rivolto ai passeggeri dagli autisti dei bus kenyoti, per spingere ‘’tutti insieme’’ la vettura fuori dal fango in cui è rimasta intrappolata. Era proprio necessario arrivare fino in Kenya per trovare una parola d’ordine? Non era sufficiente una traduzione in italiano?

Immaginiamo, poi, che vi siano tanti luoghi al mondo dove gli autisti esortano i passeggeri a spingere il bus. Pensate a come sarebbe stato appropriato, nel 70° anniversario del fumetto di Tex Willer, un bel ‘’Vamos amigos’’. Oppure un esortativo ‘’tous énsemble’’; ovviamente senza scomodare Macron, ma riferendolo ad un autista senegalese francofano.

Visto, poi, che è in corso un processo di rivalutazione di Jeremy Corbyn perché Richetti non ha pensato ad un ‘’all togheter’’ che, peraltro sarebbe andato bene anche in un Paese, già colonia inglese, come il Kenya?

Già Jeremy Corbyn. Maurizio Martina, l’ultimo in ordine di tempo a candidarsi ufficialmente, ha citato il leader laburista durante il suo discorso in Piazza del Popolo, come se volesse affermare che, con Tony Blair il discorso è chiuso. Quando ha cercato di proporre una contro-finanziaria gli ha rubato la scena Matteo Renzi, esibendo Pier Carlo Padoan alla Leopolda.

Tutti vogliono scrollarsi di dosso la nomea di essere diventati rappresentanti della famigerata èlite e ripudiano i voti ricevuti nei centri storici e nei quartieri alti. Presto vedremo i candidati alla segreteria organizzare cerimonie di lavaggio dei piedi a residenti nelle periferie delle grandi città. Marco Minniti, addirittura, sintetizza il suo programma così: ‘’Basta aristocrazia. La sinistra è per i deboli’’.

Non ci eravamo accorti che i dirigenti del Pd si comportassero come i borghesi che, dopo l’Unità d’Italia, facevano carte false pur di sciorinare un titolo nobiliare acquistato in una svendita a buon mercato di sangue blu. Ma, di grazia, in che cosa dovrebbe consistere questo ‘’cambiamento’’ che tutti auspicano? Quali politiche erano sbagliate? Facciamo degli esempi.

Il Pd ha sbagliato ad approvare il jobs act? Con quel grappolo di norme ha modernizzato il diritto del lavoro o ha privato i lavoratori di diritti fondamentali tanto da aver tradito – come è stato accusato – la sua natura di partito di sinistra?

Ha sbagliato a difendere la sostanza della riforma Fornero delle pensioni, dribblando i problemi con il pacchetto Ape, oppure doveva seguire le indicazioni di Cesare Damiano (altro possibile candidato alla segreteria), anticipando così quanto il governo giallo-verde vuole fare adesso con quota 100?

E nella legge sulla ‘’Buona scuola’’ dove stava l’errore? Nell’aver stabilizzato decine di migliaia di insegnanti senza che ve ne fosse la necessità e senza risolvere i problemi della precarietà (perché le scuole hanno dovuto assumere supplenti per coprire le cattedre dei titolari imboscati per evitare il trasferimento); oppure nell’aver attribuito dei nuovi poteri ai dirigenti, anche per quanto riguarda i riconoscimenti di carattere economico, nel contesto di una maggiore autonomia scolastica?

E che dire della riforma della Costituzione in parallelo con l’Italicum? Era un progetto innovativo o un assalto al potere costituito?

Ha sbagliato Matteo Renzi a fare il galletto con le istituzioni europee privando l’Italia di ogni autorevolezza ed aprendo così un’autostrada alle forze nazionalpopuliste? O ha sbagliato Paolo Gentiloni a ricucire i rapporti e a riportare il governo su di un piano di correttezza e collaborazione con i partner dell’Unione? Hanno sbagliato i candidati del Pd nei collegi di periferia a rifiutarsi di fare campagna elettorale (perché era questa la condizione per prendere voti) con gli slogan ‘’fuori i negher’’ e ‘’ruspe nei campi rom’’?

Hanno sbagliato gli esecutivi della passata legislatura quando hanno promosso, in un quadro di programmi di collaborazione europea, iniziative finalizzate a salvare delle vite umane nel Mediterraneo, tanto che adesso si guarda con interesse alla candidatura di Minniti perché competitiva nei confronti di Matteo Salvini (lo sceriffo buono vs quello cattivo) in una linea di rigore nel settore delicato dell’immigrazione?

Tante altre domande potrebbero essere poste, soprattutto in materia di politica economica, allo scopo di capire quale sarà la direzione di marcia del Pd in un Congresso che, nelle intenzioni e negli auspici, si annuncia di portata palingenetica. Come se dipendesse da quell’assise reinventare il socialismo.

Ma sarà in grado il partito di raccontare al Paese delle cose che non ha il coraggio di confidare nemmeno a se stesso?

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