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Smart Working

Smart working, tutti i problemi della direttiva nel pubblico impiego

L'intervento di Francesco Alberto Comellini, attivista e membro del comitato tecnico scientifico dell'Osservatorio Permanente sulla Disabilità.

La direttiva 29 dicembre 2023 sul lavoro agile del Ministro per la Pubblica Amministrazione, Zangrillo in materia di smart working, sebbene positivamente giunta in extremis allo scadere dei termini già precedentemente prorogati dal Governo, al di là delle problematiche di fondo che ne potrebbero minare la concreta attuazione (mancanza di fondi soprattutto per la scuola) pone un problema non da poco, sia ai dirigenti chiamati ad attuarla sia, soprattutto, a tutti quei lavoratori addetti a funzioni non smartabili o non riconvertibili.

IL SETTORE PRIVATO VALORIZZA LO SMART WORKING; IL PUBBLICO, NO

Come suggerito dal Ministro Zangrillo in una recente intervista su un quotidiano nazionale, occorre valutare caso per caso.

Ed allora ecco le criticità attuative che potrebbero intravedersi e che rischiano di alimentare situazioni anche di conflittualità interne ai luoghi di lavoro nel pubblico impiego. Il settore privato è un modo a parte che ha compreso e valorizzato, volendo sintetizzare, il lavoro da remoto come elemento di benessere del lavoratore e di concreto risparmio sui costi aziendali. Nel settore privato poi, a differenza di quello pubblico, sono riconosciuti sia il buono pasto, sia il contributo alla connessione internet.

COSA DICE LA DIRETTIVA DEL 29 DICEMBRE

Tornando alla direttiva in premessa, occorre chiedersi se il dirigente chiamato a darvi attuazione voglia e possa, avendone anche le competenze adeguate, valutare caso per caso ed assumere una decisione tanto delicata.
Infatti, il testo firmato dal Ministro chiude “sarà, pertanto, il dirigente responsabile a individuare le misure organizzative che si rendono necessarie, attraverso specifiche previsioni nell’ambito degli accordi individuali” e dunque autorizzare o meno il lavoratore fragile ad effettuare la prestazione in smart working.

Bisogna domandarsi ora se il “dirigente responsabile” in questione sia pronto ad assumere su di sé anche l’onere di una decisione che, in un senso o nell’altro, potrebbe poi rivelarsi sbagliata.

Infatti, se lo smart working viene negato, ed il diniego dirigenziale dovesse concorrere al peggioramento delle condizioni di salute del lavoratore fragile (che magari rientra tra le categorie definite ai sensi del DM 4 febbraio 2022) questi potrebbe agire nelle sedi opportune per la tutela del proprio diritto alla salute, che è certamente prevalente rispetto ad altri elementi della valutazione di organizzazione degli uffici che non sono costituzionalmente tutelati al pari della salute individuale. Per contro, se il dirigente decide di non rischiare un contenzioso e porre il lavoratore fragile, o dichiarato tale (il dirigente non può visionare la documentazione sanitaria redatta dal medico competente perché coperta dalla tutela della privacy) in smart working, ed il discorso vale soprattutto per la scuola, la Ragioneria dello Stato potrebbe contestargli di aver nominato un supplente senza avere i fondi ad hoc o di averli distratti da altre voci di bilancio, incidendo sull’erogazione del servizio. Nel peggiore dei casi il sistema di incertezza tra il “sì” o il “no” allo smart working, rischia di far deragliare la Pubblica Amministrazione alimentando una caccia alle “streghe (fragili)” mandate tutte al patibolo degli accertamenti medici e di idoneità. Quest’ultimo però sarebbe un altro tipo di problema da evitare assolutamente.

Per quanto mi consta, come ha ben detto anche il Ministro Zangrillo, la pandemia è finita e a mio avviso si deve tornare alla normalità, non possiamo certo prorogare oltre quelle soluzioni che, in epoca pandemica, hanno egregiamente consentito alla Pubblica Amministrazione di garantire efficienza ed efficacia nell’erogazione dei servizi al Cittadino ma, proprio per evitare situazioni che potrebbero alimentare il contenzioso, ora occorre trovare una soluzione Governativa stabile e duratura al delicatissimo tema delle tutele dei lavoratori fragili che non può essere né l’ennesima proroga né il caricare la dirigenza pubblica di un onere che non le competerebbe e che, senza porre in campo le necessarie risorse soprattutto per il comparto scuola, rischia di essere difficile, se non impossibile, da realizzare.

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