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Settore Metalmeccanico

Non solo ex Ilva: tutte le crisi del settore metalmeccanico. Report Fim Cisl

Cosa dice il rapporto della Fim Cisl sulla crisi delle aziende del settore metalmeccanico. Fatti, numeri e approfondimenti

“Nell’ultimo semestre 2023 la situazione del settore resta sostanzialmente invariata, con un aumento di +1200 lavoratori metalmeccanici coinvolti a vario titolo in crisi legate al settore metalmeccanico (finanziaria, di settore e transizione, legate alla carenza di materie prime e alle tensioni geopolitiche e guerre): siamo passati da 83.617 lavoratori coinvolti al 31 giugno 2023 a 84.817 del 31 dicembre 2023. Un segnale che fa il paio con i dati ISTAT che registrano un calo della produzione industriale e una frenata del PIL nell’ultimo trimestre dell’anno”.

È quanto rileva un report della Fim Cisl sullo stato delle crisi aziendali nel settore metalmeccanico.

IL RALLENTAMENTO DEL SETTORE METALMECCANICO

“Per quanto riguarda il settore metalmeccanico, quello che emerge dal report è un quadro che, seppur all’interno di una situazione complessivamente dinamica del settore nel corso del 2023, a fine anno, comincia a manifestare segni di rallentamento. Le sofferenze finanziarie dovute al costo del denaro continuano a pesare in maniera importante nonostante nell’ultima parte dell’anno i tassi siano rimasti invariati, a queste però continua a pesare, la difficile gestione della transizione green ed energetica di molte aziende, in particolare nei settori dell’automotive e della siderurgia. Permane la crisi di materie prime innescata da prima dalla pandemia, e poi dalla guerra in Ucraina a cui si è aggiunta a fine anno la guerra tra Israele e Hamas dopo la strage del 7 ottobre 2023 da parte di Hamas, che ha innescato una crisi politica in tutta l’area Medio-Orientale sfociata a inizio del 2024 con il blocco del Canale di Suez che rischia di aggravare pesantemente la situazione nel corso dell’anno”, prosegue il report.

L’IMPATTO DELLA GUERRA IN UCRAINA, ANCORA

In alcune regioni, in particolare Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia continuiamo a registrare, nonostante siano passati due anni, gli effetti derivanti dal conflitto tra Russia ed Ucraina, concentrati in particolare nei settori legati ai serramenti, macchinari e impiantistica industriale.

Continua, anche se attenuata rispetto al semestre precedente, oltre che la carenza, il costo delle materie prime, messa in moto dalla pandemia prima, e dalla guerra della Russia contro l’Ucraina e che rischia di acutizzarsi con le tensioni in Medio-Oriente.

LE DELOCALIZZAZIONI

Fim Cisl registra poi “rispetto al semestre precedente la risalita (circa +1000 lavoratori in più coinvolti rispetto al 1° semestre dell’anno) nelle delocalizzazioni. Si tratta per lo più di aziende implicate nella transizione green del settore dell’automotive che decidono di spostare e concentrare le produzioni di componentistica in altri paesi.

LA RISTRUTTURAZIONE DEL COMPARTO ELETTRODOMESTICI

Sempre nel comparto automotive è ancora non del tutto risolta la penuria di semiconduttori e componentistica. Mentre il settore dell’elettrodomestico è alle prese con una ristrutturazione che sta interessando ormai da diversi anni tutti i siti presenti nel nostro Paese, ultimo in ordine temporale Electrolux che ha annunciato a inizio 2024 un piano di ristrutturazione che prevede 375 esuberi in tutti i siti italiani.

LA TRANSIZIONE VERDE NEL SETTORE METALMECCANICO

Restano seppur attenuate rispetto alla prima parte del 2023, situazioni di fermo produttivo di laminatoi e fonderie dovuti per la maggior parte agli aumenti del costo dell’energia e carenza di materie prime, calano leggermente le commesse, soprattutto quelle legate al comparto edile. Resta attenzionata la situazione del settore termomeccanico alle prese anche questo, con la transizione green e le nuove regole UE sul settore della termomeccanica. A tal proposito è stato aperto nel mese di dicembre, il primo tavolo della termomeccanica per cercare di anticipare e avviare politiche industriali di sostegno alla transizione dell’industria legata al riscaldamento, alla climatizzazione e alla refrigerazione.

Per quanto riguarda l’automotive, nonostante la ripresa del mercato dopo 4 anni di calo delle vendite, continua a preoccupare sul piano occupazionale la scelta di fermare la produzione dei motori endotermici nel 2035 in tutt’Europa. Una scelta che impatta sull’indotto di componentistica in cui il nostro Paese è tra i maggiori produttori ed esportatori in Europa, legato ai motori endotermici (dalle aziende produttrici di marmitte a quelle di pompe diesel). Positivo l’avvio dopo anni, del tavolo dell’automotive il 6 dicembre scorso. È un primo passo ma il nostro Paese resta quello in maggiore ritardo in Europa rispetto alla gestione della transizione green di questo importante settore che coinvolge oltre 256 mila lavoratori diretti e su cui ci aspettiamo che il tavolo avviato riesca a dare già nella prima parte dell’anno delle risposte per provare recuperare il tempo perso. Resta il tema legato alle piccole e medie imprese che continuano a scontare rispetto alla loro dimensione minore capacità di reazione, sia nella ricerca di mercati, che carenza di liquidità da investire nella transizione. Oltre agli aiuti pubblici servirebbe, specie per alcune aziende di filiere coinvolte nelle transizioni, un lavoro di concerto tra istituzioni, grandi multinazionali, sindacato e hub di ricerca (Università, ITS) per gestire il passaggio a nuove produzioni.

LA CRISI DELL’EX ILVA

“Una considerazione a parte”, si legge nel rapporto, “merita il Gruppo ex-Ilva, oggi Acciaierie d’Italia, 10700 lavoratori diretti e circa 20mila coinvolti tra appalti e forniture, una vertenza storica che ha visto tra fine e inizio anno, l’avvio della procedura di commissariamento da parte del governo viste le inadempienze da parte dei Mittal. La madre di tutte le vertenze del nostro Paese si avvia con il commissariamento ad una nuova fase che dovrà essere gestita con la massima attenzione. Dal rilancio di questa vertenza passa gran parte della capacità dell’Italia di traghettare il resto dell’industria italiana nella transizione green. Alla luce poi delle tensioni geopolitiche mondiali resta strategico per tutta l’industria italiana avere un impianto produttivo di acciaio come quello di Taranto”.

“Preoccupante anche la situazione dei 47.358 lavoratori coinvolti nelle crisi di settore: si tratta in genere di piccole e medie imprese legate all’indotto dei settori dell’auto, dell’elettronica e dell’impiantistica; su queste ultime in particolare pesano, come nel caso del gruppo Alpitel, Sirti, Valtellina, Italtel, Site ecc. i meccanismi legati alle gare a massimo ribasso che stanno mettendo fuori mercato molte delle aziende storiche dell’impiantistica. Un settore quello delle TLC che tra aziende dirette ed indotto occupa oltre 200.000 lavoratori”.

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