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Fontana Scuola

Costi e benefici dell’insularità

Il post di Diana Zuncheddu

 

Nascere e vivere in Sardegna costa a ogni suo abitante 5.700 euro l’anno. E’ la sintesi della sintesi di uno studio dell’Istituto Bruno Leoni scritto da Carlo Amenta, Carlo Stagnaro e Luca Vitale, che riconosce come il fatto stesso di essere nati e vivere su un’isola – l’unica italiana così distante dal continente – sia uno svantaggio perenne, economicamente misurabile.

Dare un numero a questo concetto – un numero dato non a caso, anzi, con un calcolo econometrico preciso – è per i sardi residenti, immagino, confortante: va bene essere lamentosi, ma qui c’è di più, una condizione oggettiva di svantaggio.

Non è comunque la scusa per sedersi: nello studio si citano i dati sulla mancanza di infrastrutture; i risultati tra i più bassi d’Italia nelle prove Invalsi della scuola di primo grado; servizi pubblici tra i peggiori, confrontandoli con il resto d’Italia e per alcuni parametri d’Europa.

Se la distanza e l’isolamento sono uno svantaggio, qualcuno ci ha anche messo del suo per far sì che sì i centenari siano tantissimi – e infatti sulla salute pare che vada benissimo – ma anche che i docenti non siano, in media, molto aggiornati, e che l’elefantiaco apparato burocratico non favorisca l’innovazione.

Eppure, si dice, la distanza ha sicuramente favorito l’unicità di cultura e tradizioni, che insieme a un paesaggio delicato, da proteggere, ma bellissimo, potrebbero attirare turisti da ogni dove.
Ben fa chi si è mosso da tempo per inserire in Costituzione l’insularità, nel frattempo.

E ben farebbero tutti, come si indica tra le righe nello studio, a copiare chi si è distinto finora per aver usato l’autonomia come una forza, e non come una penalità. I trentini, per esempio.

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