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Whirlpool Napoli

Cosa può e deve fare Whirlpool

Whirlpool, perché un passo indietro dalla decisione di chiudere è possibile. L'intervento di Massimiliano Nobis, segretario nazionale Fim Cisl

 

Il flusso di cassa di Whirlpool Corporation è eccezionalmente forte: “Sono molto, molto orgoglioso di ciò che abbiamo ottenuto nel terzo trimestre, questo è stato un trimestre eccezionale. Abbiamo battuto il nostro precedente massimo storico di oltre il 50%, registriamo un miglioramento dell’utile operativo del 75%, quindi è un trimestre eccezionale. Ciò che è più importante è che anche il quarto trimestre, è altrettanto forte “. Queste sono state le di Marc Bitzer CEO di Whirlpool Corporation in una sua intervista a Cnbc il 23 ottobre.

Un giorno prima nella riunione del MiSE in videoconferenza con i ministri Patuanelli e Provenzano, il sottosegretario Todde e le organizzazioni sindacali l’amministratore delegato La Morgia conferma la chiusura del sito di Napoli il prossimo 31 ottobre “in conseguenza della mancata saturazione produttiva dello stabilimento che prosegue da anni, nonostante il tentativo di investire su una lavatrice di media alta gamma tra la fine del 2018 e il primo semestre 2019”.

Una butta notizia, che si somma alla grande incertezza e instabilità che il riaccendersi della pandemia sta diffondendo, che mina la tenuta oltre che economica, anche sociale di un territorio complicato come quello Partenopeo e del Mezzogiorno in genere, pesantemente colpito dalla crisi.

Proprio in queste ore stiamo assistendo alle rivolte contro le nuove norme anti-covid in città cavalcate da frange politiche estreme e come segnalato dall’antimafia – probabilmente anche dalla malavita organizzata, un segnali inquietanti di cui dobbiamo tener conto. Ogni posto di lavoro legale in questi territori è un presidio di legalità che sottrae manodopera alla malavita organizzata.

Per questo la scelta di Whirlpool di chiudere il sito di Napoli è estremamente grave. Ma a questo risvolto sociale se ne somma uno ancor più pesante, e grave perché non si tratta di una riconversione ma di una chiusura senza appelli in barba agli impegni presi in sede istituzionale da parte dell’azienda e contravviene agli impegni sottoscritti col Governo e con le organizzazioni sindacali.

Una scelta incomprensibile anche perché la procedura di cessione dello stabilimento campano era stata sospesa fino al 31 ottobre, un passo indietro, che aveva come obiettivo comune delle parti la ricerca di una soluzione condivisa.

Ma questa vertenza è vittima anche di un’irresponsabile lassismo politico. I vertici di Whirlpool già ad aprile dello scorso anno avevano avvisato l’allora ministro del MiSE Luigi Di Maio della decisione del board di Whirlpool, il quale non rese pubblico il caso per ragioni elettorali, perché a fine maggio 2019 si sarebbero tenute le elezioni europee. Una perdita di tempo che ha giocato contro i lavoratori. Quando poi, in tempi più recenti, è emersa la volontà dell’impresa di cedere il sito di Napoli, si presentò al tavolo la PRS (Passive Refrigeration Solutions ) una società, senza dipendenti e con sede a Lugano che voleva produrre nel sito campano container refrigerati. Un progetto che non ha mai convinto e che si arenò completamente con il ritiro dell’offerta d’acquisto da parte di PRS lo scorso mese di luglio.

Ora recuperare sarà molto complicato soprattutto se l’azienda non farà una marcia indietro rispetto alla decisione di chiusura che ci permetta di avere il tempo per trovare una soluzione lavorativa stabile e di prospettiva per il sito campano del Gruppo statunitense . Se questo non dovesse avvenire si aprirebbe un problema di non poco conto, non solo per i lavoratori e il sito di Napoli ma per l’intero Gruppo che in Italia conta diversi siti produttivi.

Oltre a Napoli, la multinazionale americana ha siti produttivi a Carinaro (CE), Fabriano (AN), Comunanza (AP), Siena, Biandronno (VA) ma a parte quest’ultimo, gli altri non lavorano a pieno regime e sono in contratto di solidarietà. Il malumore che serpeggia tra i lavoratori, rispetto alla vicenda di Napoli sta infatti creando una forte rottura tra un’azienda che in Italia ha oltre 5000 dipendenti e il sistema Italia. Una scelta che anche davanti alle riduzione delle filiere che il covid-19 ci ha imposto, richiederebbe una riflessione più attenta da parte dei vertici di Whirlpool in merito alle scelte compiute su Napoli.

C’è da dire tra l’altro che anche un’altra multinazionale Electrolux che nel 2015 minacciò di abbandonare l’Italia per delocalizzare nell’Europa dell’Est dove il costo del lavoro era più basso. Grazie alla mobilitazione del sindacato e all’intervento del Governo la multinazionale svedese fece un passo indietro, si trovò un accordo che oggi, a 5 anni di distanza sta dimostrando che anche in Italia è possibile fare elettrodomestici con margini di guadagno senza intaccare sul costo del lavoro a patto che si investa su prodotti innovativi e ad alto margine.

La vera sfida oggi che l’Italia può giocare in questo settore è sull’elettrodomestico smart quello collegato alla rete aggiornabile e programmabile, tecnologico e sostenibile (oltre che piano energetico anche su quello ecologico, attraverso l’uso di materiali certificati che possano rientrare nella filiera produttiva del riciclo) e su quello design, dove l’Italia è tra i migliori al mondo.

In quest’area del mercato i margini di sviluppo e profittabilità sono molto alti e le prospettive di sviluppo alte. Il nostro Paese è stato il primo produttore in Europa di elettrodomestici, quello che una volta si chiama il “settore del bianco” dopo le ristrutturazioni della fine degli anni ’90 e del 2000 in Italia gli addetti del bianco oggi sono circa 35mila, su un totale comunitario di 200mila. Sono lavoratori con grandi competenze ed esperienza, un capitale che proprio davanti alla sfida del digitale possono ridare spazio competitivo e occupazione al settore anche in Italia.

Proprio per questo pensiamo che Whirlpool che in Italia ha una presenza importante, questa prova di forza contro Napoli è priva di logica e incrina il rapporto con Governo, con le organizzazioni sindacali e con tutti i lavoratori del Gruppo.

Le lavoratrici e i lavoratori di Napoli meritano maggiore rispetto. Anche se parliamo di due settori completamente diversi crediamo che sia necessario da parte del board della multinazionale americana dimostrare il coraggio avuto a partire dal 2001 da Fiat (oggi Fca) nel rilancio dello stabilimento di Pomigliano D’Arco che si trova a pochi chilometri dallo stabilimento di Whirlpool, uno stabilimento che oggi è tra i primi del Gruppo per qualità e produttività.

Fiat ha scommesso nel recupero produttivo di quel sito, attraverso forti investimenti, sui processi e sulle risorse umane e ha scommesso nella produzione di un prodotto di bassa marginalità come la Panda per poter avviare e mantenere nel tempo la produzione. Vi è stato un percorso di reshoring dalla Polonia e si è previsto che nei primi anni di produzione ci sarebbero state delle perdite che sarebbero state comunque assorbite dai numeri positivi del gruppo.

Il terzo trimestre dell’anno ha visto risultati nella area Emea (Europa medio oriente africa) di crescita a due cifra che non si scontrava da 4 anni. Il Presidente di Whirlpool Enea Gles Morel nel commentare questi dati ha ringraziato tutto le maestranze del gruppo.

Questi dati positivi rafforzano la nostra richiesta di rivedere urgentemente la decisione di chiusura dello stabilimento di Napoli, per prevedere un negoziato che punti al rilancio e reindustrializzazione del sito con investimenti strutturali sulle linee e sui lavoratori. E’ stato possibile alla Electrolux, può farlo anche Whirlpool.

Massimiliano Nobis, segretario nazionale Fim Cisl

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