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Cosa cambierà con i dazi globali di Trump e come reagiranno Ue e Cina

Tutti i dettagli sui dazi decisi da Trump, gli effetti sui Paesi (e negli Usa) e le risposte in cantiere di Cina e Ue.

Una settimana di tempo. Ieri è arrivato il fatidico annuncio dei dazi “reciproci” da parte di Donald Trump. Il cosiddetto Liberation Day, che dovrebbe liberare – nella testa del presidente – gli Stati Uniti dalle pressioni economiche dei suoi partner commerciali, rigettando su di essi le tariffe. Mercoledì 9 aprile dovrebbero entrare in vigore, almeno quelli più alti. In questa settimana molti paesi correranno ai ripari, provando a negoziare con la Casa Bianca nuovi accordi, promettendo concessioni e alcuni vantaggi economici e strategici agli Usa per far cambiare idea a Trump. Altri, invece, sempre in questi sette giorni, studieranno risposte vigorose e controdazi nei confronti degli States. Emblematico il commento del segretario al Commercio Usa Scott Bessent, che si è rivolto così al mondo: “Il mio consiglio a ogni paese, in questo momento, è di non reagire. State calmi, vediamo come va. Perché se reagirete, ci sarà un’escalation”.

I DAZI DI TRUMP PER OGNI PAESE

La tabella che ha portato con sé Trump ieri durante l’annuncio è già nella storia, nonostante i molti dubbi sulla validità del calcolo fatto dagli Stati Uniti per stimare le percentuali delle tariffe degli altri paesi nei loro confronti. La Cina sarà colpita con dazi complessivi al 54% sulle esportazioni verso gli Usa: il 34% annunciato si deve infatti sommare al 20% già in vigore da mesi. L’Unione europea al 20%, il Regno Unito il 10%, che è anche la fascia più bassa tra quelle promesse dalla Casa Bianca.

La percentuale “minima” è stata indirizzata anche a Singapore, Brasile, Australia, Nuova Zelanda, Colombia, Argentina, El Salvador, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Turchia. Rilevante che Canada e Messico non siano state conteggiate nel nuovo calcolo, ma solo perché già da settimane sono stati annunciati i dazi del 25% nei loro confronti.

IL MIRINO SUL SUD EST ASIATICO

Washington ha puntato il mirino in maniera particolare sul sud-est asiatico. Il Vietnam verrà colpito con il 46%, la Cambogia con il 49%, il Laos con il 48%, lo Sri Lanka e il Myanmar con il 44%, il Bangladesh con il 37%, Thailandia 36%, Indonesia 32%, Taiwan 32%, Malesia 24%. I grandi paesi asiatici non se la passano particolarmente meglio: Giappone 24%, India 26%, Corea del Sud 25%.

Secondo un’analisi di Reuters, considerati i forti dazi sulla Cina, ora questi paesi del sud est asiatico e in generale dell’Asia potrebbero “trovarsi di fronte a un’ondata di merci cinesi a basso costo e quindi a una dura scelta, se erigere o meno le proprie barriere commerciali protezionistiche”.

L’ATTACCO AI PAESI POVERI

Le eccezioni di Trump sono state poche. A finire nella sua lista nera sono stati anche paesi già molto vulnerabili. La Cnn ha calcolato che gli Usa hanno imposto tariffe più alte del minimo del 10% anche a cinque paesi che rientrano tra le 26 economie più povere del mondo: Repubblica democratica del Congo (11%), Madagascar (47%), Mozambico (16%), Malawi (18%) e Siria (41%).

LA FINE DELLA GLOBALIZZAZIONE E I COLPI ALL’ECONOMIA MONDIALE

A tutte queste percentuali, si deve aggiungere il 25% sulle esportazioni di auto e dei loro componenti. Il messaggio lanciato da Trump, almeno come spiega il Wall Street Journal, è semplice: l’era della globalizzazione è finita. Quella globalizzazione che aveva visto negli Usa la forza più importante e garante. Nei piani del presidente Usa, infatti, la popolazione americana dovrà consumare solo i beni prodotti negli Stati Uniti. Ma l’iniziativa della Casa Bianca potrebbe causare in primis un aumento dei prezzi proprio negli Usa per i consumatori americani, che nella mente dei funzionari dell’amministrazione Trump dovrebbe essere ammortizzato da un aumento dei posti di lavoro nel paese.

Per Takahide Kiuchi, economista del Nomura Research Institute citato da Reuters, “i dazi di Trump rischiano di distruggere l’ordine mondiale del libero scambio”. Per Olu Sonola, reponsabile della ricerca degli Stati Uniti presso Fitch Ratings, “è un punto di svolta, non solo per l’economia statunitense ma anche per quella globale. Molti paesi finiranno probabilmente in recessione”. L’economia mondiale, infatti, si stava riprendendo ora dall’aumento dell’inflazione derivata dal post pandemia, ma rimane gravata da un debito record e soprattutto da crisi internazionali fortissime, come la guerra in Ucraina.

LA RISPOSTA DELLA CINA

Dopo l’annuncio dei nuovi dazi, la Cina ha promesso di reagire “in maniera risoluta con contromisure per salvaguardare i propri diritti e interessi”, tramite il ministero del Commercio. Per il dicastero cinese, la mossa di Trump è una “tipica pratica unilaterale di bullismo”. Pechino ha quindi invitato gli Usa a fare marcia indietro e a “risolvere adeguatamente le divergenze con i propri partner commerciali attraverso un dialogo paritario”.

Secondo Craig Singleton, ricercatore senior della Foundation for Defense of Democracies, rispetto alle contromosse avviate dalla Cina nelle scorse settimane per rispondere ai primi dazi statunitensi, ora si vedrà un cambiamento: “Invece di una rappresaglia generalizzata, aspettatevi un piano di pressione precisa: nuove tariffe sulle esportazioni statunitensi politicamente sensibili, come macchinari agricoli e industriali, uso esteso di una lista delle entità inaffidabili per colpire aziende Usa di alto profilo e controlli selettivi sulle esportazioni di input critici”.

LA RISPOSTA DELL’UNIONE EUROPEA

Per l’Unione europea il 20% di dazi, che si andranno a sommare al 25% sulle esportazioni di auto, è un colpo molto duro. In particolare per la Germania. Tutti i paesi membri hanno reagito giudicando negativamente la mossa di Trump. Anche chi aveva sperato di essere un’eccezione e sfuggire ai dazi del tycoon come la premier italiana Giorgia Meloni. Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, da Samarcanda, in Uzbekistan, ha promesso che l’Unione “è pronta a rispondere”. “Stiamo ultimando il primo pacchetto di contromisure in risposta ai dazi sull’acciaio e ora ci prepariamo a ulteriori contromisure per proteggere i nostri interessi” ha aggiunto. La risposta alle tariffe sull’acciaio, entrate in vigore a metà marzo, sarà un pacchetto di dazi per 26 miliardi di euro sui prodotti statunitensi. Domani, venerdì, il commissario al Commercio Maros Sefcovic incontrerà i 27 ambasciatori dell’Ue per parlare delle reazioni europee.

Bruxelles parte però svantaggiata perché comunque importa merci dagli Usa per 334 miliardi di euro (nel 2024) mentre ne esporta per 532 miliardi. La possibilità che qualche paese del blocco europeo voglia isolarsi e agire singolarmente per adesso non sembra all’orizzonte, ma non è escluso. Tra l’ipotesi allo studio dell’Ue, una risposta più mirata e dall’impatto politico più sicuro, come sui servizi statunitensi dalla finanza alla tecnologia dove gli Usa hanno un consistente surplus rispetto all’Ue. Quindi limitare le attività di enti come JP Morgan, o tassare Facebook e Meta, potrebbe essere un’opzione solida, come riporta il Guardian. Ad ogni modo non ci sarà una reazione immediata. Secondo Bloomberg Bruxelles si prenderà qualche giorno per valutare tutte le conseguenze e compattarsi. Prima di adottare risposte che dovranno sostenere i settori colpiti e rafforzare il mercato unico.

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