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Coronavirus, ecco come non far sprofondare il Made in Italy. I consigli di Brand Finance

Problemi e suggerimenti della società di consulenza Brand Finance all'Italia

Un valore di oltre 2100 miliardi di dollari quando il prodotto interno lordo annuo supera di poco i 2mila miliardi. Messo a rischio da una gestione a dir poco dissennata della comunicazione relativa all’emergenza coronavirus in Italia. A lanciare l’allarme è Brand Finance, la più importante società mondiale di consulenza per la valutazione dei brand e degli altri asset intangibili con sede nella City di Londra e uffici in oltre venti Paesi.

Datato ottobre 2019, il più recente Nation Brands, rapporto dedicato ai più forti “marchi Paese”, pone l’Italia al decimo posto al mondo per controvalore economico del brand nazionale.

In testa alla graduatoria gli Stati Uniti d’America, seguiti nell’ordine da Cina, Germania, Giappone, Regno Unito, Francia, India, Canada, Corea del Sud e, appunto, Italia, decima dopo aver perso due posizioni in un anno. Decima e con un controvalore del brand calcolato in 2.110 miliardi di dollari. Un controvalore che alla fine di quest’anno potrebbe rimpicciolirsi significativamente.

A chi il “merito” di una riduzione potenzialmente così devastante nel giro di una dozzina di giorni? Alla crisi di immagine derivata direttamente da uno stato di fatto: il nostro è il terzo Paese più contagiato al mondo. Ma di certo ingigantita dalla scarsa preparazione a livello di sistema nell’affrontarla.

Mettere frettolosamente nel mirino l’ospedale di Codogno per il propagarsi della malattia, affidando alle cronache internazionali l’immagine del solito Paese inaffidabile e litigioso, non poteva pagare. E non ha pagato. Tanto più quando sta emergendo – come testimonia una intervista pubblicata ieri dal quotidiano Repubblica – l’innocenza di Lodi, a dispetto degli attacchi e della criminalizzazione politica di questo presidio. Ma il male seminato è germogliato, riverberandosi sulla percezione che il mondo ha degli italiani e dei prodotti italiani. E danneggiando immediatamente i punti di forza del nostro Paese: il Made in Italy, il turismo, lo stile di vita tricolore.

Che cosa si può fare ora? Il managing director Italia di Brand Finance, Massimo Pizzo, ha un’idea, mutuata da una precedente esperienza di successo condotta in porto nel Regno Unito.

Serve una strategia che non si limiti ad attutire i contraccolpi della crisi, ma s’impegni a gestire il brand Paese, appunto come si è fatto a Londra e dintorni con The Great Campaign che ha condotto il brand britannico a valere oltre 3800 miliardi di dollari a fronte di un Pil annuo pari a circa 2700 miliardi di dollari.

Una strategia che non può essere affidata solo a qualche guru della comunicazione ma deve passare per esperti di marketing, analisti finanziari, storici in grado di identificare i fattori di forza italiani sui quali focalizzare la strategia, con relativo impatto economico azione per azione, tenendo puntualmente conto dei costi e dei ritorni sugli investimenti.

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