La Ragioneria Generale dello Stato non è una autorità indipendente ma un autorevole dipartimento del Ministero dell’Economia. In particolare, valuta (anche preventivamente) le dinamiche della spesa e delle entrate dell’arcipelago pubblico e predispone, secondo le indicazioni politiche, il Bilancio dello Stato. Le si chiede oggettività tecnica nel far di conto. Senza sconti che presto emergerebbero quali oneri imprevisti e da “coprire”.
Ha lungamente resistito ad affiancare la contabilità economica patrimoniale, quella aziendale che diventerà presto obbligo europeo anche per la dimensione pubblica, alla contabilità finanziaria. Se quest’ultima serve a controllare i flussi di spesa, la prima è necessaria per apprezzare in ogni ambito dello Stato il rapporto tra i costi e i benefici e così realizzare comparazioni o quantificare gli obiettivi assegnati ai dirigenti e valutarne i risultati.
Tocca poi alla politica “ordinare” alla Ragioneria la conoscenza pubblica delle sue elaborazioni con particolare riguardo ai disavanzi strutturali delle singole amministrazioni come Comuni, Regioni (e loro servizi sanitari) ed enti vari. Come è possibile che da anni nessun ente locale o regionale sia stato commissariato per dissesto nonostante evidenti vizi nella stessa contabilità, talora ricostruita attraverso testimonianze orali? La precoce individuazione delle criticità impedisce la loro crescita esponenziale che Pantalone dovrà poi risanare.
Dopo la stagione “euforica” della spesa straordinaria per sostenere le economie nella crisi finanziaria e pandemica, la ricreazione sembra finita e si ripropongono i vincoli europei. In una versione, speriamo, meno ottusa e più sostanziale. Il cambio nella guida della Ragioneria può corrispondere a questa nuova fase e la provenienza dall’esterno della prima donna può determinare utili elementi di discontinuità.
(articolo pubblicato su QN)