Frutta e verdura sono associate alla salute, alla freschezza e alla qualità. Non è un caso che sono piazzate all’ingresso del punto vendita. Non sono ancora state acquistate ma già sono caricate di un compito importante per l’insegna che le espone. Quindi rappresentano un valore aggiunto che influenza la percezione del cliente per tutta la sua permanenza nel negozio. Eppure è uno dei reparti meno supportati. Si dà per scontata la funzione di trascinamento complessivo non la necessità che, qualche consiglio o suggerimento di impiego, potrebbero incentivarne il consumo. Tra l’altro non è per nulla tutta uguale. Senza scomodare il paradosso di Magritte della sua opera “Ceci n’est pas un pipe” non sempre, al supermercato, l’immagine coincide per gusto e sapore con il frutto o l’ortaggio proposto.
Aggiungo che difficilmente le insegne possono svincolarsi da un ragionamento complessivo sulla loro qualità e sulla convenienza. Semmai propongono singole promozioni. Mai ricordo una campagna incentrata sulla particolare qualità o gusto esclusivo di un particolare prodotto ortofrutticolo. E questo spinge il consumatore a valutarne esclusivamente la convenienza. C’è poco interesse probabilmente legato a fattori economici, sociali e culturali che, al contrario, necessiterebbe di un cambio di paradigma nella comunicazione che sviluppi una maggiore consapevolezza e valorizzazione, innanzitutto del lavoro che c’è dietro ma anche dell’importanza dei prodotti nella dieta e del loro possibile consumo. Non è un caso che, ciclicamente, riemergono le polemiche sul rapporto tra GDO e imprese agricole.
Anche per questo trovo ci dovrebbe essere una differenza sostanziale tra iniziative a sostegno dell’ortofrutta di qualità e quindi dell’inevitabilità del suo prezzo finale rispetto ad altre che, oltre ad elementi oggettivi dovuti alla situazione geopolitica, sottendono spesso speculazioni o furbizie. Nella mia ultima visita all’Ortomercato di Milano ho constatato che spesso gusto e qualità ci sono, ma non sempre finiscono sugli scaffali della GDO. E questo non aiuta una comunicazione mirata e positiva. E soprattutto che è difficile comprenderne l’importanza nella dieta se il messaggio non raggiunge i consumatori, soprattutto i più giovani lasciando inevitabilmente spazio, nei media tradizionali, al tema esclusivo del prezzo.
Per questo voglio rilanciare due iniziative che mi sembra si pongano il problema di uscire dagli schemi. SAF – Spettacoli alla Frutta, un consorzio di 25 tra i migliori produttori italiani di frutta e verdura, uniti in un’associazione temporanea di imprese per promuovere i prodotti di alta qualità made in Italy e “Ortofrutta cara, ma dai!” ideata nel 2022 da Anna Parello che allora collaborava con Fresh Point Magazine e dell’Associazione Nazionale Le Donne dell’Ortofrutta, per promuovere il consumo di frutta e verdura. L’obiettivo comune è quello di comunicare che l’ortofrutta può essere un’opzione economica e salutare affatto costosa se valutata correttamente. Qualità, lavoro necessario, giusto prezzo e salute sono il filo rosso che lega queste iniziative. In altre parole l’ortofrutta che vediamo sugli scaffali, non è tutta uguale.
L’obiettivo è comune: avvicinare, non solo le giovani generazioni, alla frutta e alla verdura, con un focus su benessere, tecnologia e sostenibilità. “Spettacoli alla Frutta attraverso i suoi ideatori punta a cambiare volto alla frutta. Da “semplice” alimento a icona di stile di vita, salute e sostenibilità. Rivoluzionando il modo in cui si comunica il cibo, valorizzando l’ortofrutta come espressione culturale e simbolo di uno stile di vita sano, consapevole e sostenibile.
Condivido l’approccio di Andrea Fedrizzi, Responsabile Marketing di Consorzio Melinda SCA quando sostiene: “Abbiamo bisogno di seminare felicità attorno al consumo di frutta e verdura perché diventi endemico nella cultura e nella società. Poco più della metà delle persone tra i 18 e i 69 anni consuma 1/2 porzioni di frutta o verdura al giorno. La percentuale scende al 38% per 3/4 porzioni e appena il 7% raggiunge il five a day”. Dal punto di vista della produzione, e dunque anche di SAF, attenzione alla qualità e alla sostenibilità, dalla produzione al trasporto per finire al packaging. Un’altra strada è quella dell’educazione alimentare, che dovrebbe iniziare a scuola. Insomma, il lavoro da fare è tanto e sinergico, ma ne vale la pena, anche e soprattutto dal punto di vista del wellness.
Le parole chiave del progetto sono chiare: Food Revolution Italiana, per celebrare l’inestimabile biodiversità del nostro territorio; Wellness Top-of-Mind, per riconoscere all’ortofrutta il suo ruolo nella salute e nel benessere collettivo; Tech Nature, dove l’innovazione si intreccia con la tradizione per generare futuro; Real Sustainability, un impegno concreto per un domani più giusto e responsabile. I 25 produttori propongono la loro diversità rispetto ad altri ai clienti e, giustamente, si aspettano un giusto riconoscimento.
Ortofrutta cara? Ma dai!” Non è solo uno slogan azzeccato ma un’iniziativa precisa che mira a sfatare il mito che frutta e verdura siano troppo costose, promuovendo il consumo di questi alimenti. È vero. Entrando nel punto vendita di ogni supermercato l’ortofrutta ci accoglie e ci stimola all’acquisto ma pochi si domandano cosa c’è dietro. Dal campo, alla selezione, all’immagazzinamento in modo da garantirne freschezza e qualità. Recentemente ho visitato i magazzini della Dole proprio per rendermi conto dei passaggi, dalla raccolta, al trasporto alla conservazione e della professionalità di chi se ne occupa. Un’esperienza interessante. E tutto questo valore non c’è sul cartellino del prezzo. L’iniziativa sottolinea che, in realtà, il costo di frutta e verdura può essere paragonabile o addirittura inferiore a quello di altri beni di consumo, come un caffè al bar.
L’ortofrutta è fondamentale per una dieta sana e bilanciata: Frutta e verdura sono ricche di vitamine, minerali e fibre, essenziali per la salute. Il consumo di frutta e verdura può essere promosso in modo efficace e accattivante. L’iniziativa usa un linguaggio diretto e ironico per raggiungere un pubblico ampio e sfatare i pregiudizi legati al costo dell’ortofrutta. In sintesi, “Ortofrutta cara? Ma dai!” è un invito a rivalutare il ruolo dell’ortofrutta nella nostra alimentazione, sottolineando che è un’opzione economica, salutare e accessibile a tutti.
Condivido Anna Parello, socia fondatrice e membro dell’Associazione Nazionale Le donne dell’ortofrutta, agronoma consulente di marketing e comunicazione per l’ortofrutta: “Sono decenni che, quando si parla di carovita, i mass media mostrano immagini di ortofrutta intervistando consumatori che si aggirano sconfortati o arrabbiati tra i banchi dei mercati rionali, chiosa Parello. Anni in cui frutta e verdura vengono messe in prima pagina sui volantini settimanali della GDO con tagli prezzi significativi, con l’idea che la convenienza sia il prezzo al chilo più basso e quella la leva giusta per aumentare i consumi. In maniera sottile, quasi subdola, si è insinuata l’idea che l’ortofrutta sia cara e la convinzione che nelle trattative commerciali tra produzione e distribuzione anche pochi centesimi possano impattare negativamente sui consumi finali. Ma siamo certi che sia proprio così?
”Col mio Ortofrutta cara? Ma dai! da quasi due anni cerco di spostare l’attenzione dal prezzo al chilo di frutta e verdura al costo dell’ingrediente usato per preparare un piatto, confrontando il basso prezzo del piatto con quello della tazzina di caffè, talvolta delle patatine fritte o del gelato o di altri dessert, alimenti per cui si spende con maggiore facilità, senza guardare al costo al chilo (superiore) e i cui consumi non sono in calo come quelli dell’ortofrutta. Col mio tormentone ho cercato di fare cambiare prospettiva alle persone. Come si può non condividere?