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Come la Francia è tornata a essere la Repubblica degli ereditieri. L’analisi di Le Monde

L'elevato livello di disuguaglianza nella ricchezza e nel patrimonio ereditario che si osserva oggi ricorda la Francia del XIXᵉ secolo descritta da Balzac in Papà Goriot. Un fenomeno preoccupante, sinonimo di un ascensore sociale bloccato e che alimenta il risentimento delle classi medie. L'articolo di Le Monde

 

È una cifra da capogiro. Entro il 2040, 9.000 miliardi di euro di patrimonio detenuto dai francesi più anziani saranno trasferiti ai loro figli, secondo una nota della Fondazione Jean Jaurès, pubblicata nel novembre 2024. Ovvero 677 miliardi di euro all’anno – scrive Le Monde. Una “grande trasmissione” che rappresenterà “il più grande trasferimento di ricchezza della storia”, in parte legato al pensionamento della generazione del baby boom. Ma che illustra anche, in modo implicito, un altro fenomeno: la Francia del XXI secolo è tornata ad essere una società di ereditieri.

Vale a dire, «una società in cui l’eredità pesa più del lavoro nella costituzione del patrimonio», spiegava Mélanie Plouviez, docente di filosofia sociale e politica all’Università della Costa Azzurra, in un’intervista a Le Monde il 31 marzo. Questo meccanismo ereditario modella un ordine sociale in cui le fortune più grandi sono riservate agli individui provenienti da famiglie ricche. Gli altri possono, grazie ai loro sforzi, al loro merito o ai loro titoli di studio, ottenere retribuzioni elevate, ma è loro impossibile raggiungere le posizioni patrimoniali più elevate”. […]

LA FRANCIA DI OGGI NON È POI COSÌ DIVERSA DA QUELLA DI BALZAC

Negli ultimi anni, diverse pubblicazioni hanno confermato questa constatazione preoccupante sotto diversi aspetti. Ad esempio, il rapporto presentato nel dicembre 2021 dal Consiglio di analisi economica (CAE), un organismo collegato al primo ministro: “L’eredità torna ad essere un fattore determinante nella costituzione del patrimonio dei paesi industrializzati”, spiegano i quattro autori, Clément Dherbécourt, Gabrielle Fack, Camille Landais e Stefanie Stantcheva, economisti riconosciuti per i loro studi sulle disuguaglianze.

Ciò è particolarmente vero in Francia, dove il patrimonio ereditato rappresenta oggi il 60% del patrimonio nazionale. All’inizio degli anni ’70, questa percentuale era solo del 35%. Un quasi raddoppio in mezzo secolo, che si è tradotto in un’estrema concentrazione: il 10% dei francesi detiene ora più della metà – esattamente il 54% – della ricchezza del Paese. Mentre il 50% più povero ne detiene meno del 5%. Il 10% più ricco possiede quindi quasi l’80% del patrimonio finanziario e professionale. Un livello paragonabile a quello del XIX secolo.

Sotto molti aspetti, la Francia del 2025 assomiglia molto a quella ultra-inegualitaria descritta nel 1835 da Balzac ne Il padre Goriot, ricorda Mélanie Plouviez. […]

COSA È ANDATO STORTO

Per capire come siamo arrivati a questo punto, è necessario ripercorrere la storia degli ultimi cento anni, ampiamente documentata dai lavori di Thomas Piketty, direttore di studi presso l’École des hautes études en sciences sociales e autore del best-seller Le Capital au XXIe siècle (Seuil, 2013). Nel 1914, le disuguaglianze in Francia raggiungono livelli record. Ma le due guerre mondiali, con la loro scia di distruzione e fallimenti aziendali, talvolta seguiti da nazionalizzazioni, riducono drasticamente la quota del patrimonio nella ricchezza del Paese. Le carte vengono rimescolate, la Francia di Rastignac scompare. Tanto più che dopo il 1945 l’inflazione mina le fortune, mentre i “trenta gloriosi” vedono l’avvento di una classe salariata più numerosa e ben retribuita, grazie a una crescita economica sostenuta. Allo stesso tempo, la costruzione dello Stato sociale e l’introduzione di un potente sistema redistributivo limitano il peso delle trasmissioni patrimoniali.

Ma questa tendenza si è progressivamente indebolita, per poi invertirsi con le diverse crisi economiche a partire dagli anni ’70. La crescita ha subito un rallentamento, frenando anche i redditi da lavoro. Le recessioni hanno generato disoccupazione. Al contrario, i patrimoni hanno beneficiato del forte aumento dei prezzi immobiliari e della Borsa. Soprattutto, a partire dagli anni ’80, successive riforme hanno gradualmente ridotto la progressività del sistema fiscale. Tanto che oggi la base imponibile dell’imposta di successione è costellata di numerose esenzioni, detrazioni e nicchie fiscali. Ne è un esempio l’assicurazione sulla vita, l’investimento preferito dai francesi, che consente di trasferire un importo esente da imposte (fino a 152.500 euro per beneficiario) – questo è del resto uno dei suoi principali argomenti di marketing. […]

Allo stesso tempo, l’ascensore sociale, che funzionava a pieno regime durante i “trent’anni gloriosi”, si è rotto. Se il mito delle pari opportunità è ancora vivo in Francia una persona che si trova nella fascia più bassa della distribuzione del reddito ha bisogno di più di sei generazioni per raggiungere il reddito medio. È più che negli Stati Uniti (cinque generazioni), nella media dell’Eurozona (quattro e mezzo) o in Spagna (quattro). […]

LE CONSEGUENZE ECONOMICHE E SOCIALI DELL’EREDITOCRAZIA

Una prospettiva che non è propria solo della Francia: la rivista britannica The Economist, notoriamente liberale, ha dedicato la copertina del 27 febbraio all’emergere di una “ereditocrazia”. Nel 2025, ricorda, gli abitanti delle economie avanzate dovrebbero ereditare quasi 6.000 miliardi di dollari (5.600 miliardi di euro), pari al 10% del prodotto interno lordo dei paesi interessati, contro il 5% della metà del XX secolo. Una tendenza che potrebbe minacciare le fondamenta stesse del capitalismo uccidendo lo spirito imprenditoriale, sottolinea il settimanale, accentuando le divisioni sociali e erodendo il consenso fiscale.

Perché il patrimonio, quando viene trasmesso di padre in figlio (e più raramente, è vero, di madre in figlia), tende infatti ad essere “inefficiente” dal punto di vista economico. In altre parole, autoalimentandosi attraverso investimenti azionari, finanziari o addirittura nuove classi di attività come le criptovalute, alimenta poco gli investimenti o l’innovazione. Ciò va a scapito della crescita potenziale e, quindi, dei lavoratori dipendenti, i cui redditi sono fortemente correlati al dinamismo economico e all’attività.

Inoltre, con l’allungamento dell’aspettativa di vita, il patrimonio si concentra sempre più nelle tasche degli anziani: più di sei famiglie su dieci ereditano dopo i 60 anni, secondo l’Insee. […]

LE RICADUTE SUI GIOVANI

Le giovani generazioni, dal canto loro, hanno maggiori difficoltà a entrare nell’età adulta, in assenza di un capitale iniziale, che nella maggior parte dei casi spetta ai genitori. E, con buona pace degli aspiranti Rastignac, il matrimonio raramente permette di salire la scala sociale. «Dal 1992 al 2015, i dati mostrano che gli eredi sposano in primo luogo eredi, e viceversa», afferma Nicolas Frémeaux, professore di economia all’Università di Rouen-Normandia. […]

Non sorprende quindi che l’acquisto di un primo immobile sia ormai inaccessibile alla maggior parte dei giovani. Secondo uno studio della Direzione della ricerca, degli studi, della valutazione e delle statistiche, beneficiare di una donazione o di un’eredità quando si è giovani aumenta di 15 punti la probabilità di diventare proprietari. […]

Non solo i giovani hanno difficoltà a trovare un alloggio, ma stanno anche diventando sempre più poveri. Un tempo concentrata sugli anziani con pensioni modeste o senza pensione, la povertà è ora più diffusa tra i giovani che nelle altre fasce d’età. I dati pubblicati nel 2024 dall’Insee sono impressionanti. La percentuale di giovani tra i 18 e i 29 anni che vivono al di sotto della soglia di povertà (fissata al 50% del reddito mediano) è del 10%, contro l’8,1% della popolazione totale. Dopo i 65 anni, scende al 4,3%, la metà.

EREDITÀ MINIMA PER TUTTI E TABÙ POLITICO

Per correggere queste disuguaglianze, Thomas Piketty propone, dal 2019 e nel suo libro Capital et Idéologie (Seuil), di creare un «eredità minima» per tutti, versata all’età di 25 anni. Questo ammonterebbe a 120.000 euro (pari al 60% del patrimonio medio per adulto) e sarebbe finanziato da una combinazione di imposte progressive sul patrimonio e sulle successioni che frutterebbero il 5% del reddito nazionale. Ciò, secondo lui, «aumenterebbe il potere negoziale di chi non possiede nulla, consentendo loro di rifiutare determinati lavori, acquistare un alloggio, intraprendere un progetto personale». La radicalità della sua proposta ha suscitato numerosi dibattiti, senza però avere alcun seguito.

[…] «È un tabù politico», risponde Clément Dherbécourt, uno dei tre coautori della nota del CAE. «I francesi considerano l’eredità il frutto del lavoro di una vita, trasmesso di generazione in generazione. Finché prevarrà questa idea, non cambierà nulla, è una questione emotiva».

Infatti, in tutti i sondaggi sull’argomento, l’imposta di successione è la più detestata di tutte. Probabilmente perché queste questioni toccano il concetto stesso di famiglia, quello in cui una vita di sacrifici permette ai genitori di trasmettere qualcosa ai propri figli, nella speranza di migliorare la loro vita. […]

Paralizzati da un’opinione pubblica presumibilmente ferocemente contraria a qualsiasi riforma dell’eredità, i governi che si sono succeduti si sono ben guardati dal mettere la questione sul tavolo. A parte qualche piccola detrazione, l’architettura della fiscalità patrimoniale non è cambiata molto dal 2012, data dell’ultima riforma attuata dal presidente François Hollande all’inizio del suo mandato. […]

«Il lavoro è tassato più del reddito, e questo in tutti i grandi paesi, perché è molto più semplice”, afferma Edmund Shing, responsabile della strategia di investimento presso BNP Paribas Wealth Management e, in quanto tale, esperto conoscitore dei sistemi fiscali e dei modi per eluderli. «Il capitale può spostarsi geograficamente, attraversare le frontiere, è volatile, è necessario coordinarsi tra i paesi… in fondo è molto complicato da tassare!». […]

(Estratto dalla rassegna stampa estera a cura di eprcomunicazione)

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