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Retribuzioni

Come far lievitare le retribuzioni? Analisi e ipotesi

Il post di Alessandra Servidori

 

In questa estate complicata e disorientante non solo politicamente ma anche economicamente, insieme al problema del cuneo fiscale che penalizza sicuramente le risorse che vanno direttamente nelle tasche dei lavoratori e lavoratrici, si è aperto un dibattito sull’annoso problema delle retribuzioni che in Italia, è stato dimostrato in un confronto in ambito Ue, sono più basse dei principali paesi europei a noi vicini, ad eccezione della Spagna che però sta recuperando molto in fretta.

La Fondazione Di Vittorio attraverso uno studio approfondito su dati Ocse dimostra che nel 2017 le retribuzioni medie italiane sono pari a 29,214 euro lordi annuali e si è andato allargando il divario comunitario dal 2010, mentre le retribuzioni tedesche anche sotto lieve recessione sono aumentate. In Italia si conferma sul versante retribuzioni il dato generale relativo all’economia che vede il nostro paese calare più degli altri quando il sistema economico è in crisi e non recuperare adeguatamente neanche dopo le tenui fasi di sviluppo.

Il recente rapporto Anpal-Ministero del Lavoro-Inps-Inail dimostra che le retribuzioni orarie contrattuali hanno tenuto il passo dell’inflazione e la riallocazione occupazionale a favore di settori a bassa qualifica e bassa retribuzione ha contribuito alla riduzione delle retribuzioni; le nostre imprese hanno reagito alla crisi con la parte più qualificata e maggiormente legata all’export che ha incrementato l’investimento in professionalità intellettuali e scientifiche; le piccole piccolissime imprese che si sono ridotte drasticamente anche nei numeri dati poche ore fa da Confartigianato, non hanno innovato il prodotto e il processo e i canali di vendita continuando a sopravvivere calando i costi e le retribuzioni.

La disoccupazione italiana resta alta con 5 punti di differenziale dalla percentuale Ue e il Def la prevede ancora in aumento e, dato non da poco influente, è la crescita costante del part time che coinvolge 4 milioni di lavoratori e molte lavoratrici spesso involontariamente così contrattualizzati, che risentono di decremento retributivo. Infatti le ore lavorate in part time sono il 60% delle ore lavorate in full time in Italia e le retribuzioni sono intorno al 70% dei dipendenti a tempo pieno e la media di altri paesi Ue è di oltre l’80%.

Addensamenti nelle qualifiche più basse e problemi del mercato del lavoro sono elementi fondamentali insieme a quelli fiscali della diffusione del lavoro povero. Per affrontare il problema del working poors sicuramente non basta il salario minimo di legge che è aggirabile con una diminuzione del numero di ore retribuite e o con l’aumento della discontinuità lavorativa.

Per riequilibrare l’attuale disuguaglianza dei redditi occorre una vera riforma fiscale di carattere fortemente progressivo che recuperi risorse verso le retribuzioni nette a partire dalle più basse.

La scarsa crescita delle retribuzioni è uno degli effetti/causa dello scarso sviluppo del paese.

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