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Come coniugare Pnrr e fondi europei per la coesione

Che cosa succede sul Pnrr. L'intervento di Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro

 

L’ultimo Accordo di partenariato tra Commissione Ue e Italia approvato il 19 luglio 2022, reca l’impianto strategico e la selezione degli obiettivi di policy su cui si concentrano gli interventi finanziati dai Fondi europei per la coesione per il ciclo di programmazione 2021-2027.

Si tratta, nel complesso, di circa 43,1 miliardi di risorse comunitarie assegnate all’Italia, di cui oltre 42,7 miliardi destinati specificamente a promuovere la politica di coesione economica, sociale e territoriale la gran parte dei quali destinata alle regioni meno sviluppate (oltre 30 miliardi).

Ai contributi europei si aggiungono le risorse derivanti dal cofinanziamento nazionale, per un totale di risorse finanziarie programmate nell’Accordo di partenariato per il periodo di programmazione 2021-2027 pari a oltre 75 miliardi di euro complessivi.

Istat nei giorni scorsi ha pubblicato i dati del precedente accordo (ogni accordo ha un arco di validità di 7 anni) che evidenzia plasticamente che non si è verificato il processo di convergenza delle regioni italiane classificate come “meno sviluppate” (pressoché quasi tutto il Mezzogiorno d’Italia, a eccezione dell’Abruzzo), che hanno continuato a crescere sempre molto meno della media dei Paesi dell’Ue27.

Ma è l’intero sistema Paese Italia che si è contraddistinto per un processo di progressivo allontanamento dal dato medio europeo: nel 2000 erano ben 10 le regioni italiane fra le prime 50 per Pil pro capite in ppa e nessuna fra le ultime 50. Nel 2021 fra le prime 50 ne sono rimaste solo quattro (Provincia autonoma di Bolzano/Bozen, Lombardia, Provincia autonoma di Trento e Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste), mentre fra le ultime 50 ora se ne trovano ben quattro (Puglia, Campania, Sicilia e Calabria).

Il divario crescente in termini di reddito (misurato in Pil pro capite /ppa) fra le regioni italiane economicamente meno avanzate e l’Ue27, è spiegato interamente dal tasso di occupazione, inferiore alla media Ue di ben 20 punti percentuali. Soltanto nel corso dell’ultimo ciclo di programmazione 2014-2020 è divenuta determinante anche la produttività del lavoro inferiore alla media Ue27 di 9 punti percentuali. Le recenti tendenze demografiche in atto in Italia, in particolare nel Mezzogiorno, fanno presupporre che invecchiamento e spopolamento possano in futuro contribuire ad ampliare i divari in termini di reddito con il resto d’Europa.

Le simulazioni effettuate mostrano, ceteris paribus e in assenza di interventi sull’occupazione e sulla produttività, che la forbice con l’Ue, nel 2030, è destinata ad allargarsi pressoché ovunque in Italia e in particolare nelle regioni del Mezzogiorno.

Sul Pnrr siamo in evidente ritardo come peraltro lo stesso ministro Fitto ha ammesso anche perché proprio la Missione 5 del Pnrr ricopre un ruolo trasversale e di rilievo all’interno del Pnrr, ovvero il sostegno alla parità di genere e il contrasto alle discriminazioni, l’incremento dell’occupazione giovanile, il riequilibrio territoriale e lo sviluppo del Mezzogiorno e delle aree interne.

Per queste finalità destina quasi 20 miliardi di euro. E però mettere in competizione gli enti locali ha allontanato il Pnrr dal rispetto del criterio perequativo che avrebbe dovuto orientare la distribuzione territoriale delle risorse disponibili per andare incontro all’obiettivo di riequilibrio territoriale, e la conseguenza di questa dinamica è che gli enti locali che rischiano di rimanere esclusi dal riparto dei fondi del Pnrr sono proprio quelli che ne avrebbero maggiormente bisogno.

Parliamo generalmente di piccoli centri che si trovano nel Mezzogiorno o nelle aree interne del paese. Ma anche di città maggiori, che talvolta sono incappate nelle stesse difficoltà. Per evitare che ciò avvenisse è stata introdotta la clausola che imponeva ai ministeri e agli altri soggetti responsabili di destinare almeno il 40% delle risorse al Mezzogiorno. In moltissimi casi tale quota non è stata rispettata. Questo perché spesso dai territori non è stato presentato un numero sufficiente di domande. E poiché mancano nel Pnrr meccanismi di salvaguardia della quota, quando questo si verifica sta alla singola organizzazione titolare decidere come procedere.

Molti ministeri in questi casi hanno semplicemente deciso di far scorrere le graduatorie, scendendo sotto la soglia del 40%. Da notare peraltro che Anci ha sottolineato come le risorse del Pnrr non possano essere utilizzate per colmare le lacune di personale.

Le difficoltà inoltre non si esauriscono neanche nei casi in cui gli enti locali riescano a intercettare i fondi. In particolare, si sollevano dubbi sulla loro capacità di portare le opere a compimento entro i tempi previsti. Si tratta di un elemento fondamentale per non rischiare di perdere i fondi europei nonostante il governo abbia adottato dei provvedimenti come l’aiuto diretto ai comuni con alcuni esperti, la modifica del codice degli appalti, che pare però non siano sufficienti, come anche la possibilità di avocare a livello nazionale la programmazione e l’intervento.

Il ministro Fitto che ha delega per il Pnrr, il Sud e la coesione sociale chiede maggiore flessibilità alla UE per entrambi i Fondi affermando che è necessario razionalizzare la spesa ma, tenuto conto che l’Italia ha ottenuto dalla Ue sia per i Pon che per i Por (piani nazionali e regionali) molte risorse, è bene fare chiarezza: i problemi legati a una Pubblica Amministrazione lenta e spesso incompetente dove i concorsi per rinnovare gli organici spesso sono deserti, i limiti alla salvaguardia dell’ambiente, gli appalti ancora ingessati vittime di criticità malavitose, e tanto altro, insomma i problemi sono tanti.

Sicuramente aver abolito l’Agenzia per la Coesione sociale è stata una pessima scelta e le competenze non si inventano. Ora solo un gruppo di riconosciuti esperti concreti di progetti e programmazione di “salvezza nazionale” può aiutare ad affrontare e almeno tentare di risolvere i nostri problemi con un provvedimento di emergenza.

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