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Imprese

Come arginare la crisi che partirà a ottobre 2020

Il post di Enrico Verga

 

“La crisi sta arrivando e un anno se ne va. Sta diventando grande e lo sai che non mi va”.

Se volessimo mettere in musica quello che succederà a ottobre questo pezzo dei Righeira, opportunamente parafrasato, sarebbe perfetto.

Ma non mancano altre citazioni più moderne come “l’Inverno sta arrivando (Winter is coming per gli anglofili)”.

Di cosa sto parlando? Semplice, della crisi che comincerà ad ottobre, in modo diffuso in tutto l’occidente, che ci accompagnerà per i prossimi anni.

Per chiunque pensi che “il peggio è passato” e “andrà tutto bene” potrebbe essere un poco scioccante. Per chi invece fa i compiti a casa, guarda le statistiche di shock economico, i numeri della disoccupazione, le file per il pane (in Usa specialmente) si capisce come il lockdown di 3 mesi sia stato un assaggino.

Per dare un termine di paragone culinario (essere foodies va tanto di moda, specie tra i millenials) il lockdown è stato come un aperitivo alla milanese “stretto”: bicchiere di vino bianco due noccioline e due patatine. A ottobre arriverà la cena bella pesante, lunga compresa di amaro (ma tanto amaro che digerire sarà dura!).

Dalla Banca d’Italia sino a Roubini c’è un consenso totale: ottobre sarà l’inizio. Per intenderci a novembre non sarà tutto finito anzi.

Vi sono alcuni fattori apparentemente placebo (che fan pensare che vada tutto bene): il blocco dei licenziamenti, la cassa integrazione e l’idea che arriveranno i soldi del Recovery Fund.

Per farla semplice: il blocco dei licenziamenti si può by-passare con un semplice accordo azienda dipendente, la cassa integrazione rischia di essere un esborso, pur se temporaneo, a carico delle aziende, e il Recovery Fund se va bene comincerà ad arrivare nel 2021.

Se questo scenario è già tragico, lo sarà di più per molte Pmi che si ritroveranno a dover fronteggiare piani di emergenza, scenari complessi per cui, molti dei loro manager, sono meno preparati.

E tuttavia in questo scenario complesso e duro ci sono anche notizie positive.

L’intera filiera delle Pmi, tutte quelle aziende che operano inserite in un contesto di produzione che culmina con la fornitura di servizi e prodotti a grandi multinazionali, ha l’opportunità di poter far leva su un nuovo metodo di managerialità: il fractional executive.

Partiamo dalle basi. E cerchiamo di comprendere come questa crisi colpirà il mondo dei manager.

“È chiaro che l’emergenza sanitaria Covid-19 si sia trasformata rapidamente in un’emergenza economica”, mi spiega Stefano Cuzzilla, presidente di Federmanager. L’associazione raccoglie tutti i manager del manufatturiero italiano. “Già prima eravamo alle prese con il cambiamento: Brexit, la guerra dei dazi tra USA e Cina, gli accordi bilaterali con i Paesi emergenti e la regionalizzazione dell’economia erano segnali che l’ordine globale stava cambiando. Ora siamo di fronte a una crisi senza precedenti. Non è solo un fatto storico, intendo uno di quegli shock che cambiano il corso della storia. È anche una minaccia al modello economico globalizzato in cui, vuoi o non vuoi, l’Italia era ben posizionata. Eravamo la settima manifattura nel mondo, la seconda in Europa dopo la Germania. Intendiamo esserlo ancora? Va pensato un modello produttivo nuovo che si basi su 4 pilastri: un’Europa più forte, anche come mercato interno, innovazione e digitalizzazione, sostenibilità ambientale, ricerca e formazione, per tutta la vita. Al management va chiesto di farsi promotore di questo cambiamento, di concretizzare questa visione. Nel breve termine, nell’emergenza dei primi mesi, ce la siamo cavata. Ora abbiamo un gran bisogno di pianificare e attuare gli interventi che servono. Di mettere al centro le competenze manageriali nella gestione del post Covid”.

I manager, in ogni azienda, hanno la grande responsabilità di dover guidare l’evoluzione e la conseguente crescita dell’azienda. Una sfida, quella della crescita, che in questo 2020 risulta essere piuttosto sfidante. Molti sono i manager che dovranno affrontare, soprattutto a ottobre, con l’inizio della crisi, scelte complesse.

Continua Cuzzilla: “Ci aspettano mesi di particolare incertezza. L’ incertezza aumenta la componente di rischio e porta a conseguenze anche gravose. Credo che avremo un autunno critico, in cui molti colleghi dovranno fare i conti anche con politiche aziendali penalizznati.” Spiega Cuzzilla riferendosi alla crisi di Ottobre. “Il mio consiglio è di rafforzare le proprie competenze, soprattutto in ambito digitale. La fabbrica 4.0 è ormai una realtà e il digitale si è dimostrato una leva fondamentale per la business continuity. Inoltre, va rafforzato il proprio network, la condivisione di esperienze in questi mesi complicatissimi si è rivelata una soluzione per moltissimi colleghi. Avere una rete ampia aiuta molto anche in fase di transizione di carriera. Infine, l’ultimo suggerimento è partecipare alle occasioni associative come quelle che proponiamo in Federmanager: significa avere accesso a informazioni e consulenze qualificate e significa assicurarsi una gamma di tutele che può tornare estremamente utile nel momento di passaggio professionale”.

Sul tema manager e sviluppo di un percorso alternativo a quello “classico” si può aprire una discussione su una nuova forma di managerialità frazionale: il fractional Executive.

“E’ una pratica di managerialità che in America e nel regno Unito esisteva già da anni, in Italia l’ho portata, l’abbiamo portata noi qualche anno fa”, mi spiega Andrea Pietrini. lunga esperienza come CFO divenuto oggi imprenditore e fondatore di YOURgroup. “Un percorso sfidante per molti manager che decidevano di lasciare il percorso aziendale classico ma non volevano rinunciare alla loro professionalità e la ricchezza di contatti che avevano sviluppato in decenni di attività. Oggi siamo circa in 200. La nostra presenza in aziende di filiera è stata ulteriormente riconfermata con la recente partnership con Enel, finalizzata a dare alle Pmi loro fornitrici, un supporto nella gestione manageriale. Capire questa nuova forma di managerialità, per molti aspetti diversa dal temporary, è vitale per comprendere quale opportunità si apra per Pmi e manager.

Mentre il temporary si configura come un attività dove il manager lavora quasi sempre , come se fosse un dipendente (e a volte lo è), con una singola azienda, di norma con una presenza continuata in ufficio, il fractional è quasi l’opposto.

“Il fractional executive è una figura manageriale, sempre di altissimo livello, che ha scelto di uscire, spesso da una grande azienda, per fare un suo percorso di vita professionale e umano differente.” Mi spiega Pietrini. “Parliamo di professionalità intorno ai 45/50 anni con un vissuto aziendale di 20-25 anni. Il fractional supporta  più aziende, dalle 2 alle 4, in media. Questo permette al manager di portare la sua competenza a molte Pmi dove la governance familiare spesso può essere più tradizionale, specialmente su strategie finanziarie, acquisti, marketing. La convergenza di Pmi, spesso di filiera, in necessità di avere una nuova visione o nuove strategie per affrontare la crisi in arrivo, e la disponibilità di fractional executive è una combinazione Win-Win, come si dice in gergo manageriale”, conclude Pietrini.

Sul tema anche Cuzzilla ha le idee chiare.

“Il fractional executive funziona benissimo. È una soluzione agile soprattutto per un Paese come il nostro che ha il 98% dell’industria composto da micro, piccole e medie imprese. Le quali hanno un problema di costi, ma anche di carenza di competenze manageriali. Non ha ancora fatto breccia la convinzione che solo con competenze manageriali esterne alla proprietà si fa il salto di qualità. Strategia competitiva, struttura organizzativa e gestione delle risorse, sia strumentali che umane, fanno la differenza: una più ampia presenza di manager favorisce il superamento del nanismo delle imprese italiane e l’apertura verso nuovi mercati”.

Uno delle voci che influenzano spesso le aziende sono i costi, o meglio, l’investimento finanziario.

Per le Pmi, spesso a governance familiare (totale o parziale), il tema “soldi” conta molto.

Psicologicamente parlando lo stress che investirà le famiglie che guidano una Pmi sarà massiccio.

Senza voler essere tragici sarà uno shock assimilabile ad un incidente di auto, o la perdita di un caro. Non si esagera quando si dice che per molti imprenditori l’azienda è un altro figlio.

L’impegno finanziario quindi, se si desidera scegliere un manager esterno è una voce che deve essere soppesata. In questo senso la scelta di un fractional executive è una soluzione manageriale il cui costo/valore, risulta migliore rispetto ad un temporary.

Sul tema managerialità esterna e costi torna Cuzzilla.” Per quanto riguarda l’impegno finanziario, occorre costruire sistemi di incentivazione. L’iniziativa del voucher a fondo perduto per l’inserimento nelle Pmi di un Temporary export manager (Tem), si è rivelata una iniziativa di successo, tanto che il Mise ne ha sostenuto due edizioni. Il 47% delle aziende che avevano beneficiato di quel voucher ha dichiarato di aver raggiunto l’obiettivo principale di supportare l’avvio ovvero l’espansione del processo di internazionalizzazione; per l’82%, si è registrato un significativo incremento del numero di clienti internazionali, del numero di mercati di esportazione e la crescita del fatturato estero. Stesso successo è atteso dal voucher per l’inserimento di Innovation Manager nelle Pmi, che è stato rifinanziato dopo che la richiesta da parte delle imprese aveva superato ogni aspettativa. Quindi con un mix di finanziamenti e nuova cultura di impresa, il modello del fractional executive può rappresentare un’ottima soluzione, soprattutto in questa fase. Una soluzione, però, che ha la funzione di apripista. La speranza infatti resta che, dopo un’esperienza a tempo, il rapporto di lavoro diventi strutturale, in un’ottica win-win che va beneficio del manager così come dell’impresa”.

Le Pmi che oggi vivono un momento di scoramento, di comprensibile preoccupazione, devono valutare attentamente le prossime scelte.

Specialmente se vivono un ambiente di filiera, devono comprendere che nuovi modelli di business, valorizzazioni del proprio magazzino o nuove forme di finanziamento, dovranno essere strutturate con attenzione. In questo senso una governance familiare che apporta una visione nuova grazie a un fractional executive potrebbe essere una chiave di volta per affrontare al meglio il futuro.

@enricoverga

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