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Mercati Emergenti

Come andranno i mercati emergenti con il Coronavirus

Il commento di Manraj Sekhon, CIO, Franklin Templeton Emerging Markets Equity

Le azioni aggressive intraprese in Cina sono ormai riuscite a contenere in larga parte l’epidemia da coronavirus nel paese, anche se un aumento delle infezioni internazionali ha portato i mercati finanziari globali sulle montagne russe. Il nostro Franklin Templeton Emerging Markets Equity CIO spiega le implicazioni della recente volatilità legata al coronavirus per gli investimenti in Cina e nei mercati emergenti.

Con la trasformazione del coronavirus da epidemia incentrata sulla Cina a pandemia globale, abbiamo assistito a un profondo sconvolgimento dei sistemi sanitari, del comportamento dei consumatori, dell’attività economica e dei mercati a livello globale.

I mercati sviluppati sono in ribasso, con diversi indicatori a segnalare una potenziale recessione negli Stati Uniti, per esempio, i Treasury USA, le azioni e le materie prime, per il timore di un grave abbattimento della domanda. Alcune delle economie asiatiche più piccole, trainate dai flussi, sono probabilmente già piombate in una recessione di breve periodo.

CINA: PRIMA AD ENTRARE, PRIMA AD USCIRE

Le azioni aggressive intraprese dal governo cinese sono ormai riuscite in larga parte a contenere il virus nella regione, con l’abbattimento del numero di nuovi casi giornalieri a una cifra singola fuori dell’Hubei, e meno di 50 infezioni in tutto il paese. Nell’ultimo mese il contributo della Cina ai nuovi casi su scala mondiale è sceso da oltre il 90% a meno del 5%, il che riflette anche l’aumento delle infezioni internazionali. Tuttavia, non si possono escludere del tutto inversioni di tendenza verso una risalita dei contagi.

A febbraio, gli sforzi cinesi si sono concentrati sul contenimento, assicurando al tempo stesso che i lavoratori migranti tornassero nelle province dove svolgono la loro attività lavorativa per riprendere la produzione dopo la pausa prolungata del Capodanno lunare. A marzo abbiamo iniziato a osservare un notevole recupero dei tassi di utilizzo mentre l’obiettivo diventa quello di normalizzare la produzione. Dati alternativi ad alta frequenza provenienti da molteplici fonti suggeriscono che i livelli di produzione hanno recuperato oltre il 60%, come conferma il nostro dialogo costante con le aziende seppur in modo differenziato a seconda del settore e della regione. Le sfide non riguardano tuttavia il solo versante dell’offerta, con tassi di utilizzo delle capacità ancora inferiori in alcune società a causa della debolezza della domanda a breve termine e dell’accumulo di scorte.

Il sostegno politico in Cina si è riproposto di ridurre l’impatto sul sistema finanziario. La People’s Bank of China (PBOC) ha istituito un fondo speciale di rifinanziamento a basso tasso d’interesse per sostenere le industrie colpite, e anche le banche commerciali hanno abbassato i tassi d’interesse per queste aziende. Il Ministro delle Finanze ha anche offerto la copertura degli interessi alle piccole e medie imprese, oltre a sostenere le amministrazioni locali nelle loro attività di controllo.

Su base relativa, il mercato azionario cinese ha dimostrato una notevole capacità di tenuta durante tutta la crisi, con un calo dell’MSCI China dell’8% circa, dal robusto picco del 19 febbraio al minimo del 9 marzo. Notiamo con interesse che i lanci di febbraio di nuovi fondi azionari hanno continuato a registrare una domanda molto forte, arrivando quasi ad esaurire l’offerta in un paio di giorni e raccogliendo circa 15 miliardi di dollari nel corso del mese. Gli sforzi del governo per stabilizzare il mercato nella direzione di un sostegno agli acquisti hanno avuto un’eco molto evidente, che si aggiunge allo stimolo diretto.

Pensiamo che alcune aziende ne beneficeranno in modo evidente, ossia il settore sanitario ma anche gli ambiti favoriti dal passaggio all’online come la formazione, l’e-commerce e il cloud computing. Altri settori, come i cementifici e i produttori di distillati, hanno retto bene in termini di prezzi azionari, ma nel breve periodo hanno ovviamente patito ripercussioni a livello aziendale. Tuttavia, per la maggior parte delle aziende l’impatto è stato più serio, soprattutto per quelle operanti nel settore dei consumi, del tempo libero e dei trasporti.

L’EFFETTO A CATENA

La capacità dei mercati sviluppati di contenere la diffusione del virus, e quindi la gravità e la durata dell’impatto economico globale, sarà ora cruciale. Le economie sviluppate con un indebitamento finanziario più elevato, una popolazione più anziana (dove la mortalità sembra essere più elevata), oltre che un sistema sanitario inefficiente e frammentario corrono maggiori rischi. La risposta del mercato indica finora il timore che molti paesi non siano pronti. Il sostegno governativo, più in generale, è stato molto variabile, e gli stimoli fiscali nelle economie sviluppate non saranno probabilmente sufficienti. Ad esempio, lo stanziamento di 8 miliardi di dollari negli Stati Uniti (0,04% del prodotto interno lordo) e il suo recente raddoppio a 8 miliardi di dollari in Italia (0,4%). Si tratta di misure segnatamente più deboli rispetto all’approccio aggressivo adottato in alcune parti dell’Asia colpite per prime dalla crisi, per esempio lo stimolo di 15 miliardi di dollari di Hong Kong (4,2%) e i 5 miliardi di dollari di Singapore (1,3%). Ci aspettiamo che gli sforzi del governo a livello globale saranno fortemente intensificati.

DOMANDE SUL LUNGO PERIODO

Il nostro pensiero è ora più focalizzato sulle implicazioni a lungo termine della crisi e su ciò che potrebbe significare per l’economia e le aziende che seguiamo, ossia:

•         L’impatto sulle catene di fornitura di tecnologie vitali, cure sanitarie e prodotti industriali, e la maggiore disponibilità dei clienti finali e delle aziende a pagare di più per garantire maggiormente le forniture. È probabile che si verifichi dal prossimo anno in avanti.

•         La gravità e la durata della distruzione della domanda in Occidente. A breve termine, è probabile che assisteremo a uno shock deflazionistico. Dal punto di vista economico, è fondamentale che il sistema finanziario non sia sottoposto ad eccessive tensioni.

•         Complessivamente, avendo affrontato questa crisi con un approccio molto accomodante in termini sia di politica monetaria che di politica fiscale, gli ulteriori stimoli divenuti necessari espongono al rischio di effetti indesiderati ora che gli squilibri seguiti alla crisi finanziaria globale sono amplificati.

•         Per quanto riguarda i mercati azionari, è anche probabile che un rallentamento dell’economia globale unito a tassi di interesse più bassi possa sostenere ancor più i titoli “growth” rispetto a quelli “value”, in quanto gli investitori premiano la visibilità a lungo termine.

•         Le aziende che potrebbero beneficiare di eventuali cambiamenti comportamentali permanenti nella società, per effetto di una maggiore adozione della tecnologia attraverso, per esempio, un aumento del commercio elettronico, l’e-learning, il cloud computing ecc.

IMPLICAZIONE PER GLI INVESTIMENTI

I nostri team a Hong Kong e in Cina hanno tenuto più di 500 incontri e teleconferenze con aziende e specialisti del settore dall’inizio dell’epidemia. Sull’intera nostra linea di investimenti abbiamo inoltre verificato le posizioni in essere e le società più colpite, oltre ad aggiornare le opinioni sui nostri titoli preferiti alla luce della correzione del mercato. Abbiamo selezionato i titoli più raccomandati (in maggior parte già presenti in portafoglio) che in molti casi non hanno subito brusche correzioni, a suggerire l’utilità di un’analisi dell’evento in atto e una ragionevole efficienza del mercato.

Molte aziende hanno segnalato un forte calo degli utili nel primo trimestre, con possibili ricadute nel secondo trimestre.

Nella maggior parte dei casi, tuttavia, anche una grave diminuzione della redditività aziendale a breve termine non altera in modo significativo il valore intrinseco a lungo termine delle nostre partecipazioni. Abbiamo elaborato un modello del calo degli utili del 25-75% nel 2020 e riteniamo che l’impatto sul valore intrinseco a livello di portafoglio sia molto limitato. Queste valutazioni ci portano ad avere fiducia nel nostro posizionamento complessivo di portafoglio, nonostante la recente volatilità del mercato.

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