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Come andrà (male) l’economia italiana. Le stime di Bankitalia

Economia italiana: che cosa ha detto il direttore generale della Banca d'Italia, Luigi Signorini. L'articolo di Giuseppe Liturri

 

Questa mattina sono arrivate le parole di Luigi Signorini, direttore generale di Bankitalia, a dissipare gli ultimi dubbi sulle difficoltà economiche a cui stanno andando incontro famiglie ed imprese nel nostro Paese.

Il dato più rilevante è che il Pil del primo trimestre 2022 (la cui prima stima ufficiale è attesa per fine mese) dovrebbe essersi ridotto “di poco più di mezzo punto percentuale sul periodo precedente”. Una doccia fredda, peraltro largamente attesa, soprattutto se si considera che l’intera eurozona dovrebbe mostrare un dato pressoché invariato.

Secondo Signorini, le cause di tale arretramento sono da ricercarci nella significativa perdita di giornate di lavoro causata dalla diffusione dei contagi della variante Omicron. Dopo il 24 febbraio, il quadro si è appesantito a causa degli ulteriori rincari del costo delle fonti energetiche e delle materie prime ed ha cominciato a soffrire anche la spesa delle famiglie, il cui potere d’acquisto comincia ad essere intaccato da un’inflazione attestatasi a marzo al 7%, nella media trimestrale al livello più alto dal 1991.

Ha poi aggiunto che i modelli previsionali di Bankitalia fanno fatica a stimare le conseguenze per i prossimi mesi. Tuttavia solo lo scenario più severo  – che prevede il progressivo abbandono delle forniture di gas russo entro fine anno – prevede un ulteriore calo del Pil tra quest’anno ed il 2023. Secondo le stime dei tecnici di via Nazionale, il sistema produttivo dovrebbe mostrarsi abbastanza resiliente. Si piegherà senza spezzarsi e tornerà rapidamente sul sentiero precedente.

L’impatto delle sanzioni sull’export italiano in Russia, pur essendoci alcuni casi di imprese fortemente esposte, promette di rivelarsi contenuto. Diverso è il caso delle importazioni, dominate dalle fonti energetiche come gas e petrolio. Per mitigare gli effetti negativi, Bankitalia è scettica sull’ipotesi che la crisi sia contenuta attraverso meccanismi di riduzione dei prezzi. Le risorse pubbliche disponibili vanno concentrate sul sostegno, nel breve periodo, del reddito di famiglie ed imprese.

Non si deve rinunciare al valore segnaletico dei prezzi delle fonti fossili che deve rimanere elevato per spingere verso la ricerca di fonti alternative, indurre ad un risparmio nei consumi e ad un uso efficiente. A parere di Signorini, “al di là delle oscillazioni eccezionali di questi giorni, mi pare opportuno tenere a mente che nei prossimi anni, per contribuire a rispettare gli impegni climatici, i prezzi dei combustibili fossili dovranno comunque crescere considerevolmente”.

Dobbiamo essere grati a Signorini per l’eccezionale chiarezza della sua esposizione, sulla base della quale possiamo trarre alcune conclusioni:

  • L’inflazione (tutta causata da problemi dal lato dell’offerta) è qui per restare e la guerra è intervenuta per peggiorare il quadro congiunturale.
  • Il morso sul reddito di famiglie ed imprese è certo ed evidente ma la misura appare difficilmente stimabile, ancorché Bankitalia si mostri relativamente ottimista. Speriamo che non abbiano sbagliato i calcoli.
  • La goffa alternativa proposta dal presidente Mario Draghi tra pace e condizionatori accesi è del tutto infondata. Per certo spegneremo i condizionatori (che, al netto della fiction, significa dover fermare il sistema produttivo) perché l’escalation delle sanzioni alla Russia porterà abbastanza in fretta all’embargo verso petrolio e gas russo e solo la resistenza della Germania sta impedendo la mossa finale. Ma il presunto scambio tra prezzo del gas elevato a causa delle sanzioni e del blocco dell’import e pace ha davvero modeste probabilità di avverarsi. Nessun analista internazionale crede che le sorti del conflitto russo-ucraino possano essere influenzate dalle sanzioni Ue/Usa.
  • Avremo i condizionatori spenti (o meglio, le aziende chiuse) e la guerra.

 

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