Gli investimenti diretti (IDE) della Cina in Europa scendono al livello più basso dal 2010, a 6,8 miliardi di euro nel 2023. Sono lontanissime le cifre di anni come il 2016 e il 2017, in cui gli investimenti erano sopra i 35 miliardi all’anno. Anche l’attività di fusioni e acquisizioni scende del 58% rispetto al 2022, a 1,5 miliardi di euro.
Proprio questo dato è interessante, perché sinora le acquisizioni di aziende europee sono state il metodo principale con cui la Cina ha investito in Europa. Nel 2023 si è invece assistito a un cambio di strategia e, sia pure in un contesto di minori investimenti, la maggior parte di questi (78%) è stata effettuata attraverso investimenti industriali, con Capex diretti. Gli investimenti industriali maggiori sono stati quelli di CATL, AESC e Huayou Cobalt, tre impianti per la fabbricazione di batterie in Ungheria, Germania e Francia.
L’Ungheria è la meta preferita dei capitali cinesi (44% del totale), mentre il settore dell’auto elettrica è il maggioritario (69% degli investimenti). Gli investimenti industriali nel settore cresceranno ancora, considerato che per il 2024 sono già annunciate due gigafabbriche in Europa da un miliardo di euro l’una e nel 2026 BYD comincerà a produrre EV in Ungheria.
Se si esclude l’auto elettrica, il settore di maggiore interesse per i cinesi in Europa è il settore medicale, circa 600 milioni lo scorso anno, in particolare apparecchiature mediche e farmaceutica. Dal 2014 gli IDE cinesi cumulati (esclusi gli utili reinvestiti) sono pari a 196 miliardi di euro. Davvero non poco.
Due osservazioni. La prima è che oggi auto elettrica e Ungheria sono, insieme, la destinazione preferita dei capitali cinesi. La seconda è che a Bruxelles giace una proposta di regolamento sul controllo degli investimenti dall’estero, che probabilmente sarà ripresa nella nuova legislatura che si apre il mese prossimo. Quanto sarà invasiva la regolamentazione di Bruxelles dipenderà dai rapporti di forza che si verranno a creare in Consiglio.