skip to Main Content

Vi spiego come e perché Landini e Colla si sono spartiti i posti al vertice della Cgil

Il commento di Giuliano Cazzola

Ai tempi dell’Unione sovietica circolava una barzelletta divertente. Un funzionario del Pcus veniva inviato in un remoto villaggio siberiano per svolgere, nell’ambito di un corso di formazione, la lezione introduttiva sul tema: “Il socialismo scientifico’’. Il compagno esponente dopo aver criticato i limiti del c.d. socialismo umanitario era passato a spiegare la svolta del pensiero di Marx ed Engels i quali avevano dato una base scientifica al socialismo, poi messo in pratica da Lenin. In seguito il segretario della cellula aveva aperto il dibattito e chiesto se c’erano delle domande da rivolgere al compagno venuto da Mosca. Aveva alzato la mano un contadino il quale, ottenuta la parola, aveva chiesto al relatore: “Ma se il socialismo è una scienza, somiglia alla medicina?’’. Il funzionario, sorridendo, aveva risposto: ‘’Non proprio, ma se ti aiuta a capire possiamo dire di sì’’. Al che di rimando (“Ma non lo potevate sperimentare sulle cavie, allora!’’) aveva replicato il contadino.

La stessa domanda potrebbe essere rivolta da un delegato di Voghera a Susanna Camusso quando nelle conclusioni spiegherà che è intervenuto un accordo in base al quale Maurizio Landini sarà eletto segretario generale e sarà affiancato da due vice segretari di cui uno sarà proprio Vincenzo Colla (che probabilmente avrà anche la responsabilità dell’organizzazione).

“Perché non vi siete messi d’accordo prima?’’, lamenterà il delegato. In fondo questa è una soluzione logica che la Cgil, ai tempi d’oro, ha sempre percorso, dando prova di ragionevolezza e capacità di mediazione. Non c’era soltanto da sistemare i rapporti tra i comunisti e i socialisti, sulla base di un manuale talmente collaudato da far invidia a quello di Cencelli. In talune occasioni vennero eletti (nella Fiom e nella Filtea) persino due segretari generali, uno comunista e l’altro socialista, allo scopo di non creare divisioni tra le maggiori correnti.

Ma anche all’interno della componente comunista, ogni posizione doveva essere rappresentata. Palmiro Togliatti soleva affermare che tra Giorgio Amendola e Pietro Ingrao esistevano solo “differenze di temperamento’’. Guai a riconoscere la presenza di strategie diverse con tanto di seguaci. Luciano Lama stava insieme a Rinaldo Scheda e a Sergio Garavini, Bruno Trentin a Fausto Bertinotti.

In effetti, il superamento del tradizionale modello di governance aveva condotto la Cgil a una condizione più confusa di alleanze trasversali. Solo la Fiom era rimasta graniticamente “sandinista’’, perché Claudio Sabattini era come Attila: dove passava lui non cresceva più l’erba, non c’era spazio per altre posizioni (Susanna Camusso ha sofferto di persona questa prassi di esclusione dal gruppo dirigente perché non omogenea).

Dietro a Sabattini, alla Fiom, si era aperta una catena dinastica, l’ultimo rampollo della quale – Landini, appunto – non è stato soltanto il primo “sandinista’’ ad entrare nella segreteria confederale, ma riuscirà a sedersi anche sulla poltrona di segretario generale.

Del resto, una soluzione diversa dall’accordo sarebbe stata non solo rischiosa per l’unità della Cgil, ma addirittura incomprensibile. Il congresso si era svolto su di un documento unitario (votato dal 98% dei partecipanti alle assemblee di base). La connotazione dei delegati (a favore dell’uno o dell’altro dei due candidati) era tutt’altro che trasparente, perché basata su rapporti di conoscenza personale anziché su posizioni politiche rese esplicite nel dibattito.

A quanto pare, poi, i sindacati stanno scendendo – un po’ tardivamente – sul piede di guerra contro il governo. Landini in una recente intervista a Repubblica ha usato parole dure contro l’esecutivo. Il fatto che abbia avvertito il bisogno di coprirsi su questo lato è positivo. Poi Landini è consapevole che Parigi val bene una messa. Lo si è visto con l’ultimo rinnovo del contratto dei metalmeccanici.

Per superare la prova che gli avrebbe consentito di entrare a fare parte della segreteria confederale non ha esitato a sottoscrivere un testo nei confronti del quale, anni prima, avrebbe messo a ferro e a fuoco la categoria. E i lavoratori l’hanno seguito fedelmente accettando quei contenuti contro i quali erano stati chiamati per anni alla lotta. Con i tempi che corrono, avere un leader in grado di farsi obbedire non è una cosa da poco. Soprattutto a sinistra.

Back To Top