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La Banca d’Italia spinge l’euro digitale e attacca le stablecoin

Euro digitale, cripto-attività, stablecoin e finanza digitale. L'audizione in Senato di Chiara Scotti, vice direttrice generale della Banca d'Italia

Signor Presidente, Onorevoli Senatrici e Senatori,

vi ringrazio per l’invito rivolto alla Banca d’Italia a intervenire su un tema tanto cruciale quanto attuale: l’evoluzione della moneta e l’impatto delle tecnologie digitali sui sistemi finanziari.

Le soluzioni digitali stanno trasformando il modo in cui i cittadini, le imprese e le istituzioni effettuano pagamenti, risparmiano e investono. I progressi tecnologici offrono a operatori privati e autorità pubbliche – in particolare alle banche centrali – l’opportunità e la responsabilità di promuovere un’innovazione affidabile, attenta ai rischi e fondata su presidi legali e tecnici, in grado di tutelare efficacemente i consumatori, le imprese e l’economia.

La Banca d’Italia e l’Eurosistema sono impegnati a garantire che questo cambiamento si realizzi in modo ordinato, inclusivo e sicuro. In questo contesto, oggi vi parlerò dell’euro digitale, che rappresenta una delle iniziative più significative degli ultimi anni: una nuova forma di moneta pubblica che affiancherebbe il contante, potenziando la sovranità monetaria dell’area dell’euro e garantendo a cittadini e imprese un’opzione di pagamento gratuita, sicura e accessibile in tutta Europa.

Dal lato delle iniziative private, mi concentrerò sulle cripto-attività, in particolare le stablecoin, che, pur offrendo alcune funzionalità potenzialmente utili, pongono rilevanti interrogativi in termini di stabilità finanziaria, regolare funzionamento del sistema dei pagamenti, tutela dei consumatori e della sovranità monetaria. Il legislatore europeo è intervenuto per chiarire l’ambito definitorio, istituire presidi a salvaguardia della clientela e favorire uno sviluppo ordinato del mercato. Alcune fonti di rischio permangono, tra cui l’eterogeneità degli approcci normativi a livello internazionale.

Infine, nell’ambito del più ampio processo di digitalizzazione della finanza, illustrerò le principali evidenze emerse dalle indagini e dal dialogo con il mercato che la Banca d’Italia conduce attraverso i propri canali istituzionali. Queste iniziative sono fondamentali per presidiare rischi, esistenti ed emergenti, e per promuovere una innovazione capace di conciliare le potenzialità del progresso tecnologico, le esigenze degli operatori, la tutela dei cittadini e la stabilità del sistema economico-finanziario.

1. Euro digitale

L’euro digitale rappresenta l’evoluzione delle banconote in chiave digitale: affiancherebbe il contante senza sostituirlo, offrendo a cittadini e imprese uno strumento di pagamento gratuito nelle funzioni di base e utilizzabile in tutta l’area dell’euro. Si tratta di un progetto strategico per l’Europa, perché riguarda un bene primario nel sistema finanziario: la valuta.

Perché serve e che caratteristiche avrebbe

Il mondo dei pagamenti sta cambiando. Il contante – moneta emessa e garantita dalla banca centrale – sta perdendo il suo ruolo dominante nei pagamenti, a favore di soluzioni digitali.

Secondo i dati della Banca centrale europea (BCE), nell’area dell’euro la quota di pagamenti in contante nei punti vendita fisici – in numero – è scesa dal 79% delle transazioni nel 2016 al 52% nel 2024. In Italia, la riduzione è stata dall’86% al 61% nello stesso periodo; dal 2022 i pagamenti alternativi al contante al punto vendita fisico si sono attestati al 51% del valore delle transazioni, superando per la prima volta quelli in contante (49%).

Inoltre, il mercato dei pagamenti digitali al dettaglio nell’area euro rimane frammentato: tredici dei venti Paesi membri sono privi di uno schema di carte di pagamento nazionale e circa due terzi dei pagamenti con carta passano attraverso pochi grandi operatori non europei; una dipendenza aggravata dalla crescita dell’e-commerce nei pagamenti quotidiani.

Tra il 2019 e il 2024, in Europa la quota di pagamenti online (e-commerce) è salita dal 18 al 36% in valore e dal 7 al 21% nel numero; in Italia, rispettivamente dal 16 al 38% e dal 6 al 24%. Per questi pagamenti, il contante non è un’opzione e si usano soprattutto sistemi non europei come PayPal, Visa e Mastercard. La Corte dei Conti Europea indica che il 40 per cento dei pagamenti e-commerce è regolato con carte, per le quali la quota di mercato combinata di Visa e Mastercard è del 90 per cento.

Questa dipendenza da attori stranieri può compromettere l’autonomia strategica e la sovranità monetaria europea. Allo stesso tempo, penalizza le banche e i commercianti europei che pagano elevati costi di accesso ai servizi di pagamento.

L’euro digitale è la risposta dell’Eurosistema: un’opzione di pagamento pubblica, sicura, istantanea, rispettosa della privacy, accessibile a tutti e utilizzabile ovunque nell’area euro.

Basato su un’infrastruttura europea progettata per integrarsi nell’ecosistema dei pagamenti esistenti, l’euro digitale rafforzerebbe la resilienza del sistema dei pagamenti, garantendo continuità anche in caso di minacce imprevedibili, guasti della rete o disastri naturali, grazie alla funzione offline, che oggi nessun altro strumento fornisce.

Per proteggere la stabilità finanziaria, l’euro digitale non sarebbe remunerato e sarebbe soggetto a un tetto massimo di disponibilità per ogni cittadino, per prevenire effetti negativi sulla raccolta bancaria e sull’offerta di credito, preservando così la funzione economica e sociale degli intermediari.

Benefici per consumatori, commercianti e banche

Oltre alla sua valenza strategica, l’euro digitale è pensato per apportare benefici ai vari attori economici coinvolti.

Per i cittadini, i vantaggi si concentrano su tre concetti.

Semplicità: un unico mezzo di pagamento, accettato da tutti e ovunque nell’area dell’euro, semplificherebbe la vita delle persone.

Oggi solo le banconote assolvono a questa funzione, ma hanno il limite di poter essere scambiate soltanto di persona e in punti vendita fisici.

Inclusione: una modalità di pagamento accessibile a tutti i cittadini dell’area dell’euro, attraverso un’applicazione digitale (APP) o carta fisica, garantirebbe una piena “cittadinanza digitale”.

L’APP sarà sviluppata rispettando i criteri dell’Atto europeo sull’accessibilità, includendo accorgimenti che ne facilitino l’utilizzo da parte di persone con limitata esperienza o competenza tecnologica o con disabilità, affinché non rimangano emarginate dalla transizione digitale. Alle fasce più vulnerabili della popolazione sarebbe garantita assistenza per l’apertura e la gestione del proprio portafoglio in euro digitale. Questa funzione di supporto potrebbe ad esempio essere affidata a Poste in Italia e ad analoghe istituzioni negli altri Paesi europei.

Tutela della riservatezza: Per i pagamenti online verrebbero utilizzate tecnologie avanzate di tutela della privacy, nel pieno rispetto delle norme europee, sotto la supervisione di autorità indipendenti. Nei pagamenti offline, la riservatezza sarebbe paragonabile a quella del contante: solo le controparti conoscerebbero i dati dell’operazione.

Gli intermediari che distribuiranno l’euro digitale saranno soggetti alla normativa contenuta nella Payment Service Directive 2 (PSD2), la Payment Account Directive (PAD), la Settlement Finality Directive (SFD) e la Direttiva AML/CFT, per il contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. Con riferimento alla privacy, gli intermediari avrebbero la possibilità di conoscere i dati delle transazioni online dei rispettivi utenti soltanto nella misura richiesta per il rispetto di queste norme.

Anche i fornitori di beni e servizi potrebbero trarre benefici concreti.

Costi e potere negoziale: per le imprese, e in particolare per le piccole attività, l’euro digitale potrebbe ridurre i costi di accettazione dei pagamenti. La presenza di un’alternativa pubblica, inoltre, contribuirebbe a rafforzare il potere negoziale dei commercianti.

Oggi in Europa i piccoli esercenti pagano commissioni anche 3-4 volte superiori rispetto alle grandi aziende. L’euro digitale ristabilirebbe un maggiore equilibrio, grazie a un tetto massimo alle commissioni stabilito per legge.

Resilienza operativa: in caso di blackout o disservizi della rete, l’euro digitale utilizzato in modalità offline garantirebbe la possibilità di effettuare e ricevere pagamenti.

Infine, a fronte dei costi sostenuti, importanti benefici si manifesterebbero anche per le banche e gli altri intermediari che svolgerebbero un ruolo centrale nella distribuzione dell’euro digitale.

Servizi a valore aggiunto: oltre a ricevere una equa compensazione per la distribuzione dell’euro digitale, banche e intermediari potranno sviluppare nuovi servizi a valore aggiunto su una piattaforma europea condivisa.

È cruciale mettere a punto un modello di compensazione per remunerare gli intermediari per l’offerta di servizi in euro digitale. Questa remunerazione è collegata alla definizione delle commissioni che essi potranno applicare ai commercianti e che dovranno essere tali da bilanciare gli interessi del commerciante, che deve accettare l’euro digitale, e quelli dell’intermediario che ne gestisce le transazioni. Stabilire un sistema di commissioni equo ed economicamente sostenibile è fondamentale per fornire adeguata considerazione agli interessi di tutti.

Competitività: la disponibilità di un’infrastruttura pubblica aperta contribuirà a rafforzare la competitività del sistema bancario europeo rispetto alle Big Tech, e garantirà anche agli operatori più piccoli l’accesso a tecnologie avanzate.

Strategie di coinvolgimento dei soggetti interessati

L’ampiezza e la trasversalità del progetto euro digitale hanno reso centrale, sin dall’inizio, il coinvolgimento attivo del mercato, a livello sia nazionale sia europeo.

In Italia, all’inizio del 2025, è stato avviato un Tavolo dedicato all’euro digitale, seguendo l’esperienza del Comitato Pagamenti Italia. Questo Tavolo riunisce rappresentanti del mercato dei pagamenti, autorità di settore, fornitori tecnologici e associazioni di categoria (incluse quelle di consumatori e commercianti). L’obiettivo è favorire un confronto sui principali aspetti del progetto, accrescere la conoscenza dell’euro digitale e riflettere sulle funzionalità di interesse.

A livello europeo, la BCE ha promosso una piattaforma di innovazione dedicata, che ha coinvolto quasi 70 soggetti tra commercianti, fintech, start-up, banche e altri fornitori di servizi di pagamento.

Mano a mano che il progetto procede nella sua realizzazione verrà anche definito, d’intesa con la BCE, un piano di comunicazione rivolto al largo pubblico per diffondere consapevolezza circa le caratteristiche dell’euro digitale e i benefici che deriverebbero ai cittadini dalla sua introduzione, per rafforzare la fiducia dell’opinione pubblica nel sistema dei pagamenti europeo e per contrastare la disinformazione.

Prossimi passi attesi a livello Eurosistema e legislativo

L’iniziativa dell’euro digitale ha preso forma cinque anni fa, con la pubblicazione del Report on a digital euro curato dall’Eurosistema. Nel 2021 è stata avviata la fase di investigazione per definire le caratteristiche fondamentali e le modalità di distribuzione dell’euro digitale. Il 1° novembre 2023, il Consiglio direttivo della BCE ha autorizzato la fase preparatoria del progetto, attualmente in corso e volta a definire gli aspetti regolamentari, infrastrutturali e di mercato dell’implementazione dell’euro digitale.

In maggior dettaglio, durante la fase preparatoria verranno completati:

(i) lo schema per i pagamenti in euro digitale, cioè l’insieme di regole, standard e procedure che gli intermediari devono osservare;

(ii) la selezione dei potenziali fornitori per sviluppare l’infrastruttura dell’euro digitale. Facendo leva sulla propria esperienza nello sviluppo e nella gestione delle piattaforme per il regolamento dei pagamenti, la Banca d’Italia si è candidata, in consorzio con altre banche centrali già coinvolte nella fornitura di infrastrutture di mercato dell’Eurosistema. In particolare, questa alleanza fornirebbe componenti della piattaforma relativi ai servizi essenziali, quali l’emissione e il regolamento di pagamenti in euro digitale;

(iii) la definizione della metodologia per determinare l’importo massimo di euro digitale detenibile da ciascuna persona;

(iv) le ricerche di mercato sulle necessità specifiche dei diversi segmenti della popolazione e dei piccoli commercianti.

La fase attuale terminerà alla fine del 2025, quando il Consiglio direttivo della BCE deciderà se avviare la fase successiva. Il lavoro progettuale si sta svolgendo in parallelo al processo legislativo, affinché l’Eurosistema sia in grado di emettere l’euro digitale appena quest’ultimo sarà concluso. La decisione finale sull’emissione dell’euro digitale richiederà infatti la previa adozione della normativa pertinente da parte delle istituzioni politiche comunitarie. Nel Consiglio europeo, l’Italia partecipa tramite il Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), col supporto tecnico della Banca d’Italia, che tiene conto anche delle evidenze emerse nel Tavolo euro digitale.

A questo proposito, nel giugno 2023, la Commissione europea ha presentato una proposta di Regolamento per l’introduzione dell’euro digitale, come parte del Pacchetto moneta unica, assieme alla proposta per sostenere l’uso del contante. Seguendo l’iter legislativo ordinario, la proposta è passata alla lettura, in parallelo, di Consiglio e Parlamento europei che stanno discutendo eventuali emendamenti al testo.

Come ricordato dalla Presidente della BCE Lagarde, è fondamentale accelerare il processo legislativo: una sfida urgente per leader e legislatori dell’Unione europea. In un contesto geopolitico instabile e con l’avanzata rapida delle tecnologie di pagamento sviluppate da attori esterni all’Unione Europea, restare al passo è più che mai essenziale.

Durante la riunione dell’8 luglio del Consiglio “Economia e finanza” (ECOFIN), i Paesi membri hanno ampiamente sostenuto l’ambizione della Presidenza danese di trovare un accordo entro la fine del 2025, impegnandosi a portare avanti i lavori necessari per raggiungere tale obiettivo.

Le questioni più delicate ancora aperte riguardano principalmente la competenza sulla decisione dell’emissione e del limite di detenzione tra legislatori e BCE, la privacy e il modello di compensazione degli intermediari.

* * *

L’urgenza di tutelare l’autonomia europea in settori come difesa ed energia è ormai conclamata; assicurare l’autonomia per altri servizi essenziali, come i pagamenti, è altrettanto urgente. È indispensabile una risposta all’altezza della trasformazione tecnologica in atto, capace di offrire strumenti di pagamento digitali sicuri, efficienti e inclusivi, preservando al contempo il ruolo della moneta della banca centrale.

In questo contesto, l’euro digitale potrebbe diventare un elemento chiave per l’integrazione dei pagamenti digitali nell’area euro. Non si tratta di sostituirsi al mercato, ma di collaborare per costruire un ecosistema più aperto, resiliente e interoperabile, a beneficio dei cittadini, delle imprese e della stabilità finanziaria.

2. Cripto-attività e stablecoin

Proseguendo nella riflessione sull’evoluzione dei pagamenti digitali e sulle sfide per la sovranità monetaria, è importante soffermarsi anche sull’universo delle cripto-attività e delle stablecoin in particolare.

Le cripto-attività sono rappresentazioni digitali di valori o di diritti, basate su tecniche crittografiche volte a rendere sicuri e verificabili i dati. Non esistono fisicamente e vengono custodite in portafogli elettronici (wallet). Vengono trasferite tra utenti attraverso tecnologie avanzate come la blockchain e consentono di effettuare transazioni anche in maniera pseudonima (cioè senza che l’identità reale del mittente e del destinatario sia direttamente visibile) o del tutto anonima (quando non è possibile risalire all’identità degli utilizzatori). Possono essere emesse da banche, intermediari finanziari e altri soggetti, anche non chiaramente identificabili.

A differenza delle valute ufficiali come l’euro o il dollaro, le cripto-attività non sono moneta legale, non sono emesse o garantite da autorità pubbliche e non svolgono pienamente le funzioni tipiche della moneta. Per questo è più appropriato definirle cripto-attività e non cripto-valute.

Le cripto-attività assumono forme diverse. Una distinzione fondamentale riguarda il fatto che il loro valore possa essere o meno ancorato ad attività sottostanti. Le cosiddette unbacked crypto-asset, come il bitcoin, non hanno alcun riferimento stabile e, come più volte segnalato anche dalla Banca d’Italia, sono soggette a forti oscillazioni di prezzo. Per questo motivo sono considerati strumenti di natura speculativa.

Per contrastare questa volatilità sono nate le cripto-attività di “seconda generazione”, le stablecoin, che sono ancorate ad altre attività o a valute (come l’euro o il dollaro) e supportate dalla presenza di riserve pensate per garantire i diritti di rimborso degli utenti.

Le stablecoin sono generalmente utilizzate nelle operazioni di compravendita di altre cripto-attività e, in misura minore, nei pagamenti transfrontalieri e come riserva di valore nelle economie emergenti. Ad oggi rimane invece limitato il loro impiego con finalità di pagamento al di fuori dei casi sopra citati. Più in generale, la dimensione del comparto delle stablecoin è piuttosto contenuta, in quanto rappresenta poco meno del 7% della capitalizzazione globale delle cripto-attività.

In Italia, al 31 dicembre 2024, i 166 virtual asset service provider (VASP) iscritti nella Sezione speciale del Registro tenuto dall’Organismo Agenti e Mediatori (OAM), gestivano cripto-attività, comprese le stablecoin, per un valore superiore a 2,6 miliardi di euro, distribuiti su circa 1,6 milioni di clienti.

Rischi e opportunità delle stablecoin

Le stablecoin non sostituiscono la moneta emessa dalla banca centrale, perché non hanno corso legale come le monete o le banconote, o come potrà averlo l’euro digitale in futuro. Sono emesse da soggetti privati. Se non adeguatamente regolate, possono pertanto comportare rischi significativi per la stabilità finanziaria, l’integrità dei mercati, la tutela dei consumatori e il regolare funzionamento del sistema dei pagamenti.

Il valore stabile promesso dalle stablecoin si fonda sulla solidità degli emittenti, e sulla qualità e trasparenza delle riserve sottostanti. Nel caso di perdita di fiducia nella capacità di una specifica stablecoin di mantenere il proprio ancoraggio, si potrebbero generare fenomeni di panico tra gli utenti, con una corsa alle richieste di rimborso.

Qualora l’emittente non disponga di riserve adeguate o sufficientemente liquide, la situazione di crisi – cosiddetto “stablecoin run” – determinerebbe un crollo del valore della stablecoin, con ulteriori pressioni verso le richieste di rimborso, l’impossibilità per l’emittente di soddisfare le istanze di tutti gli utenti e potenziali effetti di contagio ad altri attori, non solo dell’ecosistema delle cripto-attività, ma anche dell’intero sistema finanziario.

Ulteriori fonti di rischio delle stablecoin e, più in generale, delle cripto-attività riguardano il loro possibile utilizzo per scopi illeciti per dissimulare la provenienza di fondi e limitarne la tracciabilità, con finalità di riciclaggio, finanziamento del terrorismo ed elusione delle sanzioni finanziarie internazionali.

Tutto ciò accade in ragione di gap normativi a livello internazionale e delle caratteristiche delle cripto-attività – “pseudo-anonimato”, portata globale, velocità delle transazioni, eseguibili anche senza l’intermediazione di soggetti vigilati. A giugno scorso, il Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI) ha sottolineato che la maggior parte delle attività illecite on-chain coinvolge stablecoin e che è aumentato significativamente l’utilizzo di cripto-attività in frodi e truffe, per un valore stimato di oltre 50 miliardi di dollari.

Nel 2024 sono pervenute alla Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF) 6.255 segnalazioni di operazioni sospette riconducibili a cripto-attività, in aumento del 25% rispetto al 2023; tale crescita è proseguita nel primo trimestre dell’anno in corso. Per affrontare adeguatamente queste forme di riciclaggio, da qualche anno la UIF ha attivato un sistema di analisi forense per tracciare i flussi di cripto-attività sospetti.

Emergono, inoltre, rischi collegati alle interconnessioni tra i mercati delle cripto-attività e il sistema finanziario: rischi diretti, ad esempio, attraverso l’investimento e/o l’emissione in cripto-attività da parte di banche e altri intermediari finanziari, o indiretti, tramite la crescente disponibilità di prodotti finanziari regolamentati legati alle cripto-attività o inclusi nelle riserve delle stablecoin.

Durante uno “stablecoin run”, ad esempio, una massiccia e improvvisa vendita di titoli di Stato da parte degli emittenti di stablecoin per soddisfare le richieste di rimborso degli utenti potrebbe comportare rischi sistemici per i mercati finanziari e per la stabilità del debito pubblico.

Dal momento che le stablecoin vengono trattate, insieme ad altre tipologie di cripto-attività, all’interno di portafogli gestiti su piattaforme non regolate e prive di controlli, la compromissione o un blocco della piattaforma potrebbe determinare il crollo o l’azzeramento del valore anche delle cripto-attività trattate, generando minacce, potenzialmente anche sistemiche, per la stabilità dei sistemi di pagamento e finanziario.

Non dobbiamo sottovalutare poi il fatto che un’eventuale ampia diffusione di stablecoin, denominate in una valuta diversa da quella di un dato Paese, possa avere ripercussioni sulla sovranità monetaria dello stesso.

Il 99% delle stablecoin è ancorato al dollaro, anche se la maggioranza delle transazioni avviene fuori dagli Stati Uniti. Se le grandi piattaforme tecnologiche decidessero di adottarle come mezzo di pagamento, strumenti tradizionali (come banconote e carte) potrebbero essere spiazzati, con effetti negativi sulla sovranità monetaria.

Inoltre, un’ampia diffusione delle stablecoin potrebbe avere implicazioni significative per la trasmissione della politica monetaria.

A fronte di questi rischi, le stablecoin possono presentare benefici in termini di efficienza: l’impiego di una tecnologia innovativa può consentire sia una riduzione dei costi e dei tempi di esecuzione delle operazioni, specialmente in ambito transfrontaliero, sia l’accesso a caratteristiche di programmabilità e flessibilità, qualora siano utilizzate congiuntamente ai cosiddetti “smart contract”.

Considerate le potenzialità dei nuovi ecosistemi digitali, è importante che anche l’Europa si prepari ad affrontare le trasformazioni in atto, per mantenere un ruolo attivo e competitivo nel contesto finanziario internazionale. A tal fine, un ruolo cruciale è svolto dalla regolamentazione.

La normativa europea e italiana

In Europa, il Regolamento MiCAR ha introdotto una disciplina volta a tutelare la clientela e a favorire uno sviluppo ordinato del mercato. In Italia, il decreto legislativo n. 129 del 5 settembre 2024 ha adeguato l’ordinamento italiano a MiCAR, designando la Banca d’Italia e la Consob quali Autorità competenti in relazione all’accesso al mercato degli operatori e alla vigilanza nel continuo, sebbene con ruoli distinti. La Banca d’Italia si concentra sulla stabilità patrimoniale, la sana e prudente gestione degli emittenti di ART (asset-referenced tokens) ed EMT (electronic money tokens). La Consob si occupa della trasparenza, correttezza dei comportamenti e tutela degli investitori, anche in relazione agli abusi di mercato. Inoltre, il decreto legislativo n. 204/2024 di attuazione del regolamento (UE) 2023/1113 ha assegnato alla Banca d’Italia i poteri di vigilanza antiriciclaggio anche nei confronti dei CASP.

La Banca d’Italia ha contribuito all’adeguamento della normativa nazionale, come evidenziato nell’audizione del dott. Doria davanti alla 6ª Commissione permanente del Senato della Repubblica (Finanze e tesoro) il 1° agosto 2024.

Accanto a regole sull’offerta al pubblico e sulla prestazione di servizi (ad esempio, custodia, scambio e gestione di piattaforme di negoziazione), MiCAR prevede requisiti specifici per gli emittenti di stablecoin in materia di capitale, governance, trasparenza, tutela dei clienti e separazione patrimoniale, tra cui norme sulla composizione e gestione della riserva di attività sottostanti.

MiCAR individua tre tipologie di strumenti rappresentati sotto forma digitale (tokens) soggetti alla sua disciplina. Le prime due sono costituite dai tokens di moneta elettronica (EMT), il cui valore è legato a quello di una sola valuta ufficiale, nonché dai tokens collegati ad una o più attività sottostanti, inclusa una combinazione di valute ufficiali (ART). La terza categoria riveste carattere residuale (cd. crypto other than) e include sia le cripto-attività non garantite sia gli utility tokens. Solo gli EMT offrono ai consumatori tutele sufficienti a qualificarli come mezzo di pagamento, con diritto di rimborso al valore nominale, mentre gli ART, seppur utilizzabili in una certa misura come mezzi di scambio, si presterebbero maggiormente a un impiego con finalità di investimento.

Pur a fronte di queste regole, alcune problematiche rimangono evidenti.

Ad esempio, nonostante le tutele in termini di requisiti di condotta e trasparenza degli operatori, resta il rischio che i consumatori, non comprendendone appieno la natura, confondano le cripto-attività con i tradizionali prodotti bancari e finanziari.

Inoltre, se da un lato la proliferazione e coesistenza di cripto-attività non interoperabili potrebbe amplificare i rischi di frammentazione, dall’altro potrebbero crearsi problemi di concentrazione qualora pochi grandi emittenti si radicassero nel mercato.

Infine, come recentemente evidenziato dal Governatore Panetta, la possibile eterogeneità degli approcci normativi a livello internazionale potrebbe esporre i cittadini dell’Unione Europea a rischi derivanti da piattaforme o emittenti localizzati in giurisdizioni prive di adeguate forme di controllo. Solo la cooperazione internazionale – un obiettivo sul quale l’Europa può assumere un ruolo guida – può aiutare a prevenire questo rischio.

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Oltre al presidio dei rischi da parte delle Autorità, è fondamentale rafforzare le competenze finanziarie e digitali dei cittadini, per aiutarli a orientarsi con consapevolezza tra prodotti e servizi innovativi.

Per l’Eurosistema, resta centrale il compito di preservare il ruolo della moneta di banca centrale nell’economia digitale, nonché quello di garantire la disponibilità di strumenti di pagamento sicuri, affidabili e inclusivi. In quest’ottica, sono state avviate diverse iniziative mirate. La Banca d’Italia partecipa attivamente a questi progetti, sia con riferimento ai pagamenti al dettaglio sia per promuovere l’uso della moneta di banca centrale per il regolamento all’ingrosso di transazioni su attività finanziarie emesse mediante tecnologie DLT.

3. Uno sguardo più ampio alla finanza digitale

Il processo di digitalizzazione non coinvolge solo il sistema dei pagamenti ma l’intero sistema finanziario, con impatti su modelli di business, catene del valore e relazioni con i clienti.

Per finanza digitale si intende l’applicazione e l’impatto di tecnologie innovative ai servizi finanziari: un ambito che include strumenti, applicazioni e processi – come l’intelligenza artificiale, l’apprendimento automatico, i social network, le APP, la tecnologia DLT, il cloud computing e l’analisi dei big data – che stanno rivoluzionando le modalità tradizionali di erogazione dei servizi bancari e finanziari.

Come evidenziato dal Governatore Panetta nel suo recente intervento all’Assemblea dell’ABI, gli avanzamenti tecnologici rappresentano una leva strategica cruciale per gli intermediari, al fine di fronteggiare la concorrenza e consolidare il rapporto con la clientela. Tuttavia, è essenziale che questa trasformazione si orienti verso soluzioni che tutelino la stabilità finanziaria, il corretto funzionamento dei mercati e i diritti delle persone.

Per monitorare l’evoluzione in atto e accompagnare l’innovazione in modo informato, la Banca d’Italia promuove due tipi di attività: le indagini presso gli operatori e i canali di dialogo con il mercato.

Indagini presso gli operatori

Dal 2017 la Banca d’Italia conduce un’Indagine Fintech rivolta agli intermediari vigilati, con lo scopo di monitorare l’evoluzione digitale sotto varie prospettive. Dalle evidenze raccolte emergono alcune tendenze: un progressivo aumento degli investimenti in tecnologia, sostenuto da risultati reddituali favorevoli, ma con ulteriori margini di crescita; un ricorso crescente a partnership, anche con soggetti non vigilati, che ha aperto nuove opportunità, ma ha anche accresciuto i rischi legati alla dipendenza da terze parti, soprattutto per gli operatori più piccoli; lo sviluppo di soluzioni innovative in vari ambiti, come i pagamenti, il rapporto con la clientela, la valutazione del merito creditizio, i processi interni.

Quest’anno si è aggiunta una nuova rilevazione dedicata alle realtà fintech non vigilate. I risultati definitivi sono in corso di elaborazione, ma dalle prime evidenze emerge un ecosistema giovane e dinamico, composto in prevalenza da micro e piccole imprese di recente costituzione, che operano soprattutto nel segmento TechFin, offrendo soluzioni B2B a supporto dei servizi finanziari tradizionali. Più del 70% delle imprese mostra una buona conoscenza del quadro normativo di riferimento. Emerge la necessità di maggiore coerenza e semplificazione normativa, per ridurre sovrapposizioni e accrescere la chiarezza del contesto operativo.

Canali di dialogo

Per agevolare l’innovazione, la Banca d’Italia promuove un dialogo continuo e strutturato con il mercato. Questo confronto costante è essenziale per comprendere le evoluzioni in atto, valutare i rischi emergenti e definire risposte regolamentari e di supervisione efficaci.

In questo contesto, l’Istituto partecipa al Comitato Fintech istituito presso il MEF, una sede che riunisce le autorità di settore – anche in dialogo con il mercato – per sviluppare visioni coordinate e iniziative congiunte volte a favorire lo sviluppo digitale della nostra industria finanziaria, contribuendo per tale via a sostenere il primato tecnologico del Paese.

Inoltre, la Banca d’Italia ha attivato tre strumenti specifici per promuovere l’interazione con il mercato (facilitatori dell’innovazione): il Canale Fintech, operativo dal 2017 come un punto di contatto diretto con gli operatori; Milano Hub, il centro di innovazione che supporta lo sviluppo di idee progettuali; e – sotto il coordinamento del MEF, insieme alla Consob e all’Ivass – la Sandbox Regolamentare, un ambiente controllato per sperimentare prodotti e servizi tecnologicamente innovativi.

Attraverso questi canali la Banca d’Italia ha interagito con oltre 300 realtà, principalmente imprese in fase di avvio, acquisendo una visione privilegiata sulle tendenze emergenti. I progetti spaziano su servizi di pagamento, credito, applicazioni Regtech, servizi per emissione e scambio di cripto-attività e, tra le tecnologie, l’Intelligenza Artificiale e la DLT/blockchain. Accanto a queste, continuano a svolgere un ruolo chiave le tecnologie consolidate come le API (Application Programming Interface), il Cloud e le piattaforme web.

Per facilitare l’innovazione da parte del mercato è in corso di revisione il framework di riferimento per la Sandbox Regolamentare, che mira a semplificare alcune procedure previste dal Decreto ministeriale n. 100/2021 (quali il processo di selezione e accesso alla sperimentazione). La revisione ha beneficiato dei suggerimenti proposti dagli operatori di mercato nel corso delle audizioni organizzate dal Comitato Fintech MEF. È inoltre coerente con riflessioni più ampie, finalizzate ad accrescere l’efficienza e l’efficacia dell’azione della Banca nel sostegno alla digitalizzazione del mercato finanziario.

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Queste iniziative testimoniano l’impegno del nostro Istituto verso un ecosistema Fintech dinamico e sicuro, a cui fa da complemento un approccio prudenziale e di tutela attento, in continua evoluzione. Il quadro informativo che emerge dalle indagini, dal confronto con gli operatori e dall’attività di vigilanza rappresenta una risorsa preziosa. Permette di affinare gli strumenti di supporto istituzionale, modulare l’intervento verso i soggetti vigilati e promuovere – ove necessario, sollecitare – l’adozione di presidi adeguati. È su questa base conoscitiva solida che possiamo accompagnare l’innovazione, guidarla con responsabilità e trasformarla in un motore di crescita stabile, sicuro e inclusivo.

4. Conclusioni

L’innovazione nei sistemi finanziari e nei pagamenti è un processo inarrestabile, destinato a incidere sempre più profondamente sulle modalità con cui cittadini, imprese e istituzioni gestiscono il denaro, effettuano pagamenti e partecipano all’economia. Per le Autorità, questo scenario comporta un duplice impegno: da un lato, la promozione di un rapporto diretto con il mercato, per monitorarne e comprenderne le direttrici di sviluppo, favorendo le evoluzioni meritevoli; dall’altro, un presidio attento, una capacità di adattamento continuo e un impegno concreto a indirizzare il cambiamento verso obiettivi di sicurezza, inclusione ed efficienza.

In questo contesto, l’azione della Banca d’Italia persegue alcune priorità strategiche.

Operiamo al fine di agevolare un’innovazione capace di produrre benefici per operatori e clientela, scoraggiando l’assunzione eccessiva di rischi in assenza di adeguati presidi.

Alcuni progetti in corso sono fondamentali per garantire la sostenibilità attuale e prospettica del sistema finanziario e degli operatori che con esso interagiscono. Sono cruciali anche per salvaguardare la nostra autonomia strategica e operativa, in un contesto mutevole e caratterizzato da incertezza.

In quest’ottica, la sola leva regolamentare non basta. Non possiamo pensare di governare la trasformazione digitale unicamente attraverso divieti o vincoli normativi. Serve una risposta sistemica, lungimirante e in grado di offrire strumenti di pagamento digitali sicuri, efficienti e accessibili, senza compromettere il ruolo centrale della moneta pubblica. Il progetto dell’euro digitale nasce esattamente da questa esigenza.

Parallelamente, è essenziale rafforzare le competenze finanziarie e digitali dei cittadini, affinché siano in grado di muoversi con consapevolezza nel nuovo ecosistema, cogliendo le opportunità dell’innovazione e comprendendone i rischi. A tal fine, la Banca d’Italia è attivamente impegnata nel sostenere un ecosistema di pagamento solido, inclusivo e resiliente e nel promuovere l’educazione finanziaria come strumento di tutela e partecipazione.

In questo percorso, la collaborazione tra Autorità nazionali e internazionali, il dialogo continuo col mercato e lo sviluppo di sinergie tra pubblico e privato rappresentano ingredienti imprescindibili. Solo così potremo assicurare al nostro sistema la resilienza e la competitività necessarie a operare in un contesto sempre più sfidante.

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