Nei miei ricordi di giovane sindacalista è rimasta impressa una considerazione di Vittorio Foa, allora autorevole leader della Cgil, poi a lungo padre nobile della sinistra lucida e riformista.
Correvano i primi, deliranti, anni ’70; in presenza di una crisi di governo (allora era un evento assai frequente) si discuteva nell’ambito della Federazione unitaria Cgil-Cisl-Uil se revocare o meno uno sciopero del pubblico impiego proclamato in precedenza. La Cgil era di questa idea, la Cisl voleva la conferma.
A sostegno della sua opinione, la confederazione di via Po ricordava che, in un’analoga occasione precedente, era stata proprio la Cgil a voler effettuare, a crisi aperta, uno sciopero dell’industria. Mi capitò, allora, di commentare quel dibattito, incontrando Foa nel bar nel sotterraneo della sede confederale in Corso d’Italia. “Come fa la Cisl a non capire – si chiedeva Foa sinceramente stupito – che uno sciopero del pubblico impiego “chiama” la reazione, mentre uno sciopero dell’industria la ferma ?”.
Quelli erano tempi fatti così; la reazione stava sempre in agguato. E la Cgil, fedele alla tradizionale cultura operaista, guardava con sospetto i dipendenti pubblici, allora egemonizzati dalla Cisl. Oggi i rapporti di forza in quel comparto sono cambiati, non solo tra le confederazioni storiche; è cresciuta, infatti, l’influenza di un sindacalismo radicale di base che ha occupato lo spazio un tempo ricoperto da un autonomismo corporativo, spostandone, da destra all’estrema sinistra, la (sub)cultura politica.
In verità il settore in cui il sindacalismo di base contende l’egemonia a quello confederale è quello del trasporto locale che ha inaugurato e consolidato una nuova tipologia di astensione dal lavoro: lo sciopero di venerdì. Vista la frequenza quasi settimanale verrebbe da pensare che tra gli appartenenti a quella categoria vi sia stata una conversione di massa all’Islam, poiché il venerdì è un giorno essenziale per i musulmani. Ma il motivo è molto più prosaico e consiste in un allungamento del week end per rendere più appetibile l’astensione dal lavoro.
Il fatto è che anche il sindacalismo confederale (non solo nel settore del trasporto locale) ha iniziato ad avvalersi del valore aggiunto del ‘’venerdì di lotta’’ (il 29 novembre cadeva appunto di venerdì e il trasporto locale si è fermato sia pure nei limiti della precettazione del ministro Salvini). Nelle ultime ore è accaduto un fatto nuovo: i sindacati confederali hanno raggiunto un’intesa preliminare propedeutica alla sottoscrizione del rinnovo del contratto di lavoro per il comparto che riguarda oltre 110mila lavoratori e che era in discussione da più di un mese.
Basterà questo risultato a mettere in sicurezza, oggi, la mobilità dei cittadini? No: perché il Tar del Lazio (l’Italia è la patria del diritto) ha accolto il ricorso dei sindacati di base, i quali – da promotori dell’astensione dal lavoro che resta confermata a 24 ore – spiegano che sono interessati anche i treni e che l’agitazione non riguarda soltanto la parte economica del contratto, ma è rivolta anche a protestare contro «una politica che asseconda la deindustrializzazione e condanna alla turistificazione della penisola».