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Pensione

Chi non vuole il commissarimento dell’Inpgi?

La disastrosa situazione dell'Inpgi, l'istituto di previdenza dei giornalisti, tra bilancio in rosso, interrogazioni parlamentari, inchieste giornalistiche e ipotesi di commissariamento

I giornalisti, di oggi e di domani, rischiano di non ricevere la pensione. L’Inpgi, l’istituto di previdenza dei giornalisti, è ormai al tracollo, ha una perdita di 242 milioni di euro, come emerge dal bilancio consuntivo 2020. Tra due anni rischia di non poter più erogare alcun trattamento.

I numeri del fallimento dell’INPGI

L’ente è ormai da anni in gravi difficoltà. La gestione previdenziale, cioè le entrate contributive meno le uscite per pagare le pensioni, è negativa da 10 anni e l’anno scorso è arrivata a meno 188 milioni. La gestione principale Inpgi 1 (quella alla quale sono iscritti i giornalisti dipendenti) ha perso in dieci anni quasi il 20% degli iscritti attivi, che oggi sono intorno ai 14.500. Le pensioni erogate, tra il 2011 e il 2020, sono passate da 7.303 a 9.643, e la spesa è aumentata da 392 milioni a 543 milioni. A fronte di entrate contributive pari a 372 milioni di euro, vengono pagate pensioni per 576 milioni.

Conti in rosso e futuro nero

I prossimi prepensionamenti incideranno ulteriormente sui conti.  “La riserva tecnica di 1,144 miliardi di euro basta appena a coprire due annualità delle attuali pensioni”, scrive il senatore pentastellato Elio Lannutti in una relazione ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze. Il deficit è più che raddoppiato dal 2017 al 2021: il nuovo bilancio attuariale prevede l’azzeramento del patrimonio, attualmente pari a circa 1 miliardo, nel 2025. Come ricorda Il Foglio nel dicembre del 2011 l’allora ministro del Welfare Elsa Fornero nel corso di un convegno della Fnsi, il sindacato dei giornalisti, disse che “l’Inpgi ha problemi di sostenibilità” e pertanto bisognava porsi il problema di guardare non solo ai pensionati attuali ma “anche a quelli futuri”. L’analisi della ministra suscitò una reazione furente da parte del sindacato. “L’attacco del ministro Fornero all’Inpgi preoccupa profondamente perché è immotivato, denigratorio, e tenta di colpire una cassa che ha i conti in ordine”, rispose il sindacato e il segretario generale della Fnsi Franco Siddi parlò di “delusione e sconcerto” oltre che di “dubbi e retropensieri gravi.

Le cause del disastro dell’Inpgi

Acta, l’associazione che raccoglie i lavoratori freelance del mondo dell’informazione, elenca le cause del disastro della casa dei giornalisti. Prima di tutto il “calo delle assunzioni nei giornali” necessarie a garantire un flusso contributivo costante. In secondo luogo i “prepensionamenti sono stati usati come strategia per ridurre i costi delle aziende, ingrossando le fila dei percettori di pensione”. Questa dinamica ha portato a uno squilibrio tra i contributi versati all’ente da chi ancora lavora e le pensioni erogate. Anche perché l’Inpgi è passata dal sistema retributivo a quello contributivo solo nel 2016, a 20 anni dalla Riforma Dini. A questo si aggiunge che “il numero di giornalisti con un contratto a tempo indeterminato – quelli più tutelati, e con stipendi minimi molto più alti dei compensi di solito pagati ai freelance con mansioni paragonabili –  è costantemente diminuito nel tempo: su oltre 40 mila iscritti alla previdenza giornalistica nel 2017-2018, solo poco più di 15 mila profili erano inquadrati come lavoratori con contratto a tempo fisso”. Inoltre, come scrive Walter Rizzetto (FdI) nella sua interrogazione parlamentare rivolta al Ministro del lavoro e delle politiche sociali, gli editori non hanno versato “per 65 anni, dal 1951 al 2016, i contributi previdenziali nella stessa percentuale che gli editori stessi avrebbero dovuto pagare all’Inps. Al riguardo, emerge che tale mancato incasso ha permesso agli editori, in 65 anni, di risparmiare addirittura circa 1 miliardo di euro. E tutto ciò ha contribuito a devastare la situazione economica generale dell’Istituto”.

Il rischio di commissariamento

Finora la cassa di previdenza dei giornalisti ha evitato il commissariamento. A fine giugno 2021, scade il termine dell’ultimo rinvio per procedere alla nomina di un commissario dell’ente. Elio Lannutti, nella sua relazione ai ministri del Lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze, rileva che nel decreto “sostegni bis” è presente un emendamento che chiede un’altra proroga di sei mesi, fino al 31 dicembre 2021. “A giudizio degli interroganti è evidente che, se la norma dovesse passare, avrà l’effetto di dare altro tempo ai vertici della cassa di previdenza giornalistica, ma anche agli editori – scrive Lannutti -. Questi ultimi, infatti, non vedono certo di buon occhio un commissariamento che potrebbe frenare i prepensionamenti che si vanno preparando ora che il beneficio della “cassa COVID” è esaurito”. Con la legge di bilancio erano stati stanziati “370 milioni di euro fino al 2027 per i prepensionamenti di giornalisti e poligrafici e complessivamente 109 milioni per il 2020 per la filiera editoriale – continua il senatore -. A questi si sono aggiunti 125 milioni di euro nei vari decreti emergenziali che si sono succeduti, sotto forma di crediti di imposta per gli investimenti pubblicitari, per i servizi digitali, la tax credit per le edicole oltre che una serie di misure che hanno garantito l’accesso alla cassa COVID coperta dallo Stato. La legge di bilancio per il 2021 ha consolidato questi impegni per l’ammontare di 100 milioni di euro, di cui 25 milioni per sostenere gli abbonamenti cartacei e digitali sotto forma di voucher alle famiglie con basso reddito”.

Le proposte di soluzione

Le soluzioni proposte dall’Istituto prevedono, innanzi tutto, un contributo straordinario dell’1% per il riequilibrio della Gestione previdenziale a carico di tutti gli iscritti attivi e pensionati. Tale contributo riguarderà anche gli iscritti alla gestione INPGI 2, in attivo di 35 milioni di euro a differenza di INPGI 1. A INPGI 2 sono iscritti tutti quei lavoratori che scrivono articoli per testate da giornalisti pubblicisti e per i quali il giornalismo non è la loro entrata principale. Negli anni però è stata popolata dai tanti giornalisti freelance, partite IVA monoreddito, che lavorano da giornalisti al pari colleghi dipendenti (di solito più anziani). “I liberi professionisti si ritroveranno con mini- assegni da 200 euro al mese (calcolo nostro) – scrive ACTA –  a causa dei bassissimi versamenti”. Mentre “le pensioni correntemente pagate dall’Inpgi1 agli ex dipendenti, ce ne sono, invece, molte che superano i 5mila euro al mese”. In aggiunta al contributo di solidarietà, che dovrebbe portare nelle casse dell’ente un gettito quantificabile in 15,5 milioni di euro annui (circa 78 milioni in 5 anni), viene prevista “la rimodulazione del limite di reddito cumulabile con la pensione, con l’abbassamento della attuale soglia di franchigia a 5.000 euro annui”. Ciò dovrebbe comportare un risparmio quantificabile in 1,5 milioni di euro annui.

L’ingresso in INPGI dei comunicatori

Tra le altre proposte che non hanno raccolto il favore degli interessati c’è l’arrivo in INPGI 1 di “tutti i lavoratori della filiera dell’editoria, oltre ai “comunicatori”, che tra privati e pubblici, raggiungono circa 14.500 addetti”. Tale trasferimento che è previsto dalla legge n. 58 del 2019, ma a partire dal 2023. “Quest’ipotesi però trova indisponibili tanto gli interessati quanto i loro rappresentanti sindacali, a fronte di un problema non solo di frammentarietà delle posizioni contrattuali e quindi previdenziali dei lavoratori dell’editoria, che anzi andrebbe affrontato, ma anche e soprattutto di garanzia pubblica delle pensioni – scrive ancora Lannutti -. L’ampliamento della platea degli iscritti porterebbe comunque pochi benefici alle magre casse dell’Istituto, visto che si tradurrebbe in nemmeno 20 milioni di euro di benefici all’anno per un quinquennio. Altra proposta sul tavolo messa a punto per incassare quella liquidità necessaria alla sopravvivenza dell’ente consisterebbe nel trasferire gli immobili del fondo immobiliare in una SICAF (società di investimento a capitale fisso) al 51 per cento della gestione separata (INPGI 2) e al 49 per cento della gestione principale (INPGI 1)”. In pratica, i soldi dei giornalisti collaboratori andrebbero a “finanziare” le esigenze di cassa della gestione dei giornalisti dipendenti.

Pasquale Tridico: “L’INPS pronta ad accogliere l’Inpgi”

Il presidente dell’Inps Pasquale Tridico si è detto disponibile a elaborare un piano per l’assorbimento del disastrato Inpgi all’interno dell’Istituto che dirige. “I numeri — ha detto — sono quelli noti, le difficoltà dell’Inpgi sono strutturali. Spostare i comunicatori o un altro tipo di contribuenti dall’Inps verso l’Inpgi secondo me non è la soluzione. Noi saremmo in grado di assorbire l’Istituto, così abbiamo fatto in passato. Saremmo disponibili, c’è una interlocuzione in corso”.

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