Il settore del lusso nel 2025 sta attraversando una fase di riposizionamento profondo, influenzato da cambi generazionali, problematiche strutturali e instabilità economica e geopolitica. Oggi Gen Z e Millennials, cercano autenticità, qualità e sostenibilità che sono diventati i principali driver d’acquisto, superando il semplice status symbol.
Piuttosto che prodotti iconici, i giovani consumatori cercano esperienze personalizzate e connessioni emotive con i brand. Le società del lusso stanno reagendo spostandosi verso un modello più inclusivo, dove l’espressione personale e la condivisione sui social giocano un ruolo centrale.
RALLENTAMENTO DELLA DOMANDA E OSTACOLI STRUTTURALI
Questo cambiamento dei consumatori avviene in un contesto di rallentamento della domanda globale: nel 2025 si prevede una contrazione del mercato tra il 2% e il 5% secondo Bain, dovuto alla crisi del modello di distribuzione wholesale, all’instabilità delle supply chain (qualità dei fornitori che spesso non supera criteri ESG) e pressioni sui canali di distribuzione, sia fisici che digitali. Inoltre, la crescente incertezza economica e tensioni geopolitiche (come le tariffe USA e le guerre in Ukraina e nel Medio Oriente) stanno erodendo il “feel good factor” fondamentale per le spese in beni discrezionali.
IL PASSAGGIO GENERAZIONALE COME SFIDA STRATEGICA
Come se non bastassero i cambi di abitudini di consumo e le incertezze geopolitiche, molte delle grandi “Maison” del lusso stanno per affrontare la fase cruciale di passaggio generazionale, che coinvolge sia le dinastie familiari alla guida dei grandi gruppi, sia le strutture manageriali e creative dei brand. Questo processo è delicato e strategico, perché incide direttamente sulla continuità, l’identità e la competitività delle aziende.
Molti gruppi del lusso, soprattutto in Francia e Italia, sono ancora a conduzione familiare. Il passaggio generazionale non è solo una questione di successione, ma di trasferimento di visione, valori e leadership.
I CASI LVMH, FERRAGAMO E PRADA
Ad esempio, il Gruppo LVMH ha avviato un processo graduale di successione con l’ingresso dei figli di Bernard Arnault in ruoli chiave: Delphine Arnault è diventata CEO di Dior Couture, mentre Antoine e gli altri figli hanno assunto ruoli strategici nella holding.
In Italia, la famiglia Ferragamo è oggi già alla sua quarta generazione in azienda con circa 50 nipoti legati a vario titolo all’azienda. Dopo la morte del fondatore Salvatore Ferragamo nel 1960, la guida è infatti passata prima alla moglie Wanda Ferragamo, che ha gestito l’azienda per oltre 50 anni, poi ai sei figli che hanno ricoperto poi chiave nella trasformazione del brand in un gruppo globale.
Per evitare conflitti e garantire una transizione ordinata, la famiglia ha firmato un accordo che stabilisce, tra le altre cose, i requisiti per entrare in azienda. Il Gruppo è quotato in Borsa dal 2011 e ha sempre scelto di preservare l’indipendenza del brand evitando cessioni a gruppi esterni come i conglomerati francesi LVMH e Kering.
In Italia ancora, il Gruppo Prada ha iniziato a pianificare il futuro con un avvicendamento progressivo, mantenendo però una forte presenza della famiglia fondatrice.
Questi cambiamenti non sono definitivi, ma rappresentano step strategici per garantire continuità e stabilità agli investitori, evitando shock improvvisi.
LA SUCCESSIONE DI GIORGIO ARMANI
La recente scomparsa di Giorgio Armani ci ha mostrato come in assenza di eredi diretti, il grande stilista abbia pensato alla sua successione e alla continuità della sua azienda che ha un fatturato di circa € 2.3 miliardi, un EBITDA di € 398m con un EBIT margin di circa 17% e un patrimonio stimato tra € 11-13 miliardi.
La Fondazione Giorgio Armani è ora il perno della successione: riceve il 9,9% delle quote in piena proprietà e il 90% in nuda proprietà. L’usufrutto su queste ultime è assegnato a Pantaleo Dell’Orco (compagno e braccio destro), ai nipoti Silvana Armani e Andrea Camerana, e alla sorella Rosanna.
Il testamento impone che, entro 18 mesi dall’apertura della successione, la Fondazione ceda il 15% della società a un grande gruppo del lusso (in via prioritaria LVMH, EssilorLuxottica o L’Oréal).
Tra il terzo e il quinto anno, dovrà essere ceduto allo stesso acquirente un ulteriore 30% (fino a un massimo del 54,9%). In totale, entro 5 anni, fino al 70% della società potrebbe passare di mano.
Se la vendita non si concretizzasse, sarebbe prevista la quotazione in Borsa (“IPO”) tra il quinto e l’ottavo anno dalla successione. In ogni caso, la Fondazione dovrà mantenere almeno il 30,1% del capitale, per garantire continuità e controllo.
Il testamento esclude esplicitamente l’ingresso di fondi di investimento o finanziari, privilegiando solo operatori industriali del settore, questo in un’ottica di continuità del business e di ulteriori opportunità di crescita.
I POSSIBILI ACQUIRENTI DEL GRUPPO ARMANI
Secondo indiscrezioni di stampa, L’Oreal valuterebbe l’acquisizione del business Beauty di Armani, con cui ha un accordo di licenza fino al 2050. Il deal avrebbe senso, dato che il brand è uno dei piu’ importanti all’interno del portafoglio di L’Oreal e permetterebbe eventualmente di espandersi in altre categorie di prodotto.
EssilorLuxottica dal canto suo non si è ancora espressa, ma ha anche lei un accordo di licenza per gli occhiali che è stato rinnovato nel 2022 per 15 anni.
Infine, per quanto riguarda il Gruppo LVMH, onorato di essere stato citato nel testamento, potrebbe aiutare il brand a rafforzare la presenza globale grazie al supporto finanziario e strategico di un Gruppo che ha fatturato nel 2024 ben € 84.6 miliardi. Il Gruppo Armani rappresenterebbe circa un 3% delle vendite e meno di 1% dei profitti inizialmente.
IL NUOVO ASSETTO DEL LUSSO ITALIANO
Intanto Kering, che aveva un accordo con il fondo di investimento Mayhoola, sostenuto dal Quatar, ha posticipato l’acquisto del rimanente 70% di Valentino al 2028 e 2029, essendo il gruppo stesso in fase di riorganizzazione dopo l’arrivo del nuovo CEO Luca de Meo.
Nella seconda parte del 2025 si dovrebbe inoltre finalizzare l’acquisizione di Versace annunciata da Prada ad aprile di quest’anno per € 1.25 miliardi (un multiplo di 1.7x EV/Sales). Il Gruppo guidato dall’AD Andrea Guerra, ha detto di non voler rivoluzionare il brand famoso per il logo della Medusa, ma di voler apportare solo alcuni cambiamenti al fine di avere una crescita sostenibile del fatturato nel lungo termine.
Negli anni ’90 la moda italiana ha vissuto un periodo d’oro grazie ad una generazione di stilisti iconici quali Armani, Versace e Valentino appunto. C’è da sperare che i cambi generazionali e societari che stiamo vivendo nel lusso italiano possano aiutare il settore a tornare a crescere e a sostenere gli elevati multipli a cui sta trattando.