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Che Def sarà con questi chiari di luna?

Ci presentiamo alle soglie di un’altra recessione con un Pil trimestrale che non ha ancora recuperato il livello pre pandemico. Non si vede come sia ancora possibile adottare un’impostazione di bilancio pubblico ancora prudente. Il commento di Giuseppe Liturri

 

Le previsioni di crescita del Pil per il 2022 hanno cominciato da tempo la marcia del gambero. Sembrano passati anni luce da settembre scorso quando, in occasione della nota di aggiornamento al Def, le magnifiche sorti e progressive che si dispiegavano davanti al nostro Paese, mostravano un apprezzabile +4,7% rispetto al 2021.

Poi è arrivato il confronto con la realtà. Dapprima Bankitalia a gennaio con il 3,8% e, da ultimo, Prometeia con il 2,3%, hanno ricondotto tutti con i piedi per terra. E non è detto che sia finita qui.

Infatti, già a settembre era in corso l’aumento dei prezzi di energia elettrica e gas e tutti i problemi sul mercato delle materie prime erano già evidenti e stavano producendo un evidente rallentamento del livello di attività economica. Ma i modelli del Mef, con l’autorevole conforto delle previsioni della Bce, erano ancora tutti orientati a considerare tali fenomeni come transitori. Ma, si sa, non c’è nulla di più definitivo del transitorio, ed oggi quelle previsioni suscitano solo ilarità.

Il rischio di scrivere numeri sull’acqua ha indotto a più miti consigli anche il governo di Mario Draghi che ha rinunciato al proposito di anticipare la presentazione del Def in questa settimana ed ha rinviato tutto alla prossima.

Resta, di conseguenza, del tutto incerto lo spazio disponibile per ulteriori misure di espansione del bilancio statale – il cosiddetto “scostamento”, da autorizzarsi con apposita procedura parlamentare – che sono però decisive per consentire un significativo aiuto a famiglie ed imprese che stanno sostenendo ormai da alcuni mesi costi di energia e gas moltiplicati fino a 4 volte rispetto al 2020.

I tre decreti legge (n. 4, 17 e 21) varati dal governo a partire da gennaio contengono misure per circa 14 miliardi. Per fare un confronto, la Germania nelle ultime 4 settimane ha annunciato misure per 32 miliardi.

Il +2,3% delle ultime previsioni, pur costituendo in assoluto un dato non disprezzabile (non dimentichiamo che prima del 2019, venivamo da anni di crescita con numeri da prefisso telefonico), va osservato in prospettiva, secondo due direttrici.

La prima è quella che ci fa osservare come il dato del +2,3% sia proprio quello che l’Istat considerava come crescita già acquisita per il 2022, nell’ipotesi che il Pil del IV trimestre 2021 (428 miliardi) restasse immutato per tutti successivi trimestri dell’anno in corso. E questa ipotesi, alla luce dei primi segnali negativi del primo trimestre, non è poi così scontata.

La seconda osservazione riguarda il confronto con il quarto trimestre del 2019, ultimo prima del caos, quando il Pil fu pari a 431 miliardi. Quindi ci presentiamo alle soglie di un’altra recessione, le cui cause sembrano essere molto più profonde e persistenti rispetto a quelle della precedente, con un Pil trimestrale che non ha ancora recuperato il livello pre pandemico.

Non si vede come, di fronte a prospettive simili, sia ancora possibile adottare un’impostazione di bilancio pubblico prudente e tendente al rientro verso i parametri del Patto di Stabilità. Ma basterà attendere qualche giorno per avere la risposta.

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