Dai minimi del 2011 al recente picco di fine 2022, il dollaro americano è cresciuto del 45% rispetto al paniere generale delle valute dei mercati sviluppati ed emergenti ponderato per l’inflazione di JP Morgan, mantenendo una valutazione eccessiva rispetto alla maggior parte delle valute dei mercati principali ed emergenti (ME) a parità di potere d’acquisto (PPA). Tuttavia, tali metriche indicano un dollaro ipervalutato da diverso tempo e la valutazione, da sola, non è bastata per determinare un’inversione di tendenza a lungo termine, che necessita di uno o più catalizzatori.
I flussi di portafoglio potrebbero iniziare a sostenere l’euro
Negli ultimi anni, la politica di tassi di interesse negativi e le misure di allentamento quantitativo della BCE hanno tenuto lontani gli investitori stranieri, ma lo scenario sta per cambiare. Se i tassi di riferimento tra BCE e Fed dovessero restringersi come previsto, verrebbe meno un altro elemento trainante della debolezza dell’euro e del sostegno al dollaro. Gli investitori europei acquistano molte più obbligazioni straniere rispetto ai titoli europei acquistati dagli investitori stranieri. Anche se è difficile stabilirlo con certezza, la maggior parte degli importi disinvestiti probabilmente è stata riallocata negli Stati Uniti, per la liquidità e le dimensioni del mercato.
Allo stesso tempo, il carry tra Stati Uniti ed Eurozona offre attualmente un vantaggio meno interessante. Quando la Fed ha alzato i tassi in modo aggressivo in anticipo rispetto alla BCE, si è presentata un’opportunità di carry allettante. Anche al netto del costo di copertura del rischio di cambio, l’utilizzo di asset denominati in euro per l’acquisto di asset in dollari risultava interessante. Tuttavia, l’operazione coperta sta diventando meno remunerativa e ciò dovrebbe determinare una diminuzione delle vendite di euro e dei flussi verso il dollaro.
Apprezzamento dello yen giapponese: possibile ma fragile
Le politiche monetarie estreme della Banca del Giappone hanno a lungo impedito allo yen di apprezzarsi nei confronti del dollaro. La BoJ ha utilizzato il controllo della curva dei rendimenti (YCC), mantenendo un tasso di rendimento dei titoli di Stato decennali vicino allo zero, tassi di interessi negativi e massiccio allentamento quantitativo per avvicinare l’inflazione all’obiettivo del 2%. Finalmente, potrebbero essere emersi i primi segnali di aumento dell’inflazione. A gennaio l’indice dei prezzi al consumo core del Giappone, che esclude i prodotti alimentari freschi, è cresciuto del 4,2% su base annua. Inoltre, alcune imprese sembrano aver raccolto l’appello del Governatore della BoJ Haruhiko Kuroda per un aumento dei salari superiore al tasso d’inflazione.
Se l’inflazione rimarrà intorno al 2%, la BoJ avrà la possibilità di abbandonare gradualmente alcune delle sue politiche. Con una mossa a sorpresa lo scorso dicembre, la banca centrale ha leggermente allentato la sua politica di YCC e, a nostro avviso, farà un annuncio simile quest’anno.
Consentire ai rendimenti decennali di crescere dovrebbe sostenere lo yen. La valuta nipponica scambia intorno a ¥133 rispetto al dollaro ed è pertanto tra le più sottovalutate in base al nostro modello di valutazione. Anche un piccolo aumento dei tassi domestici determinerebbe una progressiva diminuzione della domanda di dollari giapponese. Inoltre, un rialzo dei tassi di interesse giapponesi e la potenziale volatilità derivante dall’incertezza sulla politica della BoJ potrebbero far aumentare i costi dei carry trade.
I mercati emergenti sono più avanti sulla curva in termini di politica monetaria
Quando l’inflazione è aumentata nel 2021, le banche centrali dei ME hanno reagito in modo rapido e aggressivo, trainate da quelle latino-americane. La banca centrale brasiliana ha iniziato ad alzare i tassi a marzo 2021 e ha portato il tasso di riferimento dal 2,00% all’attuale 13,75%. Le banche centrali dei paesi dell’Europa orientale hanno accelerato la stretta dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Infine, l’aumento dei prezzi dell’energia dello scorso anno ha indotto alcune banche centrali asiatiche ad aumentare i tassi.
Tassi di interesse elevati in termini sia nominali che reali hanno sostenuto le valute dei ME, attirando gli investitori in cerca di reddito. Real brasiliano e peso messicano sono stati tra le poche valute ad apprezzarsi nei confronti del dollaro americano nel 2022. Oltre ai rendimenti nominali e reali allettanti, anche le condizioni macroeconomiche sono migliorate. L’orientamento verso fondamentali più positivi dovrebbe continuare a prevalere sui timori di rischi politici in tali paesi, per il momento. In molte economie asiatiche, la combinazione tra tassi di interesse allettanti, miglioramento delle previsioni di crescita e fondamentali macroeconomici solidi sostiene le valute.
La riapertura dell’economia cinese dovrebbe ampiamente favorire la crescita in Asia. A nostro avviso, nel Sud-Est asiatico il baht thailandese diventa sempre più interessante, poiché l’aumento del turismo sostiene i tassi di crescita economica e i flussi stranieri. La ripresa delle esportazioni di materie prime dall’Indonesia in Cina potrebbe favorire la rupia indonesiana. Anche il won coreano appare sottovalutato. Le esportazioni verso la Cina probabilmente aumenteranno e la situazione finanziaria del paese potrebbe migliorare. La Corea, grande importatrice di energia, è stata pesantemente penalizzata dal forte rialzo dei prezzi dello scorso anno – che ha colpito imprese e consumatori – ma le difficoltà dovrebbero attenuarsi sensibilmente quest’anno. L’interruzione dei rialzi dei tassi da parte della Fed potrebbe fornire ulteriore sostegno alle valute dei ME, poiché faciliterebbe il taglio dei tassi di riferimento da parte delle banche centrali dei ME, soprattutto in caso di ulteriore calo dell’inflazione o rallentamento della crescita. Detto questo, il differenziale dei tassi tra molti mercati emergenti e Stati Uniti rimarrà probabilmente interessante, favorendo potenzialmente le valute dei ME.