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Pil inflazione economist

Che cosa succede davvero al Pil

Il Pil italiano è cresciuto di 0,2% t/t nel 2° trimestre 2018, in rallentamento dallo 0,3% t/t di inizio anno. La crescita annua è rallentata un decimo più del previsto, a 1,1% da 1,4% precedente. Sia il dato congiunturale che quello tendenziale sono ai minimi dal 2016, ma è il sedicesimo trimestre consecutivo di espansione.

Come atteso, la crescita è venuta dai servizi e dalla domanda interna. Il trend di moderato rallentamento rispetto ai ritmi visti nel 2017 è comune ai principali Paesi europei, e appare dovuto più a un minor vigore della domanda mondiale che a fattori domestici. I rischi sulla nostra previsione di crescita del Pil quest’anno (1,3%) si confermano verso il basso, ma appaiono di entità piuttosto contenuta (uno-due decimi di punto percentuale).

Gli altri dati congiunturali diffusi oggi dall’Istat hanno mostrato una risalita di due decimi del tasso di disoccupazione, a 10,9% a giugno (ma si tratta di una correzione dopo che a maggio era stato toccato un record da sei anni e mezzo, e il trend sottostante per l’occupazione resta espansivo) e una ulteriore salita dell’inflazione a luglio, a 1,5% a/a da 1,3% precedente secondo l’indice nazionale, e a 1,9% a/a da 1,4% in termini armonizzati (ma la salita dell’IPCA è dovuta a un fattore di calendario, e le pressioni al rialzo vengono unicamente dall’energia).

In sintesi, l’attuale fase congiunturale mostra un moderato rallentamento del PIL, che però almeno per ora non è tale da mettere a rischio il trend discendente della disoccupazione, e lascia su livelli assai moderati le pressioni inflazionistiche “core”.

In base alla stima preliminare, il Pil italiano è cresciuto di 0,2% t/t nel 2° trimestre 2018, in rallentamento dallo 0,3% t/t di inizio anno. Il dato è risultato in linea con l’aspettativa nostra e di consenso.

La crescita annua è rallentata un decimo più del previsto, a 1,1% da 1,4% precedente.Sia il dato congiunturale che quello tendenziale sono ai minimi dal 2016. Tuttavia, è il sedicesimo trimestre consecutivo di espansione (almeno in termini di tasso di variazione congiunturale), che lascia il livello del Pil in ripresa del 4,5% rispetto al minimo dell’attuale ciclo (toccato nel 2° trimestre del 2014). Peraltro, il livello resta del 5,4% più basso rispetto ai massimi storici raggiunti circa 10 anni fa (il 1° trimestre del 2008).

Il dettaglio per componenti di domanda non è ancora noto (sarà diffuso dall’Istat il prossimo 31 agosto). Tuttavia, in base a quanto già comunicato dall’Istat:

l’espansione è il risultato di una crescita del valore aggiunto nei servizi e nell’industria a fronte di un calo nell’agricoltura. Tuttavia, pensiamo che il contributo sia dell’industria in senso stretto che delle costruzioni possa risultare poco significativo, e che dunque siano i servizi a confermarsi come il principale motore di crescita dell’economia sinora nel 2018.

Così come nel trimestre precedente, la crescita è venuta dalla domanda domestica (al lordo delle scorte), in presenza di un contributo negativo dal commercio con l’estero. Tuttavia, stimiamo una ripresa per entrambi i flussi commerciali nel trimestre, dopo la flessione registrata a inizio anno. Dal lato della domanda domestica, ci aspettiamo una ripresa degli investimenti, dopo che il calo di inizio anno era dovuto a una concentrazione delle consegne a fine 2017 per sfruttare gli incentivi fiscali di Industria 4.0.

Il dato è risultato circa in linea con le attese e conferma che è in atto un trend di moderato rallentamento per l’economia italiana rispetto ai ritmi visti nel 2017. Tuttavia, questo trend è comune ai principali Paesi europei (il Pil dell’eurozona è rallentato a 0,3% da 0,4% t/t precedente nello stesso periodo), e appare dovuto più a un minor vigore della domanda mondiale che a fattori domestici.

In particolare, non c’è evidenza che il cosiddetto “rischio politico” stia giocando un ruolo nel recente rallentamento, o che in generale stia avendo un impatto tangibile sull’economia reale. In altri termini, il dato non cambia più di tanto le prospettive per l’economia italiana. I rischi sulla nostra previsione di crescita del PIL quest’anno (1,3%) si confermano verso il basso, ma appaiono di entità piuttosto contenuta (uno-due decimi di punto percentuale).

Gli altri dati congiunturali diffusi oggi dall’Istat hanno mostrato:

una risalita di due decimi del tasso di disoccupazione, a 10,9% a giugno; in particolare l’occupazione permanente è tornata a contrarsi dopo i segnali di ripresa precedenti. Tuttavia, quella di giugno è una correzione dopo che a maggio il tasso dei senza-lavoro aveva raggiunto un minimo da sei anni e mezzo: il tasso di occupazione resta vicino a un massimo da 10 anni e il tasso di partecipazione ha raggiunto un nuovo record. In altri termini, al netto della volatilità su base mensile, il trend recente per l’occupazione resta positivo, in coerenza con le indicazioni ancora espansive sul mercato del lavoro espresse da famiglie e imprese nelle recenti indagini Istat.

una ulteriore salita dell’inflazione a luglio, a 1,5% a/a da 1,3% precedente secondo l’indice nazionale, e a 1,9% a/a da 1,4% in termini armonizzati. Il dato ha sorpreso verso l’alto per quanto riguarda in particolare l’IPCA, ma ciò è dovuto a un fattore di calendario ovvero l’inizio posticipato dei saldi estivi (il 7 luglio in quasi tutte le regioni; il 1° luglio nel 2017). Inoltre, la spinta al rialzo è guidata pressoché unicamente dall’energia: nel mese, le pressioni sono dovute ai rincari di elettricità e gas, e l’inflazione di fondo è anzi calata di un decimo a 0,7% a/a.

In prospettiva, il trend di risalita dell’inflazione dovrebbe continuare nel resto dell’anno (vediamo il CPI in area 2% entro la fine del 2018, con l’IPCA che, per via del “gradino” al rialzo di luglio, potrebbe anche raggiungere il 2,5% negli ultimi mesi dell’anno), ma ci attendiamo poi una moderazione nel corso del 2019. Inoltre non vediamo segnali di pressioni sottostanti al netto dell’energia.

In sintesi, l’attuale fase congiunturale mostra un moderato rallentamento del Pil, che però almeno per ora non è tale da mettere a rischio il trend discendente della disoccupazione, e lascia su livelli assai moderati le pressioni inflazionistiche “core”.

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