skip to Main Content

Opzione Donna

Che cosa non va in Opzione Donna

L'intervento di Francesco Alberto Comellini

 

Il governo italiano, che per la prima volta è guidato da una donna che ha dimostrato di avere carattere e “attributi” da leader, sta operando bene e credo compirà ogni sforzo per consentire al Paese di superare questo momento difficile con una Legge di bilancio all’altezza delle sfide che ci attendono.

Tuttavia mi sembra di cogliere, nella formulazione di una delle tante buone misure, una possibile criticità che andrebbe corretta. Mi spiego. Si tratta di Opzione Donna, la norma per l’accesso alla pensione anticipata con determinati requisiti, tra i quali si prevede espressamente alla lettera a) che la richiedente “assista al momento della richiesta e da almeno sei mesi, il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap in situazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge n.104/92, ovvero un parente o un affine di secondo grado convivente qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i settanta anni di età oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti.

Ma cosa accade alla donna, che ad esempio è lavoratrice autonoma, visto che la lettera c) della novella legislativa riguarda solo le lavoratrici licenziate o dipendenti da imprese per le quali è attivo un tavolo di confronto per la gestione della crisi aziendale?

O ancora, cosa accade alla donna, che ad esempio è in una coppia di fatto, convivente more uxorio o parte di una unione civile, ipotesi queste non previste dalla novella alla lettera a), e che volesse andare in pensione anticipata avendo maturato un’anzianità contributiva come richiede la norma, pari o superiore a trentacinque anni e un’età anagrafica di sessanta anni e che magari assiste, come richiede sempre la lettera a), una persona convivente con disabilità con la quale però non ha alcun rapporto di parentela o di affinità ai sensi degli articoli dal 74 al 78 del codice civile, perché questa è parente o affine dell’altra parte della coppia di fatto o dell’unione civile?

A mio avviso anche la Donna, lavoratrice autonoma, in coppia di fatto, convivente more uxorio o unita civilmente ha tutto il diritto di andare in pensione anticipata se lo vuole, tanto più se svolge quel delicatissimo ruolo, di sussidiarietà orizzontale allo Stato, del Caregiver Familiare, dividendosi tra lavoro e attività di cura e di assistenza della persona con disabilità con lei convivente. Vero è che dopo il riconoscimento del Caregiver Familiare con la legge 205/17 la disciplina non è mai stata completata (per il suo completamento lascia ben sperare il programma di Fratelli d’Italia che lo prevede espressamente) e quindi di fatto lo Stato non ha una procedura amministrativa per dire chi è o non è Caregiver familiare ma, al di là di questo tornando al tema che ci occupa, lo status di lavoratrice dipendente o il matrimonio e con esso l’instaurarsi della parentela o dell’affinità, non dovrebbero divenire il discrimine per l’accesso a Opzione Donna.

Back To Top