Quando il 25 luglio il ministro tecnico aveva dichiarato, senza alcuna previa condivisione politica, che i tagli delle imposte sarebbero stati coperti con tagli di spese per mantenere un deficit molto contenuto (configurando nei fatti una manovra recessiva), e altre amenità, Claudio Borghi era subito intervenuto per fare chiarezza. Pochi giorni dopo, aveva fatto presente un altro dettaglio (sul quale avevo lavorato molto anch’io):
La trattativa del Governo sulla riforma del MES era stata opaca, senza la condivisione parlamentare richiesta dalla legge 234 del 2012, e il ministro, in audizione da me o alla Camera, continuava a dare risposte elusive e sfuocate. Se la trattativa fosse stata un successo, avrebbe avuto senso da parte del ministro rivendicarlo, se non per aiutare una maggioranza cui evidentemente si sentiva estraneo – avendo deciso di definire in splendida solitudine e senza alcuna condivisione le linee di politica economica – almeno per un minimo di orgoglio personale. Ma la trattativa, evidentemente, non era andata poi così bene, se bisognava tenerne nascosti i risultati a un Parlamento un po’ diverso dai precedenti…
Ora, voi che cosa sia il MES lo sapete, ma siete the happy few – sì, quelli di Azincourt. Ci credete che quando ho fatto presente l’enormità di quanto stava accadendo a un magistrato – non a un manovale – mi ha detto: “Sì, forse tu hai ragione, ma… che cos’è il MES?” Il MES è una cosa che ci è costata 50 miliardi – a spanne – cioè mezzo secolo di funzionamento del Parlamento, come mi sono pregiato di dire a una persona della quale mi ero fidato:
Non un dettaglio, almeno per ordine di grandezza! Ma vedete, voi, che siete passati attraverso tante fasi – famoerpartitisti, gestoeclatantisti, qualcosisti, tuttosubitisti – siete soprattutto dei “facilisti”. Siccome io parlo, e voi capite, o credete di aver capito, credete anche che chiunque parli riesca a trasmettere qualsiasi contenuto a chiunque. Ma non è così.
Sul MES la crisi non si poteva aprire, nonostante fosse, fra tante, probabilmente la cosa più grave di quelle che avevamo constatato: grave nel merito – sò sòrdi! – e grave nel metodo: la pervicace, callida, granitica volontà di tenere all’oscuro non Borghi e Bagnai, che avevano dimostrato ampia capacità di mediazione e condivisione, ma il Parlamento, non poteva essere accettata né in sé, né per la doppiezza che dimostrava, se considerata alla luce della sbandierata volontà di coinvolgimento con la quale la legislatura si era aperta. Ma un intero gruppo parlamentare che volta le spalle al proprio premier, e pochi giorni dopo gli vota contro una mozione, ecco: quello magari era un dato politico più visibile – e che peraltro vi esorto a non dimenticare!
Da tanta doppiezza possiamo anche evincere che i negoziati per scalzare Salveenee phasheesta fossero già un pezzo avanti. Se noi ci abbiamo messo due mesi per stringere un accordo con loro, quanto è possibile che il PD, loro acerrimo nemico, ci abbia messo solo due settimane?
La scelta dei tempi dipende anche da tante cose che voi non sapete, e che non so nemmeno io. Quello che so, è che almeno ora non dovrò lavorare a una legge finanziaria fatta per danneggiare il mio partito con l’effetto collaterale di danneggiare il Paese. E infatti, appena si è visto all’orizzonte che i negoziati, probabilmente già avviati da un pezzo, per sostituire la maggioranza mantenendo il premier, stavano arrivando a conclusione, ecco che il nostro tecnico ci fa sapere che – improvvisamente – il deficit non è più un tabù!
Peggio ancora: che le clausole di salvaguardia, quelle che avevano preoccupato così tanto il nostro amico alla Berghem fest:
in fondo non erano un enorme problema, per esattissimamente gli stessi motivi da me dichiarati alla Berghem fest. Facciamo anche un applauso ai volenterosi carnefici della democrazia, ai “giornalisti”, che ovviamente spalleggiavano i “tecnici” nel terrorismo, ma che avevano tenuto rigorosamente all’oscuro sia il mio discorso in aula – dove le motivazioni della crisi erano esposte in modo abbastanza chiaro – che il mio intervento a Bergamo. C’erano Repubblica, Il Fatto e La7: Cerbero, praticamente!
Quindi: Salveenee phasheesta vuole accelerare sull’agenda economica perché c’è una recessione mondiale? Allora bisogna fare una manovra a saldi invariati, coprendo con tagli di spesa i tagli di imposte (il risultato è un moltiplicatore negativo pari a uno, come sapete, cioè una contrazione del reddito, che sarebbe andata in faccia a Salveenee phasheesta). Salveenee phasheesta apre una crisi che “laggente non capiscono”? Allora, improvvisamente, il nuovo Governo potrà fare deficit, perché improvvisamente c’è quella recessione di cui qui parliamo da mesi, improvvisamente le regole vanno cambiate, ecc.
Mi sembra del tutto ovvio che il problema del “nostro” ministro tecnico non era favorire il consolidamento delle finanza pubbliche, ma ostacolare il consolidamento del consenso di Salveenee phasheesta. E chi gli aveva dato copertura politica in questo nobile intento? Non sorprendentemente, chi da tanta leale collaborazione si sentiva avvantaggiato, riteneva di poter arginare la propria inesorabile perdita di terreno: il leale alleato!
Occorre altro?
Non credo.
Estratto di un articolo pubblicato su goofynomics.blogspot.it