La situazione finanziaria è decisamente cambiata rispetto a metà di giugno e, nel corso del suo discorso al simposio annuale di Jackson Hole, il presidente Powell ha affrontato il tema dell’aumento dei prezzi e del controllo dell’inflazione.
La “tregua estiva” sui mercati finanziari ha fatto sperare molti investitori nella fine dell’impegno della Fed nel contrastare le pressioni inflazionistiche sui prezzi. Purtroppo, però, questa speranza si potrebbe rivelare prematura.
Il messaggio di Powell è stato, infatti, breve ma diretto, come da lui stesso anticipato (“Oggi le mie osservazioni saranno più brevi, la mia attenzione più limitata e il mio messaggio più diretto”) e ha posto l’accento sull’obiettivo di riportare l’inflazione verso il 2%, senza fermarsi al 4,6% di inflazione core, misurato in base all’indice dei prezzi per i beni di consumo personali (PCE) al netto di cibo ed energia, dato pubblicato proprio venerdì 26 agosto in mattinata.
Per perseguire un obiettivo così ambizioso, le parole di Powell hanno lasciato intendere un nuovo rialzo dei tassi di 75 punti base in occasione della riunione del FOMC di settembre: “A un certo punto, con l’ulteriore inasprimento della politica monetaria, probabilmente diventerà opportuno rallentare il ritmo degli aumenti”.
In altre parole, il momento di una politica monetaria meno restrittiva non è ancora arrivato, mentre attualmente “con un’inflazione di gran lunga superiore al 2% e un mercato del lavoro estremamente rigido, le stime di neutralità a lungo termine non sono a un punto di arresto o di pausa”. Il dato sui posti di lavoro di questa settimana, insieme a un CPI di in linea con le aspettative, la prossima settimana, probabilmente confermerà quanto detto nel corso di Jackson Hole.
Inoltre, i banchieri centrali continueranno a mantenere la barra dritta nelle loro politiche monetarie piuttosto che cambiare rotta prematuramente. Ha detto Powell: “I precedenti storici mettono in guardia contro un allentamento prematuro della politica monetaria. Le proiezioni individuali più recenti dei partecipanti alla SEP (Summury of Economic Projections) di giugno indicano un tasso mediano dei Federal Funds leggermente inferiore al 4% fino alla fine del 2023”.
Naturalmente, i “precedenti storici” si riferiscono alla debacle della lotta all’inflazione “start-stop” degli anni ’70, che non si è conclusa positivamente né per l’economia, né per i mercati. Questa volta è improbabile che la Fed allenti la politica monetaria finché il “drago” dell’inflazione non sarà stato abbattuto.
In sintesi, è probabile che il tasso sui Fed Funds debba arrivare almeno al 4% e restare su quei livelli per un po’, in modo che la Fed possa rivalutare il contesto di crescita e inflazione prima di fare la prossima mossa. Powell ha respinto l’idea di un cambio di rotta, cosa che gli investitori si erano prefigurati troppo prematuramente.