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Che cosa cambia per l’Italia dopo la pagella di Fitch

L'agenzia statunitense Fitch evita il downgrade per i conti italiani, mantenendo il rating BBB e confermando l'outlook negativo. Ma taglia le stime di crescita (0,3% da +1,2 per il 2019) e sottolinea che con l'instabilità politica c'è il rischio di elezioni anticipate.

Hanno sbagliato in più occasioni le previsioni. Come su Lehman Brothers o sulla Parmalat.

Sono state messe all’indice dall’opinione pubblica e sono finite sotto accusa negli Stati Uniti per le pagelle un po’ troppo benevole che assegnavano prima del 2007 alle cartolarizzazioni di mutui o alla finanza strutturata.

Ma allora perché mai dovremmo rallegrarci se Fitch ha deciso di non declassare l’Italia come tanti temevano? Com’è possibile che la decisione di una società di rating possa creare così tanta apprensione in un Paese? La risposta è semplice e disarmante allo stesso tempo: perché i rating, pur con tutte le loro pecche, sono un linguaggio universale. E l’intera industria del risparmio gestito globale li usa per decidere quali titoli ogni fondo può comprare oppure no. Per abitudine, per semplicità, ma soprattutto per mancanza di alternative altrettanto universalmente riconosciute.

IL COMMENTO ALLA DECISIONE DI FITCH

Ecco perché è importante che l’Italia non sia stata declassata. E perché è ancora più importante che tutte e quattro le maggiori agenzie di valutazione abbiano lasciato l’Italia nella serie A dei rating, cioè nel campo «investment grade».

GLI EFFETI NEGATIVI DEL DECLASSAMENTO

Perché se fosse stata declassata (i problemi veri ci sarebbero stati nel caso di duplice taglio del rating) e fosse scesa nel settore «spazzatura» (cioè dei rating con sole due B), molti fondi avrebbero dovuto vendere i suoi titoli nei prossimi mesi.

LE FORZE DELL’ITALIA

Bisogna tenere conto che l’Italia, con i suoi oltre 2mila miliardi di debito, ha un peso importante negli indici obbligazionari e dunque nei portafogli degli investitori internazionali: il travaso di un debito così grosso dagli investitori che possono comprare solo titoli con rating elevati («investment grade») agli investitori specializzati in rating bassi («high yield») potrebbe avere conseguenze importanti sui prezzi e sui rendimenti.

IL BARATRO EVITATO

Perché il mercato dei bond «spazzatura» è molto più piccolo: buttarci dentro un debito così grosso, è come gettare un sasso in uno stagno.

LE STIME DI GOLDMAN

Goldman Sachs tempo fa stimò che un declassamento a livello «spazzatura» dell’Italia avrebbe potuto scatenare vendite sui BTp per qualcosa come 100 miliardi di euro. Per fortuna non è accaduto.

SOSPIRO DI SOLLIEVO

Ora che i verdetti di tutte le agenzie di rating sono arrivati, l’Italia può tirare dunque un sospiro di sollievo.

(estratto di un articolo pubblicato sul Sole24ore.com; qui l’articolo integrale)

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