Lo Stato non aiuta il mondo del calcio. È questo il grido d’allarme lanciato da Urbano Cairo, presidente del Torino Calcio e di Rcs MediaGroup. Cairo ha preso parte a incontro informale a Roma fra i club di serie A e il presidente della Figc Gabriele Gravina. Il tema del meeting era la sostenibilità, i vivai e stadi i temi. Ma non solo. Il prossimo 26 gennaio è in programma l’assemblea di Lega serie A, propedeutica all’assemblea straordinaria dell’11 marzo che darà il via alla riforma del calcio italiano, con la riduzione delle società nei campionati professionistici.
URBANO CAIRO: “IL GOVERNO VUOLE AFFOSSARE IL MONDO DEL CALCIO”
Urbano Cairo, al termine dell’incontro, ha sparato a zero sull’operato del Governo nei confronti del mondo del calcio. “Sembra quasi che il governo invece di sostenere il calcio abbia la volontà di affossarlo. È incredibile – ha affermato Cairo dopo il tavolo di lavoro in una intervista al Corriere della sera di sua proprietà -. Non abbiamo avuto un centesimo di aiuto dallo Stato, pur avendo subìto problemi enormi come il Covid, tanto che le perdite sono aumentate in maniera esponenziale. Dovremmo godere del tax credit come lo ha ottenuto il settore del cinema, a noi non è spettato”.
LE ACCUSE DI URBANO CAIRO SULLA MANCATA PROROGA DEL DECRETO CRESCITA: UN DANNO PER IL CALCIO
Tra i punti più critici sottolineati dal presidente Cairo c’è la mancata proroga del cosiddetto decreto “Crescita”. Il decreto era stato approvato dal governo Conte I nel 2019, per permettere ai lavoratori italiani emigrati all’estero di rimpatriare potendo godere di uno sgravio fiscale importante: per due anni potevano pagare le tasse (l’IRPEF, l’imposta sul reddito delle persone fisiche) soltanto sul 30 per cento del proprio reddito, ridotto addirittura al 10 per cento per chi decideva di trasferire la residenza in una regione del Sud.
Il decreto “Crescita” è stato molto utile per le società di calcio perché i benefici fiscali non si applicavano solo ai lavoratori italiani ma anche ai lavoratori di altre nazionalità. In questo modo per le squadre di calcio era più conveniente acquistare calciatori dall’estero ai quali potevano offrire uno stipendio netto più alto a parità di stipendio lordo. “Lo Stato non fornisce il minimo aiuto, avete visto che cosa è successo con il decreto crescita che era un vantaggio anche per il governo – ha detto il presidente Cairo -: eliminare i benefici fiscali per gli sportivi ha penalizzato il nostro mondo senza avvantaggiare nessuno”. La mancata proroga del decreto, che i presidenti di club avevano chiesto di estendere almeno per la prossima finestra di calciomercato (fino al 29 febbraio 2024), ha eliminato tutti i benefici fiscali a partire dal 1° gennaio.
LE SCOMMESSE: LE RICHIESTE DEI CLUB DI SERIE A E LA RISPOSTA DEL MINISTRO ABODI
Tra gli altri temi discussi da Cairo c’è quello delle scommesse. “C’è poi il tema del betting che vale 16 miliardi di euro di cui due finiscono nelle casse dello Stato: le squadre non incassano un centesimo – ha detto il presidente del Torino -. Infine, gli stadi, molti club vogliono costruirli ma non ci riescono. Io di nuovo mi chiedo per quale motivo si intenda affossare l’industria calcio che paga tasse per 1,3 miliardi”. Cairo si è fatto portavoce di una richiesta di tanti club di Serie A che vogliono la possibilità di avere fra i propri sponsor gli operatori delle scommesse, cosa oggi vietata.
Ma non solo. Le società vorrebbero avere una percentuale degli introiti derivanti dalle scommesse, in quanto soggetti più coinvolti nelle scommesse. Su quest’ultimo tema è intervenuto direttamente il ministro dello sport Andrea Abodi. “Credo che ci si debba orientare su un’ipotesi diversa, per la quale avevo già lavorato nella scorsa Finanziaria, vale a dire assegnare agli organizzatori degli eventi sportivi italiani una percentuale sulla raccolta delle scommesse, per evitare la loro esclusione dalla catena del valore, che fino a oggi va a beneficio dello Stato, del montepremi e dei concessionari – ha detto il ministro Abodi in un’intervista a La Stampa -. Credo che questa misura possa essere introdotta attraverso il decreto di riordino del settore, nelle sue due dimensioni: digitale e fisica”.
LE SOTTOLINEATURE DEL MINISTRO DELLO SPORT
“Il governo ha una posizione chiara, ha chiesto più volte al sistema calcistico al massimo livello di presentarci un piano industriale organico per capire come poter intervenire a supporto, perché non abbiamo nessuna intenzione e nessun interesse di mortificare il calcio e la Serie A in particolare», ha anche detto il ministro dello Sport e i Giovani, Andrea Abodi, a margine degli Stati generali dei consulenti del lavoro. In particolare, ha spiegato che la Serie A «riteniamo sia anche il motore economico di un sistema su un doppio livello, quello della mutualità di sistema – visto che la serie A dà 130 milioni all’anno al resto del sistema calcistico – e per il grande contributo – più del 50% – al finanziamento pubblico allo sport in via indiretta. Saremmo autolesionisti se noi penalizzassimo il motore». Tuttavia, ha continuato Abodi, «per aiutare il motore dobbiamo avere una rappresentazione completa di ciò che questo sistema vuole fare, che non è soltanto la rappresentazione di sistema su cui si sta impegnando la Federazione insieme alle leghe ma anche il piano industriale della Serie A». Su questo piano, ha proseguito il ministro, «sono a buon punto, ci sono tanti obiettivi da perseguire insieme, non vorrei entrare nel merito del singolo elemento (richieste delle società di poter tornare a essere sponsorizzate da aziende di scommesse, ndr) anche se il tema – non tanto della pubblicità – ma il tema della partecipazione alla catena del valore della raccolta delle scommesse sportive da parte degli organizzatori in senso generale – non solo nel calcio – è un tema all’ordine del giorno che vogliamo affrontare. Penso che la nostra responsabilità è quella di analizzare gli impatti delle norme che vogliamo promuovere. La lega e la Federcalcio ci aiuteranno a capire come poter dare un sostegno che consenta al calcio italiano di essere competitivo, sul presupposto che il calcio sappia dove vuole andare», ha concluso.
LA NORMA SALVA SPORT (O SALVA CALCIO) CHE HA FATTO DILAZIONARE CIRCA 900 MILIONI DI TASSE
È stato un po’ ingeneroso il commento di Urbano Cairo. Basti pensare che solo un anno fa il governo Meloni diede via libera all’introduzione della cosiddetta norma salva-sport, o meglio salva-calcio. La norma che ha permesso a tutti i club di Serie A di spalmare in 60 rate i debiti accumulati con i mancati pagamenti Irpef rimasti sospesi a causa della pandemia da Covid 19. E non parliamo di cifre irrisorie ma di 889 milioni di euro, 500 dei quali riconducibili alle società di Serie A. Per questo emendamento finito nella Legge finanziaria dello scorso anno si mobilitò in prima persona il presidente della Lazio e senatore di Forza Italia Claudio Lotito.
AL MONDO DEL CALCIO 150 MILIONI DI EURO DURANTE LA PANDEMIA DA COVID 19
Ma non solo. Durate la pandemia da Covid 19 gli aiuti di stato non lasciarono solo il mondo del calcio. Come scrive Verità&Affari tra la fine del 2020 e la primavera del 2022 numerosi club di Serie A hanno ricevuto dallo Stato italiano contributi per poco meno di 150 milioni di euro, 142,7 milioni. Questa è stata la misura degli aiuti per l’emergenza Covid. Tra i club che hanno beneficiato del supporto ci sono Juventus, Inter, Milan, Napoli ma anche il Bologna, il Torino di Urbano Cairo, la Cremonese, il Monza, la Roma, la Salernitana (2,2 milioni di euro), lo Spezia, il Torino (con 15 milioni) e il Verona. La squadra più sovvenzionata fu il Genoa con 55 milioni di euro, seguita dall’Hellas Verona con 33,2 milioni di euro. Gli aiuti sono erogati attraverso:
- garanzie statali sui finanziamenti chiesti dai club al mondo bancario;
- contributi diretti alle società (dal governo o dalle Regioni);
- sconto Irap previsto come agevolazione Covid;
- taglio dei contributi previdenziali ai propri dipendenti (se non era stata chiesta la Cassa integrazione tra il 2020 e il 2021).