Che Di Maio abbia delle lacune culturali non solo in geografia è noto a tutti; che sia un inesperto nel settore previdenziale lo stiamo scoprendo per le sue reiterate e cervellotiche affermazioni: qualche mese fa voleva recuperare dal taglio delle pensioni cosiddette d’oro qualcosa come 12 (dodici) miliardi; qualche giorno fa, bontà sua, si è limitato al recupero di un solo miliardo scrivendo su Twitter: “Vogliamo finalmente abolire le pensioni d’oro che per legge avranno un tetto di 4-5 mila euro per tutti quelli che non hanno versato una quota di contributi che dia diritto ad un importo così alto. Grazie al miliardo che risparmieremo potremo aumentare le pensioni minime a quei tre milioni di italiani che non hanno neppure i soldi per fare la spesa”.
Ma è realistica questa previsione? Si tratta di una bufala mediatica se è vero che, secondo una simulazione di “Tabula” (società di ricerca di Stefano Patriarca), il risparmio sarebbe di soli 115 milioni, essendo circa 30.000 i percettori di pensioni superiori a 5.000 euro.
Altra smentita arriva da Alberto Brambilla, uno dei maggiori esperti previdenziali italiani, secondo cui “il risparmio si aggirerebbe fra i 115 e i 150 milioni”; “Stiamo parlando di circa 26 mila contribuenti con oltre 5.000 euro al mese di pensione” anche perché aggiunge “Come otteniamo il taglio? Si fa con il ricalcolo contributivo, ma con quali coefficienti? Si rischia una modalità arbitraria che apre la strada all’incostituzionalità e a migliaia di ricorsi che lo Stato perderebbe di sicuro”.
Ed aggiunge “Meglio che Di Maio si occupi di cose più urgenti, c’è un Paese da far ripartire”.
Ma non basta.
Mentre nel contratto elettorale Lega-5 Stelle si parlava di un taglio delle pensioni d’oro superiori ai 5.000 euro netti mensili, ora il ministro del Lavoro fa riferimento alle pensioni di 4-5.000 euro senza precisare se lordi o netti e soprattutto senza precisare le modalità del taglio.
Questi Robin Hood da strapazzo devono capire una buona volta per tutte che, se è giusto e doveroso per problemi di equità sociale aiutare i pensionati veramente meno abbienti, ciò deve avvenire non solamente a carico dei pensionati cosiddetti d’oro, ma a carico della fiscalità generale ai sensi dell’art. 53 della Costituzione e quindi a carico di tutti i lavoratori attivi e pensionati a parità di reddito.
Questa proposta del Ministro, inoltre, inciderebbe pesantemente sul principio dell’affidamento, cardine costituzionale dei rapporti tra Stato e cittadini e tra i cittadini, principio che comporta un impegno prima di tutto etico e poi concreto a mantenere la parola data che lo Stato dà con atti di legge o aventi valore di legge, la cui rottura rappresenta un irreparabile vulnus allo Stato di diritto.