Nonostante la concentrazione del mercato, le valutazioni elevate e i timori di una potenziale bolla dell’IA, le prospettive per l’azionario globale non sono necessariamente negative. Il momentum economico positivo, il sostegno degli utili e gli investimenti strutturali nelle nuove tecnologie potrebbero supportare i mercati globali ancora per un po’.
Un altro anno sorprendentemente forte
Nel 2024 l’azionario globale ha registrato un rendimento del 18% in dollari Usa. Anche nel 2025, nonostante la continua instabilità politica, i mercati azionari globali hanno registrato performance straordinarie, con un rendimento del 20,5% in dollari.
Sono diversi i fattori in gioco. L’economia statunitense rimane solida, le politiche tariffarie del presidente Trump hanno accelerato gli investimenti interni negli Stati Uniti e, almeno finora, non hanno portato a un aumento dell’inflazione. Il risultato è stata una forte crescita degli utili: gli utili dell’S&P 500 dovrebbero aumentare del 13% su base annua nel 2025. Non sorprende quindi che gli investitori abbiano ignorato il rumore geopolitico e si siano concentrati sui fondamentali.
Anche nel resto del mondo ha prevalso l’ottimismo, con i mercati europei e asiatici che hanno registrato alcuni dei migliori rendimenti degli ultimi anni. In questo caso, il fattore principale è stata la rivalutazione. Gli investitori prevedono una ripresa economica nel 2026. Le stime di consenso sono ottimistiche: si prevede che Europa, Asia e Stati Uniti genereranno una crescita degli utili del 12-15% nel prossimo anno.
Le valutazioni sono elevate ma potrebbero rimanere tali (per ora)
Una preoccupazione legittima è che i mercati stiano già scontando più del dovuto uno scenario di crescita positiva. Quasi tutti i mercati mondiali appaiono costosi rispetto alla storia recente, con multipli ben al di sopra delle loro medie quinquennali. Gli scettici sottolineano che, storicamente, i mercati sono sempre tornati alla media, il che implica un ribasso rispetto ai livelli attuali. Sebbene esista questo rischio, tutte le dinamiche osservate ci portano a credere che le valutazioni elevate siano sostenibili per ora. I tassi di interesse a breve termine in molti paesi sono destinati a scendere, in particolare negli Stati Uniti.
Anche i fattori strutturali, come la transizione della Cina verso il ruolo di gigante tecnologico (già evidente in settori come veicoli elettrici, energie rinnovabili e robotica), sono probabilmente sottovalutati dal mercato. Analogamente, in Europa, fattori strutturali come le infrastrutture tecnologiche e la transizione energetica rimangono a nostro avviso sottovalutati. Tutti questi fattori suggeriscono che le valutazioni relativamente elevate possono essere sostenute e potrebbero aumentare ulteriormente.
La concentrazione di per sé non è un fattore negativo
È comprensibile che vi sia molta attenzione sul grado di concentrazione nei mercati azionari, in particolare negli Stati Uniti. I 10 maggiori titoli tech rappresentano oggi circa il 40% della capitalizzazione di mercato dell’S&P 500, un livello record. Guardando al passato, ogni fase importante dell’innovazione ha visto periodi prolungati di concentrazione. A differenza delle fasi precedenti, l’attuale ondata di innovazione guidata dalla tecnologia è composta da più cicli di innovazione, di cui il più recente (e il più rapido) è evidente nel campo dei modelli linguistici di grandi dimensioni, noti anche come IA generativa.
L’andamento dei prezzi delle azioni delle Magnifiche Sette (Alphabet, Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla) è stato trainato da ingenti investimenti nell’infrastruttura dell’IA. Con l’aumentare dei numeri, sono aumentati anche i dubbi sul probabile ritorno sull’investimento e sulla circolarità insita nell’attuale catena di approvvigionamento dell’IA. Con le aziende più grandi che rappresentano oltre il 70% della spesa totale in conto capitale dell’S&P 500 quest’anno, non è esagerato affermare che il destino del mercato azionario Usa dipende dalla fiducia continua nel futuro dell’IA.
Per ora tale fiducia rimane intatta. Ci sono alcuni segnali di esuberanza irrazionale, come dimostra la performance eccezionale delle aziende legate all’IA che non hanno utili o addirittura non hanno ricavi. Tuttavia, la capitalizzazione di mercato totale di tali aziende è modesta. La questione molto più importante a questo punto è se i modelli di IA possano monetizzare a un tasso che giustifichi le ingenti spese sopra descritte. Ci sono stati alcuni segnali incoraggianti in questo senso, con Alphabet, la società madre di Google, che ha segnalato un contributo significativo alla crescita dei ricavi nel cloud, nella ricerca e persino su YouTube grazie all’implementazione di tecnologie legate all’IA.
È interessante notare che ChatGPT sta già generando ricavi: circa 20 miliardi di dollari nel 2025. Secondo la nostra analisi, i modelli ChatGPT potrebbero generare ricavi per 200 miliardi di dollari entro il 2030. Ciò mette in forte risalto l’attuale valutazione di mercato di 500 miliardi di dollari della società madre OpenAI. Se la società fosse quotata in borsa, una valutazione non irrealistica sarebbe pari a 10 volte le vendite future, il che implica una capitalizzazione di mercato di 2.000 miliardi di dollari. Considerando che il produttore di chip per l’intelligenza artificiale Nvidia ha attualmente una valutazione di 5.000 miliardi di dollari, l’entusiasmo per gli investimenti nell’IA diventa improvvisamente piuttosto razionale.
Procedere con fiducia, investire con cautela
L’ottimismo non diminuisce la nostra consapevolezza dei rischi. Se i mercati continueranno a crescere, come prevediamo, il rischio di una correzione diventerà più acuto, soprattutto con valutazioni già elevate.
Il vecchio adagio secondo cui i mercati rialzisti non muoiono di vecchiaia è probabilmente valido oggi come lo è sempre stato. Ciò implica che deve esserci un catalizzatore affinché si verifichi una correzione sostanziale, ma al momento non si intravede. Tuttavia, prima o poi, un catalizzatore arriverà, molto probabilmente dal mercato obbligazionario. Le politiche di Trump, pur dimostrandosi efficaci nel breve termine, potrebbero causare problemi sotto forma di aumento dell’inflazione e debito federale. Allo stesso modo, l’economia britannica, già alle prese con la ricerca di vie di crescita, potrebbe essere sopraffatta dal peso della spesa pubblica finanziata dalle tasse, richiedendo alla fine un salvataggio.
Esistono molti altri potenziali catalizzatori, ognuno dei quali potrebbe accelerare un riassetto delle valutazioni di mercato verso livelli più normali. In tali circostanze, la maggior parte degli asset registrerà risultati piuttosto deludenti. Nel settore azionario, tuttavia, esiste un gruppo di società poco apprezzate, generatrici di liquidità e ben finanziate che potrebbero ottenere risultati relativamente buoni. Una maggiore esposizione a titoli selezionati nei settori sanitario, dei beni di consumo e dei servizi di pubblica utilità offrirà probabilmente un’utile diversificazione quando arriverà la correzione.




