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Quanto sprofonderà la bilancia commerciale di Italia e Germania?

Bilancia commerciale. C’è da chiedersi fino a quando l'Ue - che si regge sul contenimento dell’inflazione e sul trascinamento dei consumi del resto del mondo – può reggere in un ambiente in cui sono venuti meno questi due pilastri. L'analisi di Giuseppe Liturri

 

Luglio è stato l’ottavo mese consecutivo in cui la bilancia commerciale italiana degli scambi di merci con l’estero termina con il segno rosso.

Un contenuto disavanzo di 361 milioni che si unisce ad altri mesi in cui il saldo negativo è stato anche superiore (3,6 miliardi ad aprile e 5,1 miliardi a gennaio).

Sembrano lontani anni luce – eppure si tratta solo del 2021 – i tempi in cui l’Italia era stabilmente attestata su un saldo positivo oscillante tra 5 e 6 miliardi mensili, che portava il saldo annuale intorno a 50/60 miliardi.

Ora siamo invece – nei primi sette mesi del 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021 – a -14 miliardi contro i +37. È difficile trovare nella recente storia economica del nostro Paese, un ribaltamento così rapido e di così ampie dimensioni.

La causa è da individuarsi nel significativo aumento delle importazioni (+44%), pur a fronte di un apprezzabile aumento dell’export (+22%). In particolare è il disavanzo della bilancia commerciale dei prodotti energetici che è letteralmente esploso, trascinato dall’aumento dei prezzi unitari di gas e petrolio, pur in presenza di volumi in diminuzione. La bilancia commerciale della Germania, altro campione della crescita trainata dall’export, segue un andamento quasi speculare a quello dell’Italia, pur conservando ancora un modesto avanzo commerciale. Continua a spiccare il dato dell’Olanda che fa registrare un consistente avanzo commerciale verso i partner UE, quasi del tutto attribuibile all’export di gas.

Una conferma arriva anche dall’analisi di dettaglio di questi dati, separando saldo extra UE da saldo UE.

Quest’ultimo, nei sette mesi, resta positivo pur riducendosi da 5,5 a 1,3 miliardi. Verso i Paesi extra UE si assiste invece al crollo da +31,8 miliardi a -15 miliardi.

Allargando lo sguardo ai nostri partner della Ue ed all’intera Unione, il quadro non cambia ed anzi peggiora. Il saldo passa da +99 miliardi a -244 miliardi. Il peggioramento del saldo dei prodotti energetici contribuisce a tale repentina discesa per ben 223 miliardi. Quasi due terzi del totale.

Quando invece si passa a dettagliare questo crollo di 343 miliardi per Paese partner, spicca il peggioramento del saldo verso la Russia per 73 miliardi (da -30 a -103) e verso la Cina per 104 (da -116 a -220).

Questi numeri, nella loro aridità, tratteggiano un quadro preoccupante, non tanto per il passato, quanto per il futuro.

Sorvoliamo sul fatto che, finora, i Paesi sanzionatori stanno subendo un’emorragia di risorse finanziarie di portata epocale e che il Paese sanzionato, galleggia su un mare di denaro fornito proprio dai Paesi sanzionati.

C’è da chiedersi fino a quando la UE e l’eurozona – che si sono sempre rette sul contenimento dell’inflazione e sul trascinamento dei consumi del resto del mondo – potranno reggere in un ambiente in cui sono repentinamente venuti meno questi due pilastri.

È impossibile formulare previsioni. È invece possibile fare delle ipotesi su chi pagherà il conto, ed il reddito ed il risparmio degli italiani sono in cima alla lista.

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